Gianna Lai
Oggi è la giornata contro la violenza sulle donne. Noi partecipiamo nel ricordo di Alda Merini, che alla violenza ha risposto con la poesia.
La figura di Alda Merini si materializza nell’ampio spazio teatrale della Vetreria, e la poetessa diviene ancora persona nelle storie e nei versi narrati da Isabella Carloni, di fronte a un pubblico così preso dalle vicende dell’artista e dalla sua poesia, quasi fosse impossibile riuscire a distinguere fra loro le due esperienze. ‘I beati anni dell’innocenza’, per la regia di Antonio Lovascio, rappresentano una storia ancora stupefacente e contrassegnata da invenzione, creatività e forme poetiche tra le più alte, che man mano prendono vita nella voce dell’attrice, nell’espressività del suo corpo, nella recitazione libera e aderente alla sofferenza di chi fa poesia, sapendo ben descrivere la sofferenza di tutti gli uomini. Come fosse la prima volta che vengono a contatto con Alda Merini, gli spettatori apprendono adesso, a teatro, questa nuova espressione di vita e di arte, di quotidiano e di manifestazione letteraria, nella vitalità di un’interpretazione intensa e drammatica, continuamente attraversata dalla leggera ironia del testo, dei testi della Merini, e dalla leggerezza di una consapevole scelta esistenziale, che solo la scrittura può restituire. Specie quando si narra di ospedali psichiatrici, del corpo ferito e del pensiero offeso, attraverso il filtro e la lente poetica della distanza e del distacco. E di strani mariti fedifraghi e incomprensibili, e di figlie, e di nuovi amori, e di storie di poeti e di rinascita alla vita grazie alla poesia stessa, ora recitata sul palco, lineare e duttile raffigurazione dell’anima. Nell’azione concitata e nell’atteggiamento dubbioso e incerto, così sola l’attrice sul palco a rivivere una condizione interiore tra il consueto e l’immaginario, tra l’ordinario e l’ideale, i lettori-spettatori sanno pian piano intravedere un mondo diverso, e certo agitato da mille contrasti e incomprensioni, ma forte nell’attualità incancellabile di un messaggio di riscatto e di affrancamento dall’oppressione delle convenzioni e delle regole definite per sempre. Anche quando, in maniera del tutto provocatoria e irridente, Isabella si rivolge a uno qualunque degli spettatori, come uscendo dal teatro in mezzo a una strada qualsiasi, e gli chiede una sigaretta e dei soldi, lamentando l’indifferenza altrui ma senza darle peso, se non quello gravosissimo della denuncia di un mondo perduto, che certamente non ha ancora imparato a guardarsi intorno. E sembra essere più questo il dolore da indicare come insanabile, che non il passato individuale, mitigato dai versi e dalla comunanza di emozioni e sensazioni con tanti autori e scrittori del tempo. Che per fortuna sa mantenersi indelebile nella trasmissione diffusa di una cultura poetica sui libri, a scuola, alla radio, e a teatro, pur non potendo sapere Alda Merini di come i suoi testi e il suo ragionamento sentimentale avrebbero continuato a viaggiare, dopo la sua morte, anche nel lavoro di un regista e di un’attrice sensibilissimi, come Antonio Lovascio e Isabella Carloni.
Ed essere inseriti nella bella rassegna de ‘La rosa bianca’, promossa dal Crogiuolo in città sul tema della violenza contro le donne, in vista anche dell’iniziativa nazionale di oggi, lo sciopero delle donne contro la violenza, e la manifestazione di Piazza Garibaldi alle 18. Una mostra fotografica e una rassegna di cinema presso l’Umanitaria, hanno ampliato il respiro dell’iniziativa, ma è il teatro sopratutto, con la sua forza di rappresentazione del reale, a sollecitare una nuova attenzione da parte del pubblico, in quanto valore sociale ed espressione di autonomia e di indipendenza da ogni controllo e da ogni potere.
1 commento
1 Renato Monticolo
25 Novembre 2013 - 14:37
Opportuna ed “azzeccata” la citazione di Alda Merini in questa giornata “particolare”.Ma perché non dare voce ad Alda stessa con questa significativa poesia?
A tutte le donne
Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso
sei un granello di colpa
anche agli occhi di Dio
malgrado le tue sante guerre
per l’emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza
e rimane uno scheletro d’amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci
ancora a piangere,
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra
e innalzi il tuo canto d’amore.
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