Gianna Lai
A Carbonia rinasce la vita democratica: un momento importante nella storia del centro minerario e del Sulcis.
E’ un nucleo di pochi attivisti a fondare la prima cellula comunista, nella più stretta clandestinità, tra i minatori di Sirai, fin da subito impegnati, dopo lo sbarco alleato nell’isola, a stringere rapporti con altri gruppi di operai su tutto il territorio del Sulcis-Iglesiente. Come nei luoghi della Resistenza, la bicicletta il mezzo di comunicazione che riduce le distanze, racconta Renato Mistroni, giornate intere per spostarsi da un luogo all’altro, nei momenti liberi dal lavoro, rientro a casa solo la sera. Pur nella coscienza della provvisorietà, la condizone delle maestranze permanentemente esposte al pericolo di chiusura dei pozzi, importante richiamare ancora il turnover fra il 1938 e il 1948, che è del 67,6%, si diede lentamente forma ad un intervento politico che doveva, prima di tutto, riavviare fiducia e senso collettivo tra masse popolari, oppresse da 20 anni di fascismo e di sindacati fascisti. Deprivate di ogni diritto nei luoghi di lavoro e ancora rassegnate allo sfruttamento più intenso, convinte di non potervi opporre resistenza alcuna. Perciò, ad orientare il proletariato cittadino fu, insieme alle cellule comuniste, la promozione di un’intensa attività sindacale, non appena il governo militare alleato ebbe esteso, a tutto il territorio sotto occupazione, l’ordine di scioglimento dei sindacati fascisti e il diritto di costituire una nuova organizzazione. E’ ancora attraverso le testimonianze di Vincenzo Pirastru, Renato Mistroni, Pietro Cocco e Giuseppe Atzori, che si può ricostruire la nascita del Partito comunista d’Italia in città, insieme alla lettura dei verbali sulle prime riunioni, custoditi, negli anni settanta, presso la Federazione del Sulcis-Iglesiente di Carbonia. Racconti che saldano l’esperienza della miniera con le drammatiche vicende personali di ciascuno, fatte di persecuzione, carcere e duro lavoro. Renato Mistroni, come sorvegliato speciale in consegna all’esercito, giunge a Bacu Abis a metà del 1943, dopo aver vissuto alcuni anni ad Alghero e ad Iglesias. Condannato nel 1932 a 12 anni di reclusione, 3 anni di sorveglianza speciale e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, per aver costituito una cellula del PCI presso la Shell di Ferrara, di cui era dipendente, amnistiato nel 1939 dopo aver scontato sette anni di carcere, fu allontanato, per decisione della Questura, dalla sua città e richiamto alle armi in Sardegna, pur essendogli stati perpetuamente interdetti i pubblici uffici. Fondò cellule nell’esercito e scuole di partito ad Alghero ed Iglesias, nel cui carcere fu rinchiuso alcuni mesi, avvicinando persone che sapeva provenire dal confino ed altri operai e lavoratori antifascisti, tra cui quel Salidu, ex confinato anche lui, ‘che aveva assisitito da ragazzo all’eccidio di Bugerru’. Costituì dentro l’esercito ‘i primi nuclei di azione, dopo la battaglia di Stalingrado, quando fra le truppe diveniva sempre più consistente la sfiducia nei confronti del regime’ e, dopo il 25 luglio, da Iglesias si trasferì per undici mesi a Bacu Abis, le miniere militarizzate, presso il Pozzo Est. Insieme all’ingegner Russoni (Russo), un comunista dipendente della SMCS, col quale era già in contatto ad Iglesias, fu tra i promotori del partito e del sindacato, ancora emanzione del primo. Sarebbe stato, in seguito, il primo sindaco della città.
Vincenzo Pirastru, minatore iscritto al partito fin dal 1921, fu tra i fondatori della cellula comunista clandestina di Sirai, attiva nel dopoguerra, i cui componenti man mano si formarono tra il piccolo gruppo di oppositori che, periodicamente, venivano convocati dal commissario di pubblica sicurezza, in quanto ‘politici tra i più pericolosi’. Fu il primo segretario della sezione del Partito comunista d’Italia a Carbonia.
Pietro Cocco, dal 1932 minatore nel pozzo est a Bacu Abis, già allora iscritto al PCI, subì il confino e due arresti, durante il fascismo, per aver svolto propaganda sovversiva. Nel 1943, di nuovo a Bacu Abis, Pozzo est, con Renato Mistroni, sarebbe stato a lungo sindaco della città, a partire dagli anni cinquanta.
Questi alcuni dei componenti il primo nucleo di miltanti che, tra Sirai e Bacu Abis, fondò a Carbonia il Partito comunista d’Italia, stringendo presto rapporti con altri gruppi di attivisti, impegnati a costruire l’organizzazione nei vari centri del territorio dove, a fianco ai pastori e ai contadini vivevano, a centinaia, i minatori dipendenti della Carbosarda. Ed è grazie a questo primo nucleo di comunisti, cui si aggiunsero presto Suella, Pisu, Contorni, Giganti, Montagni, Russo e Brau, che nell’ottobre del 1943 si aprì a Carbonia la sezione del PCI.
Dal basso Sulcis, Giba, Santadi, Teulada, fino alle miniere dell’Iglesiente, Monteponi, Montevecchio, Nebida, Masua, Flumini e Guspini, i comizi dei dirigenti di Carbonia raggiungevano migliaia di lavoratori e contadini e braccianti, molti dei quali ‘impararono a costruire l’organizzazione’, dice Mistroni, proprio frequentando la scuola di partito della sezione Lenin di Carbonia. Spesso grandi le distanze da percorrere, per raggiungere paesi non collegati alla ferrovia e accessibili solo attraverso i sentieri di campagna, abituati tuttavia, i dirigenti di quel movimento in fieri, a poter contare sull’ospitalità dei lavoratori del luogo, almeno fino a quando non fu ripristinato il regolare funzionamento dei treni locali. L’apertura nel breve periodo di nuove sedi del Pci avrebbe determinato, anche tra le popolazioni delle campagne, storicamente vissute sempre ai margini, una nuova consapevolezza, all’origine, negli anni successivi, del movimento contadino impegnato nella lotta per l’occupazione delle terre (Sotgiu), che diede nuovo slancio alla crescita dei partiti in Sardegna. Riunioni e incontri promossi inizialmente da piccoli gruppi di iscritti o simpatizzanti, direttamente nelle case private o in locali e spazi improvvisati, per aprire poco dopo vere e proprie sezioni, prime fra tutte quelle di Gonnesa, Nebida, Masua, Bacu Abis e Cortoghiana. In seguito, anche nei centri più piccoli, si sviluppò un’attività politica autonoma, mantenendosi sempre forti i legami con la città, sede della Federazione del Partito comunista e della Camera del lavoro, e le possibilità di verifica di programmi e iniziative col suo gruppo dirigente, a testimonianza della vitalità di un’esperienza maturata in gran parte a Carbonia, via via allargatasi poi all’intero territorio..
Un’attesa politica molto forte, ‘avevamo la sensazione che in Italia potessero cambiare molte cose, c’era un grande afflato di carattere internazionalistico, forte la fede nell’Unione Sovietica, a cui la massa dei lavoratori nel paese guardava con speranza, e che ci rendeva importanti anche agli occhi delle maestranze in miniera. Per noi comunisti, impegnati a Carbonia, la consapevolezza, inoltre, di quanto fosse necessario difendere i posti di lavoro e approfondire, allo stesso tempo, il discorso sul contributo della miniera per dare un volto nuovo all’intera Sardegna’.
In città, proselitismo e tesseramento i doveri fondamentali di ogni iscritto, onde costruire e dare forma fin da subito a quell’idea di partito nuovo, che allarga la partecipazione politica a un numero sempre più ampio di militanti. L’iscrizione è gratuita, secondo un meccanismo statutario ben definito, direttamente controllata dal Comitato direttivo di sezione il quale, attraverso le relazioni dei compagni già iscritti, vaglia la figura del ‘candidato’, in particolare, secondo la sua posizione rispetto al passato, rispetto al facismo. L’assemblea ne decide quindi l’ammissione, per i primi sei mesi senza diritto di voto, in attesa di una crescita da maturare nell’impegno quotidiano ‘a fianco dei lavoratori’. Cosi si legge nel verbale della riunione del 12 dicembre 1943, ‘vi sono state molte adesioni di simpatizzanti, essi sono stati ammessi al partito come candidati e non hanno quindi diritto al voto per sei mesi’. Ma partecipano attivamente, invece, alle assemblee generali e alla vita di sezione, mentre è compito del Comitato direttivo promuoverne il coinvolgimento, specie in quelle attività di partito rivolte a gestire le lotte sociali in miniera e in città. Nella più scrupolosa e continua vigilanza generale su tutti gli iscritti, tale che, fu espulso un nuovo iscritto, accusato da un vecchio militante di averlo denunciato al PNF per le sue attività antifasciste, secondo il verbale del 17 nov 1943. E poi avvio continuo di sottoscrizioni e raccolte di soldi per la pubblicazione di opuscoli locali. E poi diffusione dei documenti e della stampa di partito in città e in miniera, sulla guerra e sulla politica internazionale, a rafforzare il legame ideale con gli altri partiti comunisti, che ritornava spesso nelle assemblee pubbliche. Fin dalla ‘commemorazione del 26^ anniversario della Rivoluzione russa e dei compagni caduti’, cui fu dedicata la stessa assemblea del 17 novembre 1943. Soffermandosi il segretario Pirastru, in quella occasione, a descrivere la potenza militare e politica dell’Unione Sovietica e la sua vittoria sul nazifascismo, determinante per le sorti dell’intera Europa.
Tra i verbali di questo periodo la testimonianza dei lavori preparatori al 1^Congresso comunista della Sardegna, tenutosi ad Iglesias, e della partecipazione degli iscritti a quel dibattito sui temi dell’organizzazione interna, del programma di lavoro e della linea politica, che avrebbe aperto nuovi orizzonti anche tra i comunisti di Carbonia.
2 commenti
1 Aladinpensiero Online
31 Maggio 2020 - 08:25
Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=108571
2 admin
31 Maggio 2020 - 15:07
Andrea
Da ragazzo a Carbonia sentivo parlare di Mistroni in termini quasi mitici. Un combattente instancabile contro il fascismo, un organizzatore di operai e di nuclei comunisti nei paesi del Sulcis, che raggiungeva in bicicletta.
Pensavo ad un uomo grande e grosso, di grande vigoria fisica. Poi lo conobbi negli anni ‘80 al Comitato federale del Pci di Cagliari, lui abitava a Quartu. Con mia meraviglia ho incontrato un uomo mite, gentile, una persona che mi ha affascinato per i suoi modi e la saldezza dei principi. Un uomo da onorare per la sua modestia e la sua storia. A persone come Mistroni dobbiamo la nostra democrazia.
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