Al Manamanà “Alberi erranti e naufraghi” di Capitta

29 Maggio 2013
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Gianna Lai 

 Oggi alle 18,30 al Manamanà in Piazzetta Savoia. ad iniziativa dell’Ass. di lettori Miele Amaro. Goffredo Fofi presenta il romanzo di Alberto Capitta, Alberi erranti e naufraghi. Il maestrale, 2013. Ecco sul libro una recensione di Gianna Lai.

         

Il cortile e la campagna, microcosmo di un’esistenza serena e sempre ricca di nuove conoscenze. Giuliano e Piero non potrebbero fare incontri migliori e più interessanti, al riparo come sono dalle incomprensioni che suscita la loro diversità. Il loro vivere estremo, stravagante in quella metafisica identificazione col mondo degli amatissimi animali che, per contro, guarda criticamente alle convenzioni sociali e ai modelli di vita disumani e standardizzati. ‘In fondo erano animali feriti anche loro e quelle loro ferite non andavano mostrate a nessuno’. Al punto che nemmeno il calore del padre può sanarle, né la scoperta del mare, né il bagno invernale rigeneratore. Niente può proteggere dall’abbandono, lontana la città che Giuliano percorre a vent’anni, accolto dai mendicanti emarginati come lui, se non l’amico Emilio, amante dello studio e della musica. Ma ahimè, così oppresso dal fratello e dal padre che vogliono ‘coinvolgerlo negli affari di famiglia’, ricchezze da amministrare, ruoli sociali da rispettare rigidamente. Tra cui il divieto categorico di frequentare quei balordi di Giuliano e di suo padre. In questo grave contrasto il succo della storia, il senso stesso dell’esistenza che oppone la creatività dei semplici, di chi guarda ancora alla vita con lo stupore iniziale, al disprezzo dei superbi, convinti che tutto sia già definito e predeterminato nell’ordine di cose e uomini. Conflitto e dissidio inconciliabile, così nasce la storia di Giuliano e Piero Arca, di Maddalena e Edoardo Branca, di Emilio e Michelangelo e Sebastiano Nonne, in ‘Alberi erranti e naufraghi’, l’ultimo romanzo di  Alberto Capitta, edito da Il Maestrale.                 
Si annuncia in quell’atmosfera sospesa di nebbia l’impietoso dramma, e nell’ansia della pioggia battente, e nel congelamento di ogni emozione, provocato dalla neve. Presagi  di mutamenti improvvisi  dell’esistenza, dopo la cruenta carneficina degli amati animali nel cortile, che farà della ricerca disperata del padre la nuova ragione di vita. In quella temibile oscurità, l’enfasi di una natura che annuncia le difficoltà del cammino, e la paura del nuovo, di una solitudine che non puoi dividere con nessuno. Se hai paura fermati: la sediuccia di Piero Arca è l’unica compagna della ricerca,  per il  riposo della mente e del cuore, per avere il tempo di aprirsi ai sentimenti nuovi di una trasformazione, che sembra preludere alla maturità. E saper intendere la  stranezza degli imprevisti, e degli  eventi inaspettati, straordinari, incredibili. Perché andando  ritrova se stesso Giuliano, e conoscenza, e comprensione del reale, anche  attraverso le più diverse e, all’apparenza astruse, rappresentazioni metafisiche del mondo.  Nell’atmosfera onirica di un luogo indefinito, il sogno si materializza attraverso una partecipazione emotiva ancora fortemente  segnata  da tristissimi abbandoni. E  in mezzo ai segreti e agli incanti del mondo dell’infanzia, nel bosco accogliente e vitale, come l’acqua del fiume che purifica. Specie se a interpretare la natura sono i Bambini, orfani e indifesi come lui, riproducendone  suoni e rumori in danze chiassose e giochi teatrali, o in liti sanguinose.  O nella costruzione del presepio di animali pastori e piante, che Giuliano attraversa, babbo lui stesso, a rappresentare vita e morte, realtà e mondo irreale. Fino a quando la distruzione della sedia, fatta a pezzi dai Bambini in una rissa colossale, consuma le ultime attese e i ripensamenti volti a interrompere la ricerca e il viaggio della vita. ’Adesso ogni cosa è davvero al proprio posto, non vi è più nulla da toccare’, il caos è  vinto, sconfitto.  Come se, solo partecipando al cambiamento, tu possa ragionare e recuperare nel presente il passato non risolto. In quel luogo, il ‘più bello di ogni altro al mondo’E in una natura irreale, simbolicamente  espressione di  intime sofferenze, si salva, alla vista degli ‘aranci che partono’, anche la bellezza di Maddalena. Alla vista degli  alberi che si  incamminano’, così come glieli indicava Nero da bambina, ‘bardata di bracciali e collane di scorze’.  Straniamento e inquietudine di una vita che si trascina via,  interamente sradicata da terra  e che, per essere interpretata, ha bisogno di trasfigurare la realtà. Ed è il dolore mai sopito per la morte di Lidia, che ancora ‘vola giù come ogni giorno’, e che resta viva nella casa di Edoardo e di Maddalena, come personaggio partecipe, insieme al dubbio, dei ripensamenti della ragazza e della sua crescita. Anche se neppure il vero incontro fra un uomo e una donna può mettere fine alla continua ricerca di un nuovo approdo, dell’andare raminghi e ancora naufraghi, in fuga da regole e consuetudini che uccidono la libertà. I paragrafi si alternano  a rappresentare il reale e l’invenzione,  l’esperienza concreta e gli stati illusori, nella suggestione del ricordo che svela il presente,  tra i pensieri che si materializzano e che danno una svolta al racconto. E nella salda unità del romanzo, il linguaggio ricco di immagini, prestate poeticamente alla rappresentazione  dell’ordinario e del fantastico, ci restituisce sempre il senso del quotidiano, del contingente. Per tradurre i simboli offerti dal mondo reale e gli stati d’animo, e i caratteri e le condizioni psicologiche dei personaggi. Mentre testimoni dei sentimenti restano sempre  le cose, la treccia di Maddalena, i bagliori di guerra in TV, una macchia scura sull’abito da sposa, per cambiare l’ordine del mondo, per consentire alla storia di aprirsi a nuovi scenari.   

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