In piazza fra i metalmeccanici Fiom con Landini

26 Novembre 2014
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Gianna Lai 

Il tamburo di una vera batteria annuncia l’ingresso in piazza del Carmine di Maurizio Landini, il leader della Fiom-Cgil che  apre la manifestazione dei metalmeccanici sardi, tra le note di De Andrè e dei Modena City Ramblers. Fiom Sardegna Sciopero generale dei metalmeccanici Lavoro legalità uguaglianza democrazia www.fiom.cgil.it. E a tenere lo striscione insieme al Segretario generale, Maddalena, Elena, Margherita, Franca, Domenica, Orly, Daniela, Carla, Lella, Paola, Franca e ancora Paola. C’è una forte mobilitazione operaia, una partecipazione ampia di tutta l’isola, che si esprime nelle bandiere rosse e negli striscioni di Cagliari e dell’Ogliastra, del Sulcis-Iglesiente e di Sassari e di Ottana,  mettendo in luce lotte e vertenze sempre aperte, dalla Keller di Villacidro all’Ex Ila, dai lavoratori in utilizzo di Terralba all’Alcoa di Portovesme. E poi ci sono gli striscioni del Crs4, e degli studenti e dei pensionati, tutto il centro cittadino  invaso dalla manifestazione per il lavoro, fino a Piazza Garibaldi, dove il corteo si ferma accolto dal Gazebo della Cgil contro la violenza sulle donne, e dove vengono distribuiti i  fiocchetti rossi del 25 novembre.
Negli interventi finali che lasciano ampio spazio alle varie categorie, le ragioni dello sciopero per il lavoro e contro le politiche del governo Renzi, che vorrebbe cancellarlo, cancellarne i diritti. E se Mariano Carboni, Segretario regionale Fiom, intavola un discorso diretto col presidente del Consiglio, per sviluppare le proposte del Sindacato e denunciare gli ingiusti provvedimenti, che non risolvono il problema delle 20mila persone in cassa integrazione e di quel 50% di giovani disoccupati in Sardegna, il Segretario regionale della Cgil Michele Carrus parte direttamente dagli assassinii contro le  donne, uno ogni due giorni, per denunciare il vero esplicito significato  della diseguaglianza. E rivendica l’appartenenza alla cultura di sinistra come vero impegno per la costruzione di una civiltà superiore, che ponga fine a questa strage. Il paese si rimette in moto col lavoro, dice Michele Carrus, che è fondamento di civiltà e ci rende liberi. Nè ci può essere crescita economica soggiogata alla finanza, dove proprio alligna l’immoralità politica di questo governo. Salari e diritti negati per derubare il futuro dei nostri figli e impunità per i disonesti. Batte le mani all’industria che se ne va in America Renzi, e accoglie come un principe chi vive in mezzo alla ricchezza, al sicuro nei paradisi fiscali del mondo, come potrebbe avere  il consenso delle persone oneste? E  tassa i risparmi il governo, e taglia i servizi, invocando la crisi. Ma le risorse si trovano  nella lotta all’evasione e alla corruzione, che ammonta a oltre 240 miliardi l’anno, non nell’abolizione dell’articolo 18. In realtà il governo vuole eliminare la contrattazione collettiva  e delegittimare il sindacato, dice Carrus, ‘ritorno al medioevo, per una  modernità da servitù della gleba’. Invece esiste un Piano del lavoro Cgil che vuole rilanciare  l’occupazione, attraverso interventi pubblici e privati, investendo sulle professionalità e estendendo i diritti a chi non li ha. Perchè esiste in tutto il mondo una norma come l’articolo 18 che consente ai lavoratori di contrattare le regole del lavoro. E c’è un Piano del lavoro anche per la Giunta regionale, tutta chiusa in un circuito autoreferenziale, che dovrebbe con noi condividere progetti sul sistema produttivo, contro la distruzione dei nostri presidi industriali.  Alcoa vuol dire 900 lavoratori in meno, Euroallumina meno 700, ex Ila meno 200. E contro un patto di stabilità che anche in Sardegna impedisce di utilizzare i soldi stanziati per i territori devastati dalle alluvioni.     
 Maurizio Landini, il più atteso, spiega come si è preferito articolare lo sciopero in più giornate, per dar forza a tutte le realtà e permettere a tutto il paese di esprimersi a fianco dei metalmeccanici. Milano, Napoli, Sardegna, registriamo il consenso crescente, la volontà di cambiare,  a partire dal 25 ottobre a Roma, dice Landini, in vista dello sciopero del 12 dicembre, che raccoglie sempre nuove adesioni. Diciamo al Paese che  per cambiare bisogna estendere i diritti a tutti, sennò il lavoro è schiavismo. L’Italia ha i livelli salariali più bassi in Europa, occupa gli ultimi posti per ricerca e innovazione, i primi per corruzione, tanto che  settori importanti di produzione industriale appartengono direttamente alla malavita, attraverso il sistema degli appalti e dei subappalti, che ne consente poi anche la vendita pezzo per pezzo. Cosa c’entra  tutto questo con l’articolo 18? E intanto se non si modificano i vincoli della Banca Centrale Europea, se non si rimettono in discussione gli interessi del debito pubblico, non ci sarà ripresa. E intanto il sistema industriale rischia di saltare nei prossimi mesi,  in un paese col 50% dei disoccupati e i giovani in fuga, mentre calano i consumi e i livelli industriali. E intanto gli stranieri non investono in Italia per mancanza di infrastrutture e per l’alto livello di corruzione. A dare l’esempio devono essere le aziende pubbliche, in primo luogo un intervento pubblico nella siderurgia, che deve tornare  nelle mani dello Stato. Ma l’Eni investe fuori d’Italia, e Finmeccanica e Fincantieri non hanno un progetto industriale, ecco le ragioni vere del tracollo.   
 Con responsabilità la Fiom vuole difendere le fabbriche e si arriverà ad occuparle se saranno ancora in pericolo, dice Landini, perchè ci rifiutiamo, come Sindacato, di accompagnare la chiusura delle fabbriche e la fine del sistema industriale.  L’emblema delle lotte è nei 205 giorni dell’Alcoa, un presidio che coinvolge l’intero paese, e che  questa nostra mobilitazione vuole rendere visibile, perchè la visione dei problemi della Sardegna deve essere nazionale.  E vuole difendere lo Statuto dei lavoratori la Fiom, che va esteso a tutti, perchè il dimensionamento, la dequalificazione delle persone è mobbing. E le 46 forme di lavoro esistenti si devono ridurre a 5, impedendo le forme selvagge dell’organizzazione aziendale in appalti e subappalti, dove l’azienda madre è del tutto deresponsabilizzata rispetto ai lavoratori degli appalti. Cosa c’entra tutto questo con l’articolo 18, se a resistere sono proprio le imprese che fanno la contrattazione e non hanno paura del Sindacato? 
 Avviandosi alla conclusione Landini rivendica al Sindacato la forza della rappresentanza, contro un governo che non ha dalla sua la maggioranza dei lavoratori, essendo espressione il presidente del Consiglio di manovre parlamentari, in un   parlamento delegittimato dalla Corte costituzionale. Come il recente voto in Emilia e in Calabria dimostra, attraverso il grave fenomeno dell’astensionismo, il vero campanello d’allarme per la democrazia è la mancanza di partecipazione. E la crisi della rappresentanza tocca anche il Sindacato e le imprese, una volta venuti meno i luoghi del dibattito e della partecipazione. Un esempio finale sul sindacato tedesco che, insieme a imprese, governo e partiti, discute come si possono vendere nei prossimi anni un milione di macchine elettriche. Ma la Germania ha deciso di non  licenziare e di non chiudere le fabbriche: ‘ecco le ragioni che ci spingono a proseguire anche dopo lo sciopero del 12, e  che  anche Renzi dovrebbe seriamente valutare, per non rischiare  di andare a sbattere insieme ai responsabili di questo disastro’.
 

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