Riace sceglie il partito di Salvini e mette fuori dal consiglio comunale Mimmo Lucano

29 Maggio 2019
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A.P.

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Ho sempre avuto la netta sensazione che la c.d. sinistra e noi tutti di area democratica stiamo perdendo contatto con la realtà. Non la capiamo, non la sappiamo leggere correttamente. Ora molti errori di analisi mi sono chiari e chiare sono le conseguenze. Per esempio dire che il M5S è di destra, per giustificare il pregiudiziale diniego perfino di dialogo o confronto. Un errore grave da cui derivano gran arte dei nostri attuali disastri. E’ questa divisione che ha aperto il varco in cui la Lega si è abilmente insinuata.
Non abbiamo capito che Salvini pone problemi reali, anche se non ne condividiamo le soluzioni. O ancora non vediamo che, mentre Salvini parla di problemi reali, il PD insegue solo equilibrismi interni, attorciglia trame comprensibili solo agli addetti ai lavori, ma poco interessanti per la gente comune. Anche con Salvini abbiamo usato il metodo sperimentato coi pentastellati. Etichetta di “fascista” e quindi negazione perfino delle questioni da lui poste, prima fra tutte quella dell’immigrazione, da noi ricondotta esclusivamente sul piano dei buoni sentimenti e non della risposta politica.
Ora le elezioni mi sbattono in faccia l’esito di Riace, il comune di Mimmo Lucano. Nel luogo simbolo dell’accoglienza, da tutti noi ritenuto impenetrabile dal leghismo, vince Salvini. Mimmo non viene eletto neanche in Consiglio comunale. Tutto questo succede poco giorni dopo l’entrata trionfale dell’ex sindaco alla Sapienza di Roma, accompagnato da un corteo delle forze antifasciste della città di Roma e del quartiere di San Lorenzo. «Siamo tutti Mimmo Lucano» è il coro intonato forte per dargli il benvenuto, e lui, emozionato, ha parlato davanti a una folla trepidante. Le minacce e le intimidazioni dei fascisti di Forza Nuova, che nei giorni precedenti avevano promesso di impedire la lezione dell’ex sindaco di Riace, hanno prodotto l’effetto opposto a quello desiderato.
Con questi precedenti e la campagna nazionale di sostegno, mi aspettavo un trionfo elettorale del simbolo italiano (e mondiale) dell’accoglienza. E invece? Invece, non ha semplicemente perso, lo dico con dolore, è stato cacciato dal Comune, non da giudici insensibili e ottusi, ma dai suoi cittadini. A Riace è accaduto per mano degli elettori ciò che i fascisti non sono riusciti a fare con la forza alla Sapienza.
Confesso che non riesco a capire. Dare una spiegazione è difficile e doloroso, ma c’è solo una spiegazione l’accoglienza senza se e senza ma ha rotto, sembra ai più una risposta insensata. Non voglio credere che si tratti di razzismo, ma certo s’insinua l’idea che i migranti creino problemi, assorbano molte risorse, che sarebbe meglio destinare a risolvere altri problemi. Non è il “prima gli italiani“, ma poco ci manca. Sale la convinzione che l’attenzione debba essere diretta prima di tutto ai nostri problemi, che sono gravi, con l’esodo che riprende dai nostri territori verso i paesi oltralpe.
Non so dare risposte, forse bisogna tenere duro e proseguire col modello Lucano, forse occorre entrare nel merito dei problemi e cercare di risolverli, combinando la solidarietà con altri ingredienti. Per esempio, è innegabile, per quanto gonfiata, la paura dell’eccesso di immigrati. E’ fastidiosa anche per i più aperti la presenza di neri ad ogni angolo di bar. Appare ingiustificata la numerosa presenza nei parcheggi. E’ facile comprendere il disagio nei quartieri o nei condomini dove sono in larga maggioranza o nelle periferie degradate. Non sembra razionale e tranquillizzante lasciare alle ONG una questione che dev’essere affrontata dai governi e dagli Stati. Di più, è vero che in mare i confini sono labili e quando si devono salvare vite umane, non c’è alternativa, ma l’idea che si tratti di un confine fuori controllo ingenera invertezza, preoccupazione.
Certo i grandi ideali del socialismo, senza frontiere e senza differenze (”la mia patria è il mondo intero“, “proletari di tutto il mondo unitevi!“) indicano una prospettiva di rispetto e d’inclusione. Ma questa non può essere l’abbandono in strutture fatiscenti o, peggio, per strada. Deve essere reale. Ma questo pone anche, dolorosamente ma realisticamente, una questione di sostenibilità. Il che rimanda al quantum e ai costi dell’accoglienza. E pone anche la questione delle necessità degli strati deboli della nostra popolazione.Lo slogan “prima gli italiani” attecchisce perché ci sono tanti connazionali abbisognevoli di sostegno. Eppure una misura come il reddito di cittadinanza è stata avversata anche da parte democratica. E la critica non ha investito questo o quell’aspetto dell’attuazione, ma la misura in sé.
Certo, se non facciamo un salto nella visione generale del mondo e rimaniamo impigliati nell’idea di concorrenza fra uomini, regioni, stati, il colore della pelle ridiventa un fatto dirimente. Su questo dobbiamo ammettere che anche noi democratici siamo scesi sempre più in basso cosicché i nostri principi sono diventati tanto evanescenti da scomparire. Siamo diventati quasi tutti liberisti, succubi della legge dei costi e benefici. Tuttavia, senza una consapevolezza alta, nella mediocrità del gelido calcolo dare/avere, Salvini vince e Lucano viene esiliato non dai giudici ma dai suoi stessi concittadini.
Nel breve periodo non vedo vie d’uscita, non vedo neanche motivi per abbandonare le nostre idealità. Anzi, ci sono molte buone ragioni per rilanciarle, partendo dalla Costituzione che le contiene e le proclama. Credo però che dobbiamo sforzarci di calibrarne meglio le declinazioni concrete. E dobbiano reimparare a fare i conti coni bisogni concreti, senza lasciare che a occuparsene siano gli altri. Ad esempio, Salvini.

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