Per la Consulta un premio non si nega a nessuno, neanche ai mafiosi e ai terroristi non pentiti!

25 Ottobre 2019
3 Commenti


A.P.

 

Immagini per capire chi era Vito Corleone

 

 

Dai, non dite che non siete d’accordo cone me! L’Italia è il paese di bengodi. Anche i mafiosi all’ergastolo potranno accedere ai permessi premio! E ure i terroristi. Fin qui nulla quaestio, no problem, nessuna obiezione. Ma c’è un però. Il premio possono averlo anche se non collaborano con la giustizia. Non manca tuttavia qualche condizione: che sia provato che abbiano reciso i loro legami con la criminalità organizzata. Non basta: deve essere dimostrata la loro partecipazione al percorso rieducativo. La loro pericolosità non sarà più presunta dalla legge, ma andrà verificata, caso per caso, dai magistrati di sorveglianza, come avviene per tutti gli altri detenuti. E qui vi pongo una domanda, ma rispondete sinceramente fra voi e voi: i detenuti mafiosi sono come gli altri, ad esempio come il povero diavolo che ha rubato per fame o simili? Dato che ci sono ve ne faccio anche un’altra: i mafiosi - secondo voi - sanno mentire, simulare e dissimulare? Son capaci a mostrarsi contritti e isolati senza esserlo? E ancora, con uomini di questo tipo, adusi a ogni nefandezza materiale e morale, non è la collaborazione l’unica prova certa della rottura col sistema mafioso? Ed infine, ma non per importanza, non vi pare che le cronache s’incarichino di mostrare quanto spesso la valutazione dei giudici sulle misure premiali siano errate, dati gli esiti talora tragici di esse?
Dunque, dopo la Corte europea dei diritti dell’Uomo, anche la Corte costituzionale dà una spallata all’ergastolo “ostativo”, quello vero, che impedisce la concessione di benefici a mafiosi - ma anche ai terroristi e ai responsabili di altri gravi reati - se non fanno i nomi dei loro sodali, introdotto all’indomani della strage di Capaci, non so se - come si pensa comunemente - per indurre boss e gregari a collaborare con lo Stato, oppure per mostrare nell’unico modo certo il loro ravvedimento e il distacco irreversibile da Cosa nostra.
Una pronuncia. quella della Consulta, di grande impatto, perché non riguarda solo i 1.250 condannati all’ergastolo ostativo, ma anche chi sta scontando pene minori per mafia, terrorismo, violenza sessuale aggravata, corruzione e in generale i reati contro la pubblica amministrazione.  Le conseguenze della sentenza sono imprevedibili e su di esse sono al lavoro gli uffici del ministero della Giustizia.
Per l’associazione ‘Nessuno tocchi Caino’ la decisione della Corte Costituzionale “apre una breccia nel muro di cinta del fine pena mai“. Sulla stessa linea il presidente dell’Unione camere penali, Caiazza: “la sentenza è una spallata all’ergastolo ostativo, una decisione che cancella un principio orrendo, quello del carcere senza nessuna speranza. E non intacca in nessun modo la nostra sicurezza, il diritto dei cittadini ad essere protetti dalla criminalità pericolosa“. Bisognerebbe tuttavia tener conto che il fine pena mai vale comunque per le vittime dirette degli ammazzamenti e per i familiari e gli amici. E se non c’è un ravvedimento visibile che si manifesta nel modo pià aperto e palese, è difficile il perdono. E’ difficile accettare gesti di civiltà dallo Stato verso chi ha fatto tanto male e non mostra un serio ripensamento. E qui c’è un vuoto di considerazione verso la condizione di cittadini onesti.
Maggior buon senso mostra Sebastiano Ardita, a lungo magistrato antimafia: “c’è il rischio che la regola vada a beneficio di personaggi capaci di riorganizzare Cosa nostra”. E poi, una previsione facile, facile: “dovremo aspettarci una prevedibile pressione delle organizzazioni mafiose sulla Magistratura di sorveglianza“. Il magistrato che decide è solo di fronte ad un’organizzazione segreta, spietata e potente. Anche questi aspetti vanno considerati. La Carta tutela anche le persone per bene. Il bilanciamento delle posizioni dei criminali e delle vittime andrebbe messo a punto meglio. Le vittime (e i cittadini onesti) non chiedono solitamente vendette, sono disposte a considerare il ravvedimento serio e profondo. Si sentono colpite due volte, però, da atti di clemenza ingiustificati. E poi, poche chiacchiere, l’ergastolo senza se e senza ma è ciò che i mafiosi temono davvero.
C’è spazio per un intervento del legislatore che riempia, con ragionevolezza ed equilibrio, le criticità presenti nella disciplina risultante dalla manipolazione operata della Corte Costituzionale.

3 commenti

  • 1 Tonino Dessì
    25 Ottobre 2019 - 07:23

    Caro Andrea, stavolta mi trovo assai più in sintonia con la differente valutazione scritta dall’anziano Emanuele Macaluso sul suo profilo FB, che ti segnalo: https://www.facebook.com/1511161832491496/posts/2410602892547381?sfns=mo.

    “DUE SENTENZE SCATENANO IL GIUSTIZIALISMO ANTICOSTITUZIONALE

    La Corte europea dei diritti umani (Strasburgo) nei giorni scorsi aveva, con una sua sentenza, stabilito che il “carcere ostativo”, cioè l’ergastolo senza la possibilità di ottenere permessi e una fine, se c’è buona condotta o ravvedimento, è una pena “inumana e degradante”. In quell’occasione si levarono proteste di alcuni magistrati, uomini politici e giornalisti, come i soliti Di Matteo e Travaglio. Ieri la Corte Costituzionale del nostro Paese, presieduta da un grande magistrato, Giorgio Lattanzi, ha depositato una sentenza che considera incostituzionale l’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario nella parte in cui “non prevede la concessione di permessi premio in assenza di collaborazione con la giustizia, anche se sono stati acquisiti elementi tali da escludere sia l’attualità della partecipazione all’associazione criminale, sia il ripristino dei collegamenti con la criminalità organizzata e che abbia dato piena prova di partecipare al percorso educativo”.
    Letta questa notizia, ieri sera si è scatenata una scomposta bagarre, animata da qualche magistrato, con sempre in vista il solito Di Matteo, il quale ha attaccato la Corte anche se ora lui fa parte di un organo costituzionale come il Consiglio superiore della Magistratura. E con lui molti esponenti politici, tra cui il Salvini che, da ignorante qual è, ha detto che sta facendo studiare dai suoi studiosi un ricorso contro questa sentenza. Il poveretto non sa che non esiste alcuna possibilità ricorrere nei confronti della Corte. I grillini gridano allo scandalo e, con loro, anche Il Giornale di Berlusconi garantista solo per se stesso e i suoi soci. Al coro si è unito anche Zingaretti che ha definito “stravagante” la sentenza. A me stravagante sembra la sua dichiarazione.
    E’ chiaro, come la luce del sole, che con le due sentenze nessun mafioso e nessun terrorista detenuti tornano in libertà. E spetterà sempre al magistrato, e solo al magistrato, giudicare caso per caso e non spetterà né ai familiari, né agli avvocati né a Cosa Nostra. Si vede che alcuni magistrati non hanno fiducia nei loro colleghi chiamati a giudicare se le rigorose condizioni previste dalla sentenza previste dalla Corte, per ottenere permessi, sono state adempiute.
    Sia chiaro: l’ergastolo non è stato abolito. E’ stata prevista l’attuazione di principi costituzionali negati nello scontare la pena. Tutto qui. Ma il giustizialismo anticostituzionale, purtroppo, fa parte della cultura di una rilevante parte del mondo politico italiano e anche di tanti cittadini. Queste sentenze, dunque, hanno un compito educativo per tutti”.
    (Emanuele Macaluso, 24 ottobre 2019)

    Risposta

    Caro Tonino,

    la rieducazione è il fine cui deve tendere la pena secondo la nostra Costituzione. E dunque, se questo è il fine, l’ergastolo di per sé sembra contraddire il fine educativo. Il che è vero se il detenuto è disponibile alla rieducazione, lavora seriamente e il risultato viene raggiunto. Ma se non è così? Quindi non c’è da parte mia alcun giustizialismo anticostituzionale. C’è un invito al legislatore di disciplinare bene il caso, sviluppando le condizioni già poste dalla Consulta. Ci sono varie esigenze da tutelare: i giudici di sorveglianza che non possono essere lasciati soli e disarmati, la società che non può permettersi di rimettere in circolazione mafiosi in servizio permanente; le vittime che non possono essere poste di fronte a premi, non giustificati da effettivi ravvedimenti. In definitiva, anch’io concordo con Macaluso, anche quando dice che bisogna fidarsi dei giudici. Anche qui però senza chiudere gli occhi su atti giudiziali sconsiderati e fatti conseguenti che gridano vendetta. Insomma, la materia è complessa e tutti i punti vanno vagliati con serietà. Io, per via di mio fratello Antonio, ucciso dalla mafia e medaglia d’oro per questo, ho vissuto queste vicende anche dal versante interno, familiare, e so che c’è disponibilità perfino al perdono, ma che non si può dimenticare e che sono inaccettabili disinvolture da chicchessia.
    Credo che la questione meriti riflessione senza opposti estremismi.
    Andrea

  • 2 Aladinpensiero
    25 Ottobre 2019 - 08:26

    Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=101291

  • 3 Tonino Dessì
    25 Ottobre 2019 - 15:33

    Non penso di aver manifestato un atteggiamento estremista. Di Macaluso sul punto nemmeno si può dubitare. Siciliano, certamente non proclive verso la mafia, nemmeno sospettabile di eccessi garantisti. Non disposto tuttavia, come non lo sono io, a far dettare la linea in materia da Travaglio. La sentenza non inaugura alcun Paese del bengodi: questo per correttezza di informazione va detto. Altrimenti la gente non capisce più nulla.

    Risposta

    Caro Tonino,

    non mi sono mai neppure sognato di annoverarti fra gli estremisti. Le tue osservazioni sono sempre ponderate e lontane anni luce dall’irragionevolezza. Fra li estremisti ricomprendo leghisti & C. insieme a coloro che pensano che li Stato democratico sia uno ordinamento disarmato e debole.
    C’è un tema che in Italia va posto ed è quello dello Stato democratico di diritto, che non tollera rigorismi fine a se stessi, ma neanche un democraticismo scialbo, che nasconde la paura o la subordinazione verso i forti. La mafia è un nemico potente e mortrale della democrazia e dello spirito costituzionale. Ho sempre pensato che occorra fermezza, come la usammo contro i terroristi. Questi oggi mi preoccupano meno, perché li abbiamo battuti con un ampio movimernto di massa, che, non a caso, è cresciuto impetuosamente dopo l’assassinio di Guido Rossa, operaio e sindacalista comunista. Ti confesso, tuttavia, il mio grande fastidio quando fior di assassini vengono invitati a tenere lezioni o conferenze in Università e in dibattiti pubblici. Credo che il ravvedimento e il doveroso rispetto per le vittime innocenti e i loro cari contemplino anche la sobrietà nell’esposizione pubblica. Il percorso di chi si rieduca non può che passare attraverso il dolore per i male fatto. E’ questo che ci induce al perdono e alla comprensione. Fra Cristoforo, per espiare i suoi misfatti giovanili, si fece frate e divenne strenuo e fermo difensore degli umili. Non basta comportarsi bene dietro le sbarre. Ci vuole anche dell’altro e tanti lo fanno. Non tutti, ovviamente. Le cronache nostrane quasi giornalmente s’incaricano di mostrarci premialità insensate, con esiti spesso tragici. La vendetta perde giustificazione quando lo Stato è giusto. Se si mostra imbelle saltano i fondamentali della convivenza civile e democratica e del rispetto reciproco. Bene, dunque, la sentenza della Corte che riafferma un grande principio di civiltà enucleato nella Costituzzione, ma il legislatore non deve lasciare vuoti. E noi dobbiamo essere fermi e rigorosi (non rigoristi).
    A.P.

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