Ingroia ovvero il paradosso della sinistra “estrema” con la Costituzione in mano

15 Febbraio 2013
2 Commenti


Andrea Pubusa

Ci si chiede spesso come mai la sinistra “rivoluzionaria” sia diventata costituzionalista, mentre - com’è noto - i rivoluzionari sono, per definizione, tali se si propongono di rovesciare l’ordinamento con una atto di forza, un atto contro la costituzione vigente, per instaurare, in via di fatto non per via legale, un ordine nuovo.  E sono diventati tanto legalitari gli “estremisti” della sinistra italiana, da candidare come premier nientemeno un PM, Antonio Ingroia, e ne hanno in lista un altro anche se ex, Di Pietro. Non solo: l’ispiratore di Rivoluzione civile è l’attuale sindaco di Napoli, anch’egli ex PM. De Magistris.
Si dirà che la risposta al rompicapo è complessa. Ed è vero. Si può soggiungere che è tema per storici e sociologi. Ed anche questo è vero. Ma avete sentito giornali radio di questi giorni? Avete letto i titoli di testa? Già in secondo piano le storiche dimissioni di Benedetto, i titoloni si occupano di malaffare: Tangenti, condannato a 4 anni ex ministro Pdl Fitto per corruzione e illecito finanziamento dei partiti; Fondazione Maugeri: chiuse le indagini per Formigoni e altri 17 per associazione a delinquere e molti altri reati; condannati dalla Quarta Sezione della Corte d’Appello di Milano per il sequestro di Abu Omar del 17 febbraio del 2003, l’ex numero del Sismi, Nicolò Pollari, a dieci anni di reclusione, l’ex numero due Mancini a nove anni e altri tre ‘007′ (Raffaele Di Troia, Luciano Gregorio e Giuseppe Ciorra) a sei anni; Finmeccanica: tangenti elicotteri India, arrestato Orsi per corruzione internazionale. Rizzoli in carcere per bancarotta fraudolenta e giù giù fino al Sindaco di Quartu e Cellino. Non è possibile poi fare l’elenco degli altri procedimenti penali, basti Monte dei Paschi. Arrestato ieri Baldassare, il capo della banda del 5%, e Proto, truffatore degli imprenditori in cerca di liquidità per le proprie aziende.
Certo occorrono analisi di storici e di sociologi, ma dire, all’ingrosso, che siamo in presenza della più grande rapina ai danni dei cittadini che sia mai stata consumata nella storia dell’Occidente, dall’Ancienne Régime ad oggi, è eccessivo? E’ avventato sostenere che ormai la malavita organizzata non è un contropotere, ma è il potere stesso in tanta sua parte, che la mafia, nelle sue svariate forme, non è l’antiStato, ma lo Stato stesso in tanta sua parte?
Conosco l’obiezione. Per fare piazza pulita non ci vogliono i PM, occorre la politica, bisogna fare come fa Lenin nella celeberrima vignetta in cui con una grande scopa dà una ripulita al globo, mandando gambe all’aria affaristi di ogni genere, finanzieri, militari, cardinali. Ma oggi quali sono le forze che usano la scopa? Ahinoi! chi più chi meno tutti o quasi si tengono lontani da quell’elemetare strumento di igiene, se pensate che anche Massimo  Zedda, di SEL, faccia  nuova della politica non solo locale, non si è fatto mancare una iscrizione nel registro degli indagati per la nomina forzata di una sua pupilla a capo del Teatro lirico cagliaritano a 120.000 euro all’anno. Insomma, ciò che emerge è che la politica non solo non usa la scopa, ma è intrecciata e parte della più grande rapina di ricchezza e di diritti dell’era moderna. Emerge un ambiente economico e politico in cui l’agire malavitoso è diventato modalità ordinaria, condivisa o tellerata. La cultura mafiosa è ormai senso comune in certi ambienti, non eccezione perseguita, combattuta e condannata. Ed è difficile disfarsi dei campioni del malaffare o dei loro fiancheggiatori o anche solo tolleranti osservatori nelle istituzioni. Avete sentito le istruzioni di voto alla radio e alla TV? Avvertono: non si possono dare preferenze. Raccomandano: non scrivete nella scheda elettorale il nome di un candidato prescelto. pena l’annullamento del voto. Il mondo del malaffare o della malapolitica o della politica di chi vede e abbozza, si ripropone e non puoi scegliere neppure col voto: prendere o lasciare. E così devi astenerti o tenerti gli affaristi grandi e piccoli o chi si accontenta di aver fatto un salto personale, di aver mutato status con le prebende parlamentari e mai e poi mai è disposto a rischiare di perderle mettendosi di traverso contro le pratiche di rapina, grandi o piccole. E per noi della sinistra? Prendere quei molluschi disossati, spesso avvezzi alla trama più che alla lotta, messi in testa di lista o lasciare. Ecco, qui sta la ragione profonda dello schieramento in Rivoluzione civile dei magistrati di punta nel combattimento del malaffare. Di Pietro, simbolo di “Mani pulite”, De Magistris e Ingroia uomini di punta della lotta alla malavita organizzata. E non è un caso che si tratti anche delle personalità che hanno svolto e svolgono l’opposizione più netta ai governi che del latrocinio, non solo di ricchezza, ma anche di diritti, hanno fatto il loro asse  centrale, da Berlusconi a Monti. Uomini, questi PM, a cui tutto si può imputare, ma non certo di non avere attributi e attitudine al combattimento in difesa della legalità e dei diritti.
Ecco sta qui la spiegazione del paradosso di una sinistra “estrema” con la Costituzionae in mano. Il paradosso di tacciare di estremismo e sovversivismo personaggi che hanno scelto il mestiere di difensori della legalità e della Costituzione. Il paradosso tutto italiano di annoverare fra le ali estreme non coalizzabili chi, come Ingroia, si presenta negli incontri elettorali sventolanndo il più mite dei libretti: la Costituzione italiana. Il più mite, ma oggi anche il più sovversivo. Chi non ha il paraocchi deve ammettere che la Carta è sotto attacco non solo sotto il profilo formale, ma è già largamente tradita sul piano materiale nella quotidianità e nella ordinaria vita istituzionale. Non solo i poteri forti e la destra  belursconiana sono anticostizuonali, sono tali o quantomeno a-costituzionali anche Monti e una buona fetta del centrosinistra, che hanno favorito o solo assecondato la deriva costituzionale attuale, che priva gran parte della popolazione dei diritti. Il risultato: grandi ricchezze, da un lato, estensione delle povertà, dall’altro. Ecco perché il ritorno alla Costituzione fondata sul lavoro è atto rivoluzionario. A ben vedere, l’estremismo di Ingroia sta tutto qui: sventola la Costituzione, l’arma più micidiale contro le disuguaglianze, le prebende e le ingiustizie. E qui sta anche il grande fastidio che dà all’establishment politico non solo di destra. E’ un’alternativa per chi, a sinistra, non è disposto a prendere, ma non vuole lasciare. Da questo punto di vista, una lista utile, non vi pare?

2 commenti

  • 1 Arrubiu
    15 Febbraio 2013 - 10:32

    Andrè tutto buono e tutto giusto quel che dici,
    ma per colpa del “porcellum”,
    se voto l’ottimo Ingroia capolista dappertutto
    alla fine mando in parlamento il n. 2 in lista,
    l’amico dei fanghi rossi, il pessimo Pirotto.
    Un signore che, con fare squadrista, ha offeso e minacciato un consigliere provinciale del Sulcis, Angelo Cremone, in pieno consiglio provinciale proprio a cagione delle sue battaglie in difesa dell’ambiente.
    Non possiamo essere contemporaneamente con la popolazione di Taranto minacciata dalla fabbrica di cancro chiamata ILVA ed a Portovesme con quelli che si turano tutto pur di difendere le fabbriche di tumori chiamate Euroallumina, Alcoa e Portovesme s.r.l. Nessuno che parli di bonifiche!
    Ci mancherebbe perché le bonifiche, che darebbero lavoro vero per almeno 20 anni, dovrebbero pagarle
    i proprietari delle fabbriche di morte.
    Meglio urlare e chiedere altri soldi a mamma Regione come con la LEGGE REGIONALE 1° FEBBRAIO 2013, N. 2 che prevede l’ennesimo regalo sotto-forma di prestito partecipativo -soldi nostri- agli oligarchi della RUSAL gli stessi che avrebbero dovuto rispondere a suo tempo alla telefonata di Berlusconi all’amico Putin.
    Ma no, meglio continuare con l’industria assistita, energivora ed inquinante che alla fine non pagherà alcun dazio.
    Ti sembra che difendendo i santi caschetti si possa andare da qualche parte?

    Risposta della Redazione

    Caro Arrubiu,
    se ti firmassi sarebbe meglio, anche perché fai degli appunti alle condotte di Pirotto e a uno scontro con Cremone, di cui è sempre bene assumersi la responsabilità. Comunque, tu poni un problema serio, che travalica Pirotto, e cioé chiedi: nelle vicende in cui produzione industriale e tutela dell’ambiente confliggono, da quale parte dobbiamo stare? Tu propendi decisamente per l’ambiente e sembri dissentire da chi, come i caschetti, difendono l’industria. Ma, sai, i caschetti traggono sostentamento per sé e per le loro famiglie dal lavoro in fabbrica, per cui, umanamente, è difficile che si battano per chiuderle, senza un’alternativa di lavoro concreta ed attuale. A me sembra che si debbano trovare contemperamenti adeguati. Da questo punto di vista sia Pirotto che Manca, quando li ho sentiti di persona, hanno fatto dei discorsi molto ragionevoli sul tema. Fra l’altro, mi ha colpito la rivendicazione a loro, caschetti come tu li chiami, con un po’ di puzza cittadina sotto il naso, di una particolare difesa dell’ambiente, anzitutto perché i primi a patire dell’insalubrità sono proprio loro che in fabbrica lavorano. Comunque, il tema è delicato e complesso e va ben al di là di una opzione di voto. E’ giusto parlarne.

  • 2 Arrubiu
    18 Febbraio 2013 - 13:34

    Caro Andrea,
    non sono un fighetto cittadino, tutt’altro, confermo tutto quello che ho detto, compreso l’indegno regalo da parte della Regione, dei nostri pochi soldi, alla RUSAL degli oligarchi russi, per far finta di riaprire una fabbrica di tumori, piuttosto che farle pagare il giusto dazio delle bonifiche ambientali.
    Per quanto riguarda l’aggressione ai danni di Angelo Cremone ti mando un articolo della “Nuova Sardegna” che la cita, a dimostrazione che chi tocca i santi fanghi rossi rischia grosso.
    Sto quindi senza esitazioni dalla parte di Angelo Cremone, -lui si si che ha le palle- come a Taranto starei con i familiari dei bambini malati di tumore a causa dell’ILVA, un’altra fabbrica di morte, blandita dai politicanti di ogni colore, per ultimo il ministro tecnico delle Ferriere, pardon dell’Ambiente l’ineffabile Clini.
    http://ricerca.gelocal.it/lanuovasardegna/archivio/lanuovasardegna/2010/11/14/SI1SD_SI103.html
    ********
    Contestato Angelo Cremone: «La prossima volta i carabinieri in consiglio»
    14 novembre 2010 — pagina 08 sezione: Cagliari
    IGLESIAS. Contestazione in consiglio provinciale per Angelo Cremone, presidente della commissione industria. Alcuni operai non hanno gradito evidentemente alcune interviste rilasciate da Cremone sul sul bacino dei fanghi rossi. «Sono stato insultato e offeso con parole pesantissime mentre parlavo come consigliere provinciale - ha detto Angelo Cremone - ed ho ricevuto anche minacce. Questo modo di agire di qualche lavoratore non può essere taciuto e invierò al prefetto di Cagliari una denuncia. Anche alcuni sindacalisti mi hanno offeso e non sono stato tutelato dal presidente del consiglio che doveva far allontanare i prepotenti. Alcuni lavoratori credono che con le bugie di alcuni politici si possano risolvere i loro problemi, trascurando la verità, e preferiscono mettere la testa sotto terra per non vedere e ricordare che il bacino dei fanghi rossi è sotto sequestro». Cremone ha chiesto al prefetto che nelle prossime riunioni di consiglio provinciale siano presenti i carabinieri: « Perché possa svolgere serenamente e democraticamente il mio mandato». (ea)

    Risposta della Redazione

    Caro Arrubiu,
    anzitutto, se firmassi i tuoi interventi, mostreresti di assumerti la responsabilità di quanto scrivi e saresti più credibile. D’altronde, non c’è nulla di male nell’essere dalla parte di Cremone. E’ un’opinione rispettabile, così come è comprensibile che gli operai difendano il proprio posto di lavoro. Si tratta di punti di vista diversi che nascono da una condizione materiale e lavorativa differente. Anche se - ripeto - il ragionamento che ho sentito io da Pirotto e Manca contemplava anche una seria difesa dell’ambiente.
    Poi, bada bene, non ti ho detto che sei “un fighetto cittadino”. Se non ti firmi, non posso mai sapere chi tu sia. So solo che l’espressione “caschetti”, che usi per indicare i lavoratori di fabbrica è fortemente offensiva (quasi razzista) e, per tante ragioni che non è qui il caso di trattare, non può trovarmi d’accordo. Su questo - data la mia formazione marxiana - non transigo, mentre su tutto le altre cose, compresa la posizione dei sindacati o degli stessi operai, si può discutere.

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