Stefano Rodotà

24 Giugno 2017
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Andrea Pubusa

 

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E’ morto Stefano Rodotà,  uno dei pochi veri maestri del diritto in Italia di rilievo planetario. Ha insegnato in molte università europee, negli Stati Uniti, in America Latina, Canada, Australia e India. I suoi contributi maggiori sono soprattutto nel campo del diritto costituzionale, con riferimento al rapporto tra i diritti costituzionali fondamentali e quelli relativi alle tecnologie dell’informazione.
Lo avevo conosciuto nella stagione dei Comitati in difesa della Costituzione ispirati da Dossetti. Erano i tempi dei primi nefasti annunci di attacco alla Carta e Dossetti dal suo eremo, rompendo un silenzio di molti anni, aveva chiamato a raccolta i giuristi democratici. Insieme a tanti altri aderii immediatamente e così partecipai a varie riunioni nazionali del Comitato presieduto appunto da Rodotà. Ma lo conoscevo già dai suoi scritti memorabili sulla proprietà e su Politica del diritto, rivista fortemente innovativa ai tempi della mia prima formazione giuridica.
Poi  lo intercettai nell’attività politica intorno al PDUP nella rivista Pace e Guerra, da lui, deputato della Sinistra indipendente, diretta insieme a Luciana Castellina.
Rodotà è sempre stato un riferimento fermo e saldo della sinistra, senza cedimenti o tentennamenti, sempre garbato, dialogante, pronto alla spiegazione. Non è parola di circostanza affermare che in lui la Costituzione, i valori democratici, i diritti dei più deboli hanno avuto un presidio colto, appassionato e generoso.
La sua ultima battaglia è stata quella in difesa della Carta contro lo scasso di Renzi dopo che già avevamo combattuto assieme contro l’attacco di Berlusconi e Bossi.
Era uno dei “professoroni” temuti da Renzi e dalla Boschi, un padre della patria, sempre riservato e gentile. Senza di lui sarà certamente più difficile difendere e ampliare la democrazia italiana. E’ una grave perdita. Ma il suo insegnamento e la sua determinazione ci saranno di stimolo.

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