Weimar e il sistema<br />proporzionaleIl dibattito apparentemente sopito sulla legge elettorale di Camera e Senato sembra aver comportato l’accettazione, quantomeno, del principio proporzionale, quale metodo oggi ritenuto più adeguato per formare la rappresentanza parlamentare delle forze politiche.
Il sistema proporzionale, peraltro, non ha mai trovato applicazione allo stato puro, ma ha subito sempre varie correzioni, secondo i diversi metodi prescelti, tesi a garantire la rappresentanza a liste di almeno apprezzabile seguito elettorale (divisione numerica progressiva delle cifre elettorali nei diversi collegi secondo il metodo D’Hondt, applicato per il Senato fino al 1993 e fino al 2005, per la quota proporzionale prevista dal Mattarellum; aumento del denominatore del quoziente elettorale, secondo il metodo del Quoziente Imperiali, applicato alla Camera fino al 1993; introduzione di clausole di sbarramento che le liste devono raggiungere per essere ammesse alla distribuzione dei seggi, come in Germania (5 per cento dei voti validi) e in Spagna (3 tre per cento).
In attesa che il principio prenda concreta forma, dato che non si è ritenuto di andare alle urne con i sistemi vigenti e risultante, per la Camera dei deputati, dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale parziale dell’Italicum da parte della Corte costituzionale, si è da più parti paventato il rischio che il sistema proporzionale provochi l’ingovernabilità permanente. In proposito, è stata rievocata l’esperienza della Repubblica di Weimar, forma di governo semipresidenziale con sistema elettorale proporzionale, adottato in Germania nel 1919 alla fine della Grande Guerra e sulle ceneri del quale si affermò, nel 1933, il regime nazista. Ne ha accennato Gustavo Zagrebelsky nell’intervista, pubblicata su “La Stampa” e “Il Secolo XIX” di giovedì scorso e, più diffusamente, Francesco Perfetti sull’inserto domenicale del Quotidiano Nazionale della settimana scorsa.
La Repubblica di Weimar, fondata su una costituzione democratica per molti aspetti antesignana della nostra, si caratterizzò per un’instabilità cronica dei suoi governi di coalizione, tanto che, dal 1920 al 1933, vi furono ben otto ricorsi alle urne. Nonostante i luoghi comuni, da un esame più approfondito, emerge che il richiamo a quella esperienza, per additare il rischio di un sistema elettorale proporzionale, è tuttavia ingiustificato per due motivi.