Putin nel trappolone dell’occidente? Fra i due litiganti il terzo gode, la Cina?

26 Febbraio 2022
2 Commenti


Andrea Pubusa

I casi spesso trovano spiegazione nelle lunghe ombre della storia. Nella partita Occidente/Russia queste proiezioni antiche sono evidenti e dichiarate. Putin, nel suo monologo televisivo, lo ha detto espressamente. L’Ucraina non è storicamente, culturalmente e politicamente un’entità distinta dalla Russia. Può essere indipendente, ma non ostile, non  può far parte di un fronte opposto. Dal canto suo, l’Occidente ha sempre visto nella Russia un gigante dai piedi di argilla, da abbattere e soggiogare. Napoleone, Hitler, ma prima ancora Carlo di Svezia ed altri. Tutti hanno pensato di conquistare l’oggetto del desiderio, goffo e arretrato. Ma non ci sono riusciti. Anzi L’URSS di Stalin ha consentito all’Occidente di battere Hitler, così come anche Napoleone cadde dopo la disfatta nella Campagna di Russia.
Ora l’Occidente ritenta l’azzardo e lo fa utilizzando l’Ucraina come esca. Le posizioni sono chiare: Putin non vuole missili sotto casa, come non li gradì Kennedy a Cuba. Ma mentre Krusciov, ragionevolente, fece marcia indietro e stemperò la crisi, gli occidentali, aggressivamente, non mollano. Questioni di principio, signori! Ogni Stato si sceglie gli alleati. Quindi anche l’Ucraina può aderire alla Nato e ricevere missili e truppe in chiave antirussa. E dire che a Gorbaciov fu promesso di lasciare un cuscinetto fra la Russia e la Nato. E Krusciov prospettava una nuova Europa pacificata, senza blocchi, con la Russia dentro. Verba volant e la mano tesa del leader della perestroika viene respinta!  La Nato e l’Occidente premono e tramano. Alla fine mettono un governo a Kiev filoccidentale, e ciò che è peggio inseriscono in Costituzione l’impegno dell’Ucraina ad aderire alla Nato. In sostanza, una provocazione!
Anche negli ultimi intensi incontri diplomatici Putin ha ribadito la posizione. Tutto torna alla calma se la prospettiva Nato viene accantonata, e l’Ucraina mantiene non solo l’indipendenza, ma anche la neutralità. Una posizione tutto sommato ragionevole, non aggressiva. La rottura è dunque di parte occidentale: i russi lamentano d’essere stati messi in una condizione di necessità.
Cosa muove l’Occidente? Un’antica convinzione che la Russia abbia potuto resistere agli attacchi in passato, ma non possa farlo oggi. Napoleone pensava che le sue vittorie lampo fossero decisive e non lo impantanassero come fu per gli svedesi. Non funzionò con la grande Russia. Hitler pensava che “il generale inverno” sarebbe stato battuto dai panzer iperveloci e dalla micidiale aviazione di Hermann Goring, e sappiamo com’è andata a finire. E oggi? Oggi si pensa che la globalizzazione e il web consentano una vittoria sul piano economico-finanziario. Come è stata battuta l’URSS, ora si tratta di finire l’opera, stringendo il cappio sul collo della Russia, disintegrandola, con le sanzioni.
Che dire allora? Che l’Occidente usa l’Ucraina come esca (del popolo ucraino ne frega niente a nessuno) per tendere una trappola mortale a Putin. L’obiettivo? Ridurre alla sua mercé l’Orso russo, non riconoscendogli la dignità nazionale in una alleanza, come invece offrì Gorbaciov a Reagan, e ancor prima Roosevelt a Stalin. La politica capitalistica e della Nato è sempre quella della guerra fredda (vincere alla lunga senza condizioni), ma lo fa con strumenti nuovi non sanguinari, tuttavia non meno devastanti per i popoli. Putin invece ha risposto coi metodi sbagliati del passato, non capendo che oggi la guerra, alla lunga, non si vince coi carri armati, ma con armi sofisticate e invisibili, quelle che l’occidente sta usando con grande mobilitazione: sanzioni di tutti i tipi! In questa follia collettiva, non si tiene conto che oggi c’è un terzo convitato, che ha un aspetto sempre mite e sorridente, che non alza la voce e non minaccia, che usa in modo abilissimo e garbato l’arma del convincimento e della convenienza economica: la Cina. Alla fine forse l’Occidente crede di aver attratto in trappola la Russia, ma non considera che la Cina sta lavorando a mettere nel sacco entrambi. Vedremo. Ora, bisogna sventare questi disegni, alzando forte la voce pacifista, a difesa dei popoli, vittime predestinate di queste infernali strategie imperialiste. Per l’Ucraina ci vuole indipendenza e neutralita’. E questo richiede un serio e leale impegno delle parti, non solo della Russia. La Svizzera vive cosi’ da molti secoli, e se la passa benone. Non vi pare?

2 commenti

  • 1 Aladinpensiero
    26 Febbraio 2022 - 10:02

    Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=131237

  • 2 Tonino Dessì
    26 Febbraio 2022 - 11:07

    Caro Andrea, bonariamente, sono costernato da questo tuo articolo.
    Non solo perché si basa su una ricostruzione dei fatti sbagliata. Non era in corso nessuna “trappola” occidentale con l’Ucraina come esca. Che nessuno volesse accogliere l’aspirazione dell’Ucraina a far parte della NATO era noto da tempo, ma è stato ribadito a chiare lettere nei giorni e nelle ore che hanno preceduto l’invasione. L’invasione non punta affatto a rendere neutrale l’Ucraina. Punta alla sua resa e per far luogo a un regime filorusso, dopo averla amputata di ampie parti del suo territorio compreso lo sbocco al mare. Perciò da domani la Russia sarà direttamente confinante con la Polonia, con l’Ungheria, con la Romania. Paesi che saranno ben consolidati nella loro convinzione di aver preveggentemente fatto bene ad aderire alla NATO a suo tempo, diffidando per motivi storici di un potente vicino che storicamente ha sempre insidiato la loro indipendenza e la loro sovranità. Oggi difendere Putin ricordando che l’Occidente non ha mantenuto gli impegni presi con Gorbaciov a non estendere la NATO a est non ha molto senso. Gorbaciov fu fatto fuori proprio da uomini come Eltsin e poi Putin. Perciò non è più stato Gorbaciov l’interlocutore nè il garante.
    Ma infine, il risultato più immediato è che una NATO in crisi politica e militare dopo la batosta afghana oggi si ritrova più compatta che mai e più ancora costretta al vincolo statunitense.
    Ora, vedi, tutto questo potrebbe far parte di una discussione politica disinteressata, nella quale le distinzioni di analisi e di valutazione in fondo non hanno particolari conseguenze. Del resto non decidiamo noi, sul teatro degli eventi.
    Però non è così, quando si tratta della guerra. Non si possono disinvoltamente scrivere certe cose mentre un Paese abbastanza vicino (del quale ospitiamo migliaia di lavoratrici e di lavoratori) viene invaso, bombardato, massacrato, con la popolazione delle sue città che si rintana in metropolitane e rifugi sotterranei. C’è un obbligo morale, secondo me, di condannare senza sofismi l’aggressore e di essere solidali con gli aggrediti. Se non c’è questo si perde di umanità. È la conseguenza della guerra, lo è stata di ogni guerra.
    E ti confesso che dopo la lettura del tuo articolo mi sto chiedendo se per me non sia più opportuno e conveniente smettere di scrivere del tutto, qui o altrove. Non voglio che fra gli effetti di questa guerra ci sia anche quello anticipato di produrre anche lacerazioni profonde nelle relazioni più vicine e personali. Ne abbiamo avuto tutti un assaggio in pandemia, ma stavolta il rischio è assai più grave.

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