L’eolico sardo davanti alla Corte Costituzionale

14 Giugno 2010
1 Commento


Benedetto Ballero - Univ. Cagliari

Le deliberazioni adottate dalla Giunta regionale lo scorso mese di marzo, in materia di impianti eolici, sono frutto di una totale violazione dei principi e delle regole che anche la Sardegna deve rispettare nel contesto costituzionale italiano ed in quello europeo.
Una parte rilevante di esse, infatti, avendo natura sostanzialmente regolamentare, sono illegittime perché in Sardegna, in mancanza ancora del nuovo Statuto Speciale, il potere regolamentare (art. 27 dello Statuto vigente) è attribuito al Consiglio regionale, e non alla Giunta.
Nel merito, poi, i provvedimenti in esame dettano prescrizioni totalmente contrarie alla normativa costituzionale ed europea, oltre che alla legislazione statale vigente, la sola applicabile, dato che non esistono leggi regionali sui temi trattati dalla Giunta Regionale. Anche una ipotetica legge regionale, tuttavia, non potrebbe mai avere i contenuti che sono stati dati agli atti deliberativi della Giunta.
Quest’ultima, infatti, ha affermato, tra l’altro, che sarebbe “urgente e necessario stabilire un limite alla realizzazione da parte di soggetti privati di impianti di captazione di energia eolica, in quanto fortemente impattanti sotto l’aspetto paesaggistico-ambientale, destinando gli stessi al solo fabbisogno dell’azienda e/o dell’intrapresa industriale (autoproduzione e autoconsumo).” E che, pertanto, in futuro saranno “procedibili” solo “le istanze per le quali sia stata conclusa positivamente la valutazione di impatto ambientale antecedentemente all’adozione della presente deliberazione, nel rispetto comunque di tutte le norme vigenti in materia”.
Tutto ciò contrasta nettamente, però, con quanto affermato dalla Corte Costituzionale, con la sentenza del 24 marzo 2010, la numero 124, nei confronti di una legge della Regione Calabria, secondo la quale le Regioni non possono porre limiti alla produzione di energia da fonti rinnovabili sul territorio regionale perché ciò integrerebbe “una disciplina che opera in modo diametralmente opposto rispetto alle norme internazionali (Protocollo di Kyoto) e comunitarie (art. 3 direttiva n. 2001/77/CE) le quali, nell’incentivare lo sviluppo delle suddette fonti di energia, individuano soglie minime di produzione che ogni Stato si impegna a raggiungere entro un determinato periodo di tempo”.
Secondo la Corte infatti la direttiva europea, che è stata attuata con “il decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 che non è derogabile in quanto il legislatore comunitario, nel porre a carico degli Stati membri l’obiettivo di promuovere il maggior utilizzo delle fonti di energia rinnovabili, ha a tal uopo indicato i termini entro i quali essi devono raggiungere determinati risultati,” non consente neppure che vi sia alcuna riserva in favore della Regione, come invece ha deciso la Sardegna, la quale, individuati gli “obiettivi strategici che la Regione intende perseguire in materia di energia” ha stabilito che “la scelta conseguente è quella di riservare alla Regione la partecipazione al processo produttivo di tale energia”, e che ciò verrà attuato attraverso l’Agenzia di cui si è prevista l’istituzione.
Sul punto, infatti, nei confronti della legge della Calabria che aveva riservato alla Regione il 20% dei futuri interventi, la sentenza della Corte Costituzionale ha affermato che “Il legislatore regionale con la disposizione in esame ha posto una disciplina che contrasta con il principio di cui all’art. 41 della Costituzione, in quanto sottrae il 20% della potenza di energia autorizzabile al libero mercato e, nel destinarlo a determinate finalità, individua i possibili legittimati ad ottenere la suddetta quota sulla base di requisiti del tutto atecnici”.
Non solo, la Corte Costituzionale ha anche affermato, sempre in senso contrario a quanto disposto dalla Regione Sardegna, da un lato che “discriminare le imprese sulla base di un elemento di localizzazione territoriale” è illegittimo, e, dall’altro, che “La legge statale vieta tassativamente l’imposizione di corrispettivo (le cosiddette misure di compensazione patrimoniale) quale condizione per il rilascio dei suddetti titoli abilitativi, tenuto conto che la costruzione e l’esercizio di impianti per l’energia eolica sono libere attività d’impresa soggette alla sola autorizzazione amministrativa della Regione, secondo l’art. 12, comma 6, del d.lgs. n. 387 del 2003”.
La Regione Sardegna, quindi, ancora una volta, come spesso in passato sotto l’era Soru, viene smentita nelle sue scelte dalla Corte Costituzionale, la quale si pone, anche questa volta, come corretta interprete della Costituzione e della normativa europea che l’Italia deve rispettare.

1 commento

  • 1 Antonello Gregorini
    14 Giugno 2010 - 18:10

    E’ da mesi che vado affermando e scrivendo tesi analoghe, pur non supportato dalle conoscenze giuridiche del Professore Ballero.
    Mi domando: il contezioso nascente chi lo pagherà ma ancor più chi pagherà per i posti di lavoro persi nella green economy

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