I professori cambiano sede troppo spesso

13 Agosto 2008
3 Commenti


Angelo Aquilino

Un recente studio di Bankitalia sulla scuola italiana evidenzia alcune cose che meriterebbero una maggiore diffusione tra il pubblico, quelli che,come me, hanno passato almeno tre decenni nel mestiere di docente, sanno perfettamente che , nelle scuole italiane più di un quinto dei docenti cambia scuola da un anno all’altro e in media un insegnante di ruolo su sei è in attesa di spostarsi dalla scuola in cui insegna: un turnover che danneggia soprattutto gli studenti, che in Italia non godono nè di una necessaria continuità didattica, nè della passione dei docenti per il proprio lavoro, visto che denotano “scarso attaccamento alla scuola in cui operano”.
Tuttavia, desidero chiarire non esiste presso i docenti lo sport di massa di farsi trasferire in altra sede anzi è vero il contrario. Sono molto numerosi i casi, in cui la sede di servizio del docente si trova assai lontano dalla sua abitazione ed è quindi logico che il docente cerchi di farsi avvicinare a casa.
Il grosso dei trasferimenti avviene per volontà dell’autorità scolastica e non per il capriccio del docente. Esiste in ogni scuola di ordine e grado una paurosa minaccia sospesa sul capo di docenti, personale di segreteria e bidelli che si chiama graduatoria interna di istituto.
Questa viene compilata ogni anno sulla scorta di alcuni parametri in possesso di ognuno. Ad esempio:
· l’anzianità di servizio un quella scuola;
· l’anzianità di servizio complessiva;
· Figli o familiari bisognosi di cure;
· Figli con età inferiore a tre anni.
In oltre trent’anni di servizio non ho mai visto parametri che si riferiscono a competenza professionale nell’uso di attrezzature o di laboratori della scuola. Verso la fine di ogni anno scolastico il preside (adesso si chiama dirigente scolastico), viene in possesso,tramite il provveditorato (adesso si chiama C.S.A., dell’organico della scuola. Ad esempio una scuola ha in organico 10 posti di lettere. I primi 10 docenti graduatoria interna di lettere rimangono in quella scuola, gli altri vengono trasferiti altrove. A rischio di risultare noioso chiarisco che l’organico viene compilato sulla scorta del numero di classi presenti nella scuola . Per questioni di risparmio (negli ultimi anni è successo a tutto spiano e con tutti i governi di ogni colore) che venga deciso di aumentare il numero di alunni per classe e quindi diminuisce il numero di classi della scuola e,di conseguenza, l’organico di ogni materia. Può anche capitare che un alunno cambi idea e si iscrive in un’altra scuola. Per via del parametro fisso (tanti alunni per classe) due o più classi classi vengano accorpate (ad esempio da due terze se ne forma una sola). L’organico di molte materie ed anche di bidelli e di impiegati cala . ed un certo numero di docenti viene buttato via in altra sede, anche lontana, quale che siano i suoi meriti di servizio, la sua competenza o la sua professionalità. Lo studio di Bankitalia dice il vero solo che le colpe sono molto più in alto della testa dei docenti.

3 commenti

  • 1 Cristian Ribichesu
    13 Agosto 2008 - 10:13

    Come mai all’aumento delle province in Sardegna non è corrisposta una nuova divisione delle graduatorie provinciali per l’insegnamento? Voglio dire otto graduatorie provinciali. Non occorre fare otto uffici scolastici provinciali per redigere otto graduatorie provinciali per l’insegnamento. Forse in questo modo si potrebbero riequilibrare alcune situazioni lavorative, ridistribuire i posti nello spazio regionale, e gli insegnanti che lavorano nella provincia scelta potrebbero avere sedi “viaggiabili”, più vicine alla propria residenza, all’interno di un territorio più piccolo. Invece adesso uno residente ad Alghero potrebbe dover viaggiare tutti i giorni per poi andare a lavorare ad Arzachena. Forse un altro problema è quello dello spopolamento delle zone interne. Se non si rivitalizzano le zone interne ( anche mantenendo aperte le scuole con pochi alunni) è logico che tutti tendono a spostarsi verso i pochi “grandi” centri urbani dell’Isola, e allora forse non ci saranno più problemi di trasferimenti perchè gli insegnanti si troveranno nelle poche città e le sedi scolastiche nelle stesse, ma vogliamo arrivare a questo? E vogliamo parlare del fatto che non puoi scaricare dalla denuncia dei redditi il costo del carburante per recarti sul luogo di lavoro, ad esempio da Sassari a Olbia? E che non percepisci alcuna indennità, anche di rischio, per tale spostamento? Su una strada che, sebbene debbano ingrandirla, per il momento elargisce morte, e con collegamenti ferroviari impossibili (che devono tornare indietro davanti alle larve della processionaria, per le ruote del treno che scivolano sulle rotaie!) E questo non potrebbe incidere sulla richiesta di trasferimento per una sede più vicina alla residenza? Quest’anno dovrebbero interrompere le abilitazioni ssiss per l’insegnamento nelle scuole secondarie, tranne per gli studenti che devono terminare il corso iniziato l’anno passato, ora il tutto sta nel creare un ricambio generazionale d’insegnanti attraverso tutti i precari abilitati che hanno diritto all’insegnamento, o per concorso o attraverso la ssiss. Ma sapete che per alcune classi di concorso, cioè per alcune materie, su cento insegnanti che vanno in pensione si ha un ricambio del 16% e contemporaneamente la popolazione scolastica giovanile in Italia sta aumentando? Ma poi perchè non abbassare anche solo di due anni l’età pensionabile, invertendo quel processo che ora vede persone di sessanta anni, spesso stanche, che con i propri contributi pagano le disoccupazioni dei giovani, facendo lavorare i giovani che invece contribuirebbero alle erogazioni delle pensioni. E intanto la media degli alunni per classe sale, anche sino a trenta. Nel frattempo Giovanni Floris ha scritto un nuovo libro, tutto sulla Scuola, “La fabbrica degli ignoranti”, che uscirà il dieci settembre.
    Saluti

  • 2 Cristian Ribichesu
    16 Agosto 2008 - 11:52

    Colgo l’occasione data dall’articolo sulla Scuola, e dalla disponibilità del sito, per ridire la mia. Il 13/08 ho letto che il ministro Tremonti ha affermato che bisogna smetterla di “fare classi” in previsione delle assunzioni degli insegnanti. Oggi leggo che anche il Ministro e leader della Lega, Umberto Bossi, attacca la Scuola odierna ribadendo che questa non può essere al servizio degli insegnanti, ma delle famiglie, e insiste sulla diminuzione del numero dei docenti, in particolar modo alle elementari con l’introduzione del maestro unico.
    Evidentemente a volte si parla per partito preso e non si controllano le documentazioni, perché, leggendo il Libro Bianco, del 2008, della Scuola, documento di studio del Ministero della pubblica Istruzione e dell’Economia, si potrebbe riscontrare che la Scuola italiana va male, si, ma non da tutte le parti. Per la precisione, infatti, proprio le scuole elementari raggiungono ottimi risultati, solo con alcune lacune nella matematica, ma con competitivi livelli in merito alla comprensione e all’analisi linguistica dei testi da parte degli alunni del primo ciclo dell’Istruzione. E l’Onorevole Umberto Bossi chiede il cambiamento della scuola elementare? Be’, poi, nonostante credo che in tutta Italia, da quando è stata introdotta l’autonomia scolastica, si possano essere verificati casi in cui alcune scuole abbiano fatto richieste di docenti in maniera sovvranumeraria (certo sbagliando, ma mi chiedo il perché?), prima dico che il caso non fa la regola e poi, però, la vedo diversamente. La questione è che non è ammissibile avere classi con trenta o più alunni e che abbassando la media di queste classi si avrebbero più posti per gli insegnanti. Perché farlo? Per gli insegnanti, per gli alunni e per tutti in generale. Perché in questo modo si avrebbe una qualità dell’insegnamento migliore, soprattutto a vantaggio degli alunni che provengono da situazioni meno abbienti, andando incontro ai principi costituzionali che vogliono l’uguaglianza e le stesse possibilità per ogni individuo, e un conseguente miglioramento del sistema economico-sociale, dato che non vi sono dubbi sul fatto che il miglioramento del Paese passi attraverso il miglioramento dell’Istruzione. La cosa che mi sorprende è che per vari lavori intervengono gli stessi lavoratori per chiederne migliorie e invece per la scuola non si prendono in considerazione i pareri degli insegnanti. Cosa porta questo modo di fare? Ma, forse il primato della carta su quello della realtà. Da una parte sulla Scuola supervisiona il Ministro dell’Economia e dall’altra spesso si adottano teorie educative di parte. Cioè, da una parte si dice che in Italia la media insegnante alunni è più bassa a quella europea, 9,9 contro 12,2 , ma non si considera la complessità della gioventù italiana e il fatto che in Italia ci sia una ancora, per fortuna, consistente presenza di piccole realtà locali, dall’altra si interviene con progetti educativi, pagati, e con applicazioni di teorie educative che spesso sono ottime sulla carta, con l’idealizzazione di studenti modello, ma che poi hanno un limite invalicabile nella realtà. Proprio in un articolo sul Corriere del 14/08 si ribadisce il fatto che la Scuola possa rappresentare un mezzo per l’affermazione sociale, un mezzo che, però, spesso funziona male e che vede un continuo aumento della forbice sociale. Io credo che la diminuzione degli alunni per classe sia una soluzione, con assunzioni di insegnanti attraverso una ridistribuzione delle risorse, tagliando (anche perché probabilmente non più necessari in classi poco numerose, 20 alunni?) sui vari interventi educativi ed extrascolastici o scolastici serali e puntando sul miglioramento delle lezioni mattutine. Forse è più facile diminuire il numero degli insegnanti e continuare ad erogare fondi contro la dispersione o altro, probabilmente è un modo per risparmiare nell’immediato, solo nell’immediato e in modo apparente, magari per cinque anni, liquidità per lo Stato, ma poi? Eppure il Ministro Tremonti dovrebbe sapere bene che non solo l’Istruzione è legata all’Economia, ma è vero anche il contrario.
    Personalmente non sono contrario ai giri di vite negli ingranaggi della Scuola, anzi, servono più controlli, gli insegnanti devono fare formazione continua, ma devono, anche, essere pagati meglio! Bisogna reintrodurre il merito e anche io sono propenso per l’adozione del sette in condotta, per l’introduzione dei voti numerici alle scuole secondarie di primo grado, e non mi disturba l’uso della divisa nelle scuole medie, ma non è possibile tagliare in maniera indiscriminata per dare soldi alle casse dello Stato. Da poco leggevo un libro di Elio Veltri, “Il topino intrappolato”, del 2005, sulla legalità e la questione morale, in cui si parla anche dei soldi della malavita nel nostro Paese. Il pensiero semplice che mi sorge è questo: in Italia, con 1000 miliardi di euro di beni consolidati dalle mafie, si fanno concorsi o ancor più corsi di specializzazione, veri e propri corsi/concorsi, per l’abilitazione all’insegnamento; dei giovani dottori partecipano, superano le selezioni, studiano, danno ulteriori esami universitari, fanno 300 ore di tirocinio e, anziché essere pagati, pagano profumate tasse, e infine superano un esame di Stato, scritto e orale, e conseguono il diritto al lavoro, allo specifico lavoro dell’insegnamento, ma questo diritto è solo potenziale e diventa reale in alcuni casi dopo anni, e poi, però, si fanno tagli nella Scuola, fra le peggiori in Europa, adducendo che la Scuola deve essere fatta per andare incontro alle famiglie (che a parer mio sarebbero contente di sapere i figli in classi meno numerose, con una migliore qualità dell’insegnamento, non certo il contrario), si chiudono le scuole dei piccoli paesi, si toglie l’insegnante di sostegno per gli alunni con disturbi specifici dell’apprendimento (perché in Italia si procede spesso per generalizzazioni, così se in una realtà è vero che si facevano richieste sovvranumerarie, poi si applica un intervento generale, non locale, o, in termini medici, topico, come dire ti rompi il braccio e t’ingessiamo tutto il corpo, sbagliando) e si creano classi con trenta alunni. Quel che voglio dire è che non è nella Scuola, anche se è più facile farlo, che si devono attuare tagli per le risorse dello Stato. Sicuramente occorrono migliorie nel nostro sistema dell’Istruzione e al suo interno i soldi devono essere ridistribuiti meglio, intendo i finanziamenti per i progetti extrascolastici, ma non è dalla Scuola che bisogna prendere i soldi per le casse dello Stato.
    Cordiali saluti

    Cristian Ribichesu

  • 3 renato sassano
    14 Febbraio 2011 - 18:55

    le riforme che i nostri ministri dell’istruzione (di destra o di sinistra) vengono redatte senza considerare le realtà delle periferie e delle province. gli studenti oggi sono cambiati, sono isofferenti, non riescono a rimanere tranquilli ad ascoltare la lezione e non sono motivati. prima di aumentare gli alunni per classe i nostri ministri farebbero bene a visitare le scuole di periferia.
    una considerazione sulle graduatorie: oggi esiste la libera circolazione in europa dei lavoratori, mentre un insegnante non può spostarsi da una provincia ad un’altra. nonostante la sentenza della corte costituzionale.
    per migliorare la qualità della scuola bisognerebbe inserire il tempo prolungato anche alle superiori. infatti noi docenti ci lamentiamo che i ragazzi a casa non studiano, rimanendo a scuola il pomeriggio si possono svolgere attività di laboratorio, di doposcuola ecc.

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