Carbonia. Quale sicurezza? Le condizioni di lavoro in miniera

8 Dicembre 2019
1 Commento


Gianna Lai

Risultati immagini per carbonia  miniera foto
                                                                                                         
 

Sedicesimo post sulla città di Carbonia delle origini. Il primo domenica 1 settembre. Oggi parliamo di un argomento tragico delle miniere: la sicurezza e la salute.

 E’ l’inosservanza delle norme più elementari di prevenzione e sicurezza,  da parte dell’Azienda, a mettere in pericolo il lavoro degli operai, se si tien conto innanzitutto della loro stessa grave inesperienza, svolgendosi troppo frettolosamente  l’addestramento INFAPLI, per ammissione della stessa ACaI. Quasi tutti analfabeti, al 36% l’analfabetismo in Sardegna nel censimento del 1936, tanto da  suonare ironica la dedica di un  Manuale AcaI ai minatori, che non sanno leggere né scrivere, abbisognava invece, proprio quel lavoro, di operai istruiti  e consapevoli, sempre messi in grado di apprendere ancora, sempre più preparati  alle continue emergenze. Come può avvenire solo in un’industria moderna e sviluppata. Privi  delle attrezzature minime,  dagli indumenti agli scarponi alla protezione per gli occhi, pesantissimi e ingombranti gli strumenti da manovrare  nella coltivazione delle gallerie, eppure costretti, i minatori, a ritmi di lavoro così sostenuti  onde sopperire all’inefficienza  delle tecniche in uso e alla carenza di personale specializzato. E poi la paura dello spazio ristretto e oscuro della miniera, ne hanno molto parlato gli operai del tempo durante le innumerevoli interviste, l’insicurezza e la pericolosità di un mestiere  sconosciuto che, né la forza fisica, indispensabile per quell’attività, né l’abitudine alla fatica della vita in  campagna, potevano facilmente  controllare e tenere a bada.
Salvo poche centinaia di lavoratori siciliani delle zolfare e di sardi provenienti dalle miniere di Bacu Abis e di Iglesias, che si possono considerare  esperti e tra i più assidui a Serbariu,  soggetti invece a continui vai e vieni e rientri il resto dei provenienti dall’isola e dal Continente, dalle zone più povere del Veneto, Calabria, Campania, Abruzzi e Molise, Basilicata. I minatori  si formano prevalentemente dentro la squadra, affiancando i compagni più anziani e facendosi aiutare, prima di tutto, a non essere di ostacolo, a non compiere azioni che possano nuocere a se stessi e agli altri. Ed è così che deve avvenire se,  alla voce Infortuni e Malattie del ‘Manuale del Sorvegliante’, possiamo  leggere ‘Il minatore anziano e intelligente spiegherà quanto riterrà utile a prevenire danni alla salute: quali i posti di lavoro più pericolosi, come gli spingitori vadano più soggetti agli infortuni ed il perché nelle ultime ore di lavoro avvengono più infortuni data la stanchezza e la distrazione’. Quegli spingitori, vittime di ferite e lussazioni da ‘investimento di vagone’, così ben descritti anche da Manlio Massole in ‘Stefanino nacque ricco’, ‘il minatore fa corpo unico col vagone, testa abbassata e schiena curva, le gambe fanno avanzare il vagone’. Operano col martello piccone, ‘macchina ad aria compressa, che esegue meccanicamente il lavoro del piccone da carbone, il peso variante tra i 7-9 e i 10-12 kg.’, una fatica che solo i più robusti possono reggere a lungo. E operano, i lavoratori, esposti a fumi e vapori e polveri continue, che riducono la visibilità e che provocano   malattie polmonari e morte in giovane età. In quell’odore della miniera, ‘fatto di carenza di ossigeno, legname in putrefazione, polvere e dell’odore acre della dinamite’. In mezzo all’acqua e al fango, al caldo umido insopportabile delle gallerie, che provocano artrosi precoci, ‘la galleria è un forno con quaranta gradi di temperatura. Albino quella miniera la ricorda come un incubo: per sopportare il caldo deve togliersi gli indumenti, lavorando in scarponi e mutande’, così Sandro Mantega in Senza sole né stelle. E tra  le pericolose asperità del terreno, il terreno accidentato che, insieme all’acqua, al fango e alla e la viscidità dei binari e delle  traversine, rende ancora più difficile il movimento in caso di fuga.   Ci vengono in soccorso chiarificatrici, a questo proposito, le parole del professor Duilio Casula, dell’Università di Cagliari, nel suo studio così preciso e accurato sulle malattie dei minatori e nei suoi interventi e articoli divulgativi: ‘l’attività estrattiva è considerata una delle più pericolose e malsane, […] tra le varie malattie professionali, le pneumoconiosi - tra le quali assume un ruolo particolare, per gravità e frequenza, la silicosi polmonare- sono state per lungo tempo le malattie di gran lunga più diffuse tra i minatori sardi, tanto che la Sardegna è risultata per molti anni come la regione d’Italia con maggior numero di silicotici, provenienti quasi tutti dall’industria estrattiva’. Dove si riscontrano anche ‘bronchite cronica, enfisema polmonare, affezioni dovute a cause molteplici, sia di natura professionale che extraprofessionale, […] a indicare in quali condizioni igienico-ambientali si sia svolta per molto tempo l’attività lavorativa nelle nostre miniere’.  E poi privi, gli operai, di protezione alcuna dal rumore, dal frastuono  del locomotore che tira i vagoncini, dal fragore dell’esplosione delle mine. Nella tensione nervosa continua, per il chiasso assordante di tagliatrici e motopicco, causa di sordità e di altri gravi disturbi alla salute. Oltreché  impedimento alla comunicazione, quando c’è da lanciare l’allarme per un pericolo improvviso: con la perforatrice ‘in marcia’,  ci si eprime a gesti, ‘cenni delle mani, degli occhi, del capo’, leggiamo ancora su Manlio Massole, che pur si riferisce alle miniere dell’Iglesiente.  Così nello studio del prof. Duilio Casula, ‘affezioni di frequente osservazione fra i minatori sardi sono quelle legate alle vibrazioni meccaniche ed ai rumori, assorbite prevalentemente dagli arti superiori e dal tronco, dando luogo prevalentemente a manifestazioni vascolari e osteoarticolari. Il rumore è uno dei rischi tradizionali dell’industria mineraria, ma è stato per lungo tempo volutamente sottovalutato e del tutto trascurato, per quanto riguarda controlli sanitari e igienico ambientali:[…] il numero dei minatori colpiti da sordità, estremamente elevato, […..] e il fatto non meraviglia, trattandosi di  un rischio non coperto da tutela assicurativa e quindi non indennizzabile’.Così in laveria  le cernitrici, esposte al rumore assordante delle macchine, in mezzo al fetore dei reagenti chimici, fanghiglia dapertutto, freddo pungente in inverno, in quegli spazi enormi e semiaperti.
 E si contraggono in miniera anche gravi malattie, a causa dell’ambiente chiuso e umido, come l’anchilostomiasi o anemia del minatore, che infetta i lavoratori per la scarsa igiene dei luoghi  in galleria, un verme che raggiunge l’intestino e che si contagia facilmente attraverso la cute, penetrando poi nell’organismo della persona colpita. Nè si può dire, a questo proposito, che la miniera garantisca i servizi essenziali e adatti all’igiene della persona, se  escludiamo  l’impianto docce, della cui messa in opera  il presidente ACaI dà notizie solo nel 1940: 500 docce a Sirai, 900 a Tanas e a Nuraxeddu e a Bacu Abis, 500 a Schisorgiu, 3.000 a Serbariu, in alcuni dei quali cantieri,  fino all’ottobre del ‘39, mancava persino l’acqua corrente, come denuncia, a quel tempo, il Prefetto di Cagliari al ministero delle corporazioni.      
Per concludere, l’ultima citazione del prof. Casula, così necessaria in questo quadro descrittivo sulle condizione degli operai nelle miniere di Carbonia, al tempo del fascismo, ‘ci si è chiesto infine se la condizione del minatore nel suo complesso, danni dovuti agli atteggiamneti posturali, condizioni microclimatiche sfavorevoli, presenza di allergeni e irritanti, irregolarità dei pasti legate agli speciali turni di lavoro, non possa far insorgere malattie e disturbi non completamente configurabili come malattie professionali. In effetti è stata segnalata come espressione di questa più facile vulnerabilità[…] una più elevata incidenza di assenze dal lavoro per malattia, con un interessamento,  oltre che dell’apparato respiratorio, del sistema osteoarticolare, dell’apparato digerente e del sistema cardiocircolatorio’.

1 commento

Lascia un commento