Massimo Villone - Il Manifesto 19.11.2014
Ecco un articolo di un eminente costituzionalista dell’Ateneo napoletano, già presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato. La riflessione calza anche per la legge truffa sarda salvata dal Tar Sardegna. Qui c’è il succo dell’appello al Consiglio di Stato. Una ragione in più per leggerlo con attenzione.
Sull’Italicum si riaprono le danze al senato. Vediamo nel copione le modifiche dettate da Renzi nel Nazareno bis: abbassamento delle soglie di accesso (forse 3%), innalzamento di quella per il premio (forse 40%), preferenze (forse) per una parte dei parlamentari (esclusi i capilista, o – secondo le ultime notizie — per il solo partito che consegue il premio). Corre l’argomento che si vuole così tener conto della dichiarazione di illegittimità costituzionale del Porcellum (Corte cost., 1/2014). E sarebbe commendevole, se fosse vero. Ma così non è.
Punto primo. La Corte riconosce il suffragio come diritto fondamentale e inviolabile. In un sistema democratico, tutto si costruisce a partire dal voto libero ed eguale. L’architettura politica e istituzionale, dalla rappresentatività delle assemblee elettive alla forma di governo, e l’indirizzo di governo che essa esprime, poggiano sull’architrave di una volontà collettiva alla cui formazione tutti concorrono liberamente e con pari dignità.
Punto secondo. Un diritto fondamentale e inviolabile non è in quanto tale sottratto a qualsivoglia limitazione. Potrà darsi la possibilità di un necessario bilanciamento con altri beni parimenti protetti in Costituzione, da cui scaturisca un limite al primo.
Punto terzo. Tale bilanciamento, peraltro, deve rispondere a criteri di necessità e proporzionalità. In altre parole, il limite al diritto fondamentale può essere posto se indispensabile alla tutela di altro bene parimenti protetto in Costituzione, nella stretta misura richiesta da quella tutela, e senza sacrificio eccessivo del diritto. Un limite che ecceda questi confini, o che persegue un obiettivo realizzabile attraverso misure meno lesive, è incostituzionale.
Questi sono capisaldi della giurisprudenza costituzionale nostra e di molti paesi a noi paragonabili. La Corte, nella sent. 1/2014 e non solo, riconosce la governabilità come bene costituzionalmente protetto. Quindi è rispetto a questo bene che deve incardinarsi un possibile bilanciamento. Il necessario equilibrio non era rispettato dal Porcellum, e da qui la dichiarazione di incostituzionalità, che colpiva in specie la mancata dichiarazione di una soglia per l’applicazione del premio di maggioranza, e la lista bloccata per tutti i parlamentari.
Ed è certo che alla prima versione dell’Italicum potessero volgersi censure nella sostanza identiche.
Offrono risposta le correzioni di cui si discute? La risposta è negativa. E si motiva con chiarezza dimostrando che il sacrificio imposto al voto libero ed eguale è comunque eccessivo e inutile.
Assumiamo – e già questo è opinabile – che governabilità e diritto di voto siano da bilanciare alla pari, come beni assistiti da eguale protezione costituzionale. Troviamo nell’Italicum-bis che la governabilità è assicurata dal premio nel caso di lista che supera il 40%, e dal ballottaggio nel caso tale soglia non sia raggiunta da alcuno.
Quindi il mantra di avere un vincitore il giorno stesso del voto risulta pienamente soddisfatto, senza margini residui. Comunque, ci sarà un vincitore con una maggioranza parlamentare. Ma allora, perché porre anche soglie di sbarramento verso il basso, che siano al 3, al 4 o al 5%? Perché azzerare il diritto al voto di centinaia di migliaia di cittadini senza alcun beneficio per la governabilità, comunque assicurata aliunde? Colpisce che nella Camera dei comuni britannica siedano parlamentari eletti con poche migliaia di voti, che nessuno accusa di essere un attentato alla stabilità del sistema o alla governabilità.
Il punto è che con l’Italicum vediamo sovrapporsi alla governabilità il fine di una ristrutturazione del sistema politico secondo un modello specifico. Fine anche esplicitato, con la dichiarazione di guerra ai piccoli partiti. Ma la riduzione artificiosa delle soggettività politiche non è un obiettivo costituzionalmente protetto, e dunque bilanciabile con il diritto fondamentale di suffragio. Al contrario, una norma come l’art. 49 della Costituzione protegge per tutti la partecipazione con metodo democratico, e dunque garantisce libertà di forma.
Allo stesso modo, la lista in tutto bloccata non risponde a esigenze di governabilità, ma al fine di consentire al leader il controllo e la fidelizzazione degli eletti. Anche questo è strumento ridondante ed eccessivo, nel momento in cui la governabilità è pienamente garantita in altro modo. E l’obiettivo perseguito non è un bene costituzionalmente protetto e bilanciabile. Senza dire che una lista bloccata solo in parte, per i capilista o per alcuni partiti e non altri, introdurrebbe tra gli elettori una discriminazione priva di qualsivoglia fondamento razionale.
La Costituzione non vuole un paese scalabile, ma una politica in ogni momento e ad ogni livello contendibile. Anche con le correzioni proposte l’Italicum si può solo cestinare. Nella sentenza 1/2014 proprio non rientra. Del resto, come potrebbe essere diversamente per un testo nato dall’accordo di leader attenti solo alle sorti personali e ai sondaggi?
Tra l’altro, una via pericolosa quando non c’è più la stabilità sociale e politica assistita da organizzazioni di massa e corpi intermedi, che improvvidamente si è voluto sbaraccare. Ma rimaniamo fiduciosi: il tempo è galantuomo. Peccato che in politica sia anche il solo.
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