Quattro chiacchiere coi tunisini in giro per Cagliari

15 Aprile 2011
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Gianna Lai

6400 sbarchi tra Gennaio e febbraio, in Italia, contro i 4mila e rotti dell’intero 2010.
Ultimo censimento 2011.
Se ne incontrano tantisssimi tra il Corso Vittorio Emanuele e S. Avendrace, parlano tra loro a gruppi di 4 o 5 come si conoscessero da sempre, e scrutano i passanti per capirne le intenzioni. Sono sbarcati a Cagliari in Settecento nei giorni scorsi, e rappresentano il nuovo mondo con cui confrontarsi da oggi in poi, sia che vivano momentaneamente nei luoghi di accoglienza, sia che decidano di restare più a lungo nell’isola, come già fanno i senegalesi, i filippini, i cinesi, o i migranti dell’Est europeo. Tre giovanissimi nordafricani ci salutano con un cordiale “ciao” di fronte al palazzo della Regione in viale Trento, e quando gli chiediamo come stanno, da quale paese vengono e come si vive nel Centro di Viale Elmas, dicono di star bene qui a Cagliari, di essere ben trattati e di potersi muovere liberamente. Hanno abbandonato nelle scorse settimane la Tunisia e, in un italiano molto incerto, inframezzato da termini francesi, raccontano dei loro parenti sparsi in Europa che ciascuno di loro intende raggiungere, vivendo però per conto proprio, come il più giovane tiene a sottolineare. Qualcuno vuole fuggire dal Centro per raggiungere altri paesi? No, assolutamente, aspettiamo il papier, i documenti per essere “in regola”.
Pare che i cagliaritani non abbiano mostrato il giusto interesse nei loro confronti, forse condizionati da certa propaganda intimidatoria che fa della condizione di migranti una questione di ordine pubblico: -da come le persone ci guardano, sembra ci sia razzismo nella gente- Noi cerchiamo di tranquillizzarli, qui in Sardegna i discorsi xenofobi della Lega non hanno molto spazio, e siamo abituati alla pacifica convivenza con gli altri migranti. Inoltre gruppi di giovani il giorno dell’ arrivo dei 700 in viale Elmas hanno portato striscioni di solidarietà, e la CGIL e la Caritas hanno promosso altre azioni di sostegno. A pensarci bene, tuttavia, manca una più diffusa coscienza popolare che andrebbe sviluppata con interventi politici e iniziative culturali in tutto il territorio, a partire dalle Istituzioni e dalle scuole. Tante associazioni, dal Cosas all’Associazione 1° Marzo, a Sardegna-Palestina, all’intera Piazza della solidarietà, son già impegnate in iniziative importanti, compreso l’ Osservatorio contro le repressioni promosso dal Social forum insieme ad altri gruppi politici e culturali. Ma tutto questo ancora non basta di fronte ad una politica del governo nazionale e regionale, da sempre improntata alla pura pratica dei respingimenti, improntata al sostegno di una guerra nel Nordafrica che mantenga forte il drenaggio delle risorse e lo sfruttamento della popolazione. Non sarà per questo che i giovani tunisini interpretano l’indifferenza dei cagliaritani come razzismo? Può bastare un atto di simpatia per strada, la solidarietà dei movimenti, la tolleranza espressa dalla città? Salutiamo i tre amici, e nel mentre l’autista del pulmann che fa capolinea in quel tratto di strada si ferma ad ascoltare, sta dietro di noi ma non interviene. Forse non si fida, forse non sa cosa fare, come tanti altri preso alla sprovvista da un evento che sembrava non dover riguardare la Sardegna.

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