Teniamo vivo l’insegnamento di Nuto Pilurzu

27 Settembre 2013
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Marcello Vignolo

Ieri abbiamo ricordato Nuto Pilurzu, un compagno e una persona di rara generosità e di straordinaria dirittura morale. Ecco su di lui un ricordo di  marcello Vignolo.  

Colgo nelle  parole di Andrea Pubusa e di Francesco Cocco, prima di ogni altra cosa,quel senso di profonda gratitudine nei confronti di Nuto che chiunque abbia avuto la fortuna di conoscerlo e di frequentarlo con una certa assiduità non può non condividere, con la stessa intensità con la quale oggi soffre per la sua scomparsa. Gratitudine per averci offerto la sua amicizia, gratitudine per averci mostrato come sia possibile coniugare il rigore morale nell’impegno politico e nel lavoro con una grande generosità d’animo. In famiglia, nel lavoro e nelle ormai rare occasioni nelle quali accadeva di incontralo in pubblico, emergeva sempre il tratto ineguagliabile della sua onestà intellettuale e della sua amabilità.
Conobbi Nuto in occasione di un’assemblea convocata – non ricordo da chi - per protestare contro la famigerata legge Reale. Lo incontrai poi alcune volte nella sede del Manifesto di via Manno, quando ci si riuniva, senza tessere di sorta, per parlare di politica. Lui era però Nuto Pilurzu e io soltanto uno dei tanti sconosciuti che, per lo più, stavano ad ascoltare. Con molto imbarazzo, condizionato dal suo carisma, andai quindi a trovarlo e a chiedergli aiuto perché io e la mia ragazza cercavamo uno studio dove fare pratica. Mi riconobbe come un compagno e, in un momento, ci organizzò una postazione di lavoro nell’unico spazio libero ricavato in una sorta di disimpegno fra la sua stanza e un servizio. Mi sono sempre chiesto cosa sarebbe successo se qualche altro compagno fosse poi venuto in studio, con la stessa sfacciataggine, a chiedere ciò che avevo chiesto io: non riesco ad immaginarlo capace di dirgli di no, ancorché ogni spazio fosse stato ormai riempito. Da lì è nato un rapporto umano che non riesco ad aggettivare. Francesco Cocco, che tante volte Nuto ci portava ad esempio di esemplare onestà e ricchezza culturale, teme di apparire retorico ricordandolo come “maestro” di vita. Credo che anche a Nuto non sarebbe piaciuto questo termine, anche perché lui non ha certamente mai fatto nulla per apparire tale. Ma ciò che ci ha trasmesso, prima di ogni altra cosa, è stata una straordinaria lezione di vita; e allora ci sia concesso di ricordarlo anche così. Nuto era un grande avvocato, ma non ostentava mai la sua cultura giuridica quale arma per sopraffare gli avversari o per dominare chi ne era privo. Provava anzi un certo fastidio per chi impostava il proprio lavoro nella ricerca delle più arzigogolate eccezioni procedurali, trascurando la sostanza delle cose. Lui aveva la straordinaria capacità di vedere dietro le cause i fatti della vita e di andare al cuore dei problemi e alla ricerca delle soluzioni con una facilità a volte disarmante.
I ricordi più belli, dopo quelli più personali legati ai momenti in cui lo vidi nella sua dimensione familiare, sono quelli legati alla stagione degli impegni politici, come quando in via XX Settembre si aprì il centro di iniziativa politico culturale e si organizzarono poi numerosi e affollati dibattiti pubblici. Come non ricordare poi il suo impegno nella ricerca di risorse per consentire al Manifesto di sopravvivere nelle tante fasi di agonia del giornale. Ma questi sono solo alcuni miei ricordi, mentre avrei voluto parlare soltanto di Nuto. Spero che la proposta di Andrea di promuovere un’iniziativa pubblica per ricordarne il pensiero e l’azione possa presto concretizzarsi. Credo che sarebbe molto bello se non si limitasse ad essere commemorativa e diventasse anche un’occasione per una seria e profonda riflessione sul suo insegnamento e per tener vivi, quindi, i valori per i quali si è sempre battuto.

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