Fondamentalismo cristiano e destra negli USA

7 Agosto 2021
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30 Novembre 2008
Gianfranco Sabattini

 

Furio Colombo ne Il Dio d’America (2008), persegue l’intento di fornire suggerimenti per orientarsi nel dibattito che agita da quasi un trentennio la società americana. Con la campagna elettorale del 1979, si sarebbe inaugurato l’ingresso tra le componenti del confronto politico americano di una “vasta e bene organizzata opinione pubblica legata ad alcune Chiese”; questa opinione pubblica avrebbe dato origine alla nascita di un “vasto e potente movimento detto del fondamentalismo cristiano”, il quale sarebbe così divenuto la forza politica di sostegno della destra politica ed economica.
Com’è nata questa “santa alleanza”? La destra politica ed economica americana avrebbe offerto, in cambio di un potere prolungato, la lotta contro i valori che la società americana aveva ereditato dal liberalismo regolato roosveltiano e kennediano, quali libertà civili, parità nel lavoro delle donne, diritto delle donne di scelta sulla procreazione, separazione della Chiesa dallo Stato e separazione dalla Chiesa dalla scienza. La contro-offerta della destra religiosa sarebbe consistita nel mettere a disposizione della destra politica ed economica americana la predicazione religiosa per riorientare i gruppi sociali più deboli dalla protesta sociale alla fede in Dio, con conseguente screditamento di quei gruppi che traevano la loro forza, non solo dal liberalismo democratico e dai movimenti liberatori, ma anche dai movimenti ambientalisti. Inoltre, la destra religiosa avrebbe offerto alla destra politica ed economica l’ulteriore vantaggio della sua funzione di “scudo” col quale respingere le critiche “liberal” portate contro l’uso privilegiato e senza controlli della ricchezza.
Di fronte a questo processo, la domanda che Colombo pone è: perché un simile schieramento tra destra religiosa e destra politica ed economica ha potuto formarsi? Colombo non ha dubbi nel formulare la seguente risposta. Lo schieramento ha potuto prendere corpo in quanto, per il movimento fondamentalista, è stato importante che l’alleato politico ed economico non avesse valori propri, ma avesse l’esclusivo interesse a farsi portatore, senza obiezioni, del carico degli impegni religiosi assunti; ciò, perché, in cambio del sostegno elettorale ricevuto, si trovasse costantemente nella condizione di non poter avanzare alcuna richiesta.
La risposta di Colombo appare riduttiva e di comodo, in quanto, la mancata considerazione in termini più esaustivi del contesto culturale sottostante quanto è accaduto all’interno della società americana, gli consente di rapportare l’esperienza americana a quanto si è verificato in tempi successivi in Italia, dove la Chiesa di Roma, dovendo scegliere tra un cattolico, come Prodi, e un estraneo ai valori religiosi anche se credente, come Berlusconi, non avrebbe esitato a scegliere il secondo per massimizzare il suo tornaconto evitando di dover onorare qualsiasi tipo di pretesa. La verità, però, sta forse in altri termini, decisamente più laici; ovvero, sta nella strumentalizzazione casuale, compiuta dal fondamentalismo religioso, della critica del movimento neocomunitario ai valori ed agli esiti dei prevalenti comportamenti “turbocapitalistici” della società americana.
Per i neocomunitari, il “ritorno alla comunità” era percepito come una risposta alla conservazione ed al potenziamento di istituzioni economiche considerate eversive dei diritti dei componenti le singole società civili; esso non metteva in discussione il paradigma della modernità, ma affermava la necessità di una sua versione contestualizzata, per ridare dignità a tutte le appartenenze per generare “reticoli” di protezione delle specifiche esperienze storico-culturali dei gruppi sociali, non assoggettate alle logiche ed al primato del mercato.
Ciò che in apparenza potrebbe non convincere della posizione dei neocomunitari è la loro critica al pensiero neoliberale e neocontrattuale secondo cui all’interno delle specifiche comunità convivrebbero, sia una spinta comunitaria, che una spinta individualistica, nascente quest’ultima dalla competizione positiva tra i componenti la comunità stessa. La salvaguardia delle due diverse spinte costituisce il presidio della tutela della regola democratica all’interno della società politica che funge da contenitore della comunità nazionale.
Una cattiva finalizzazione della critica comunitaria ai valori di un liberalismo sempre più sprezzante del bisogno di ordine, di sicurezza e di solidarietà dei componenti la comunità e di un liberismo sempre più iniquo ed esclusivo sul piano distributivo non autorizza l’ipotesi di un’alleanza tra destra religiosa e destra politica ed economica destinata ad assicurare un “potere prolungato”; tanto più che i danni da essa provocati a livello dell’intera comunità americana costituiscono un buon viatico per essere fiduciosi che lo spirito critico neoliberale della comunità americana, sorretta dal binomio neoliberismo-neoconunitarismo, possa “dare voce”, come i risultati delle recenti elezioni presidenziali negli USA confermano, alle critiche dei movimenti di liberazione ed ecologisti pro-tempore fagocitati dall’acritico movimento fondamentalista.

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