Soru ha l’arma segreta!

7 Luglio 2008
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Andrea Pubusa

VE = ½ PD + 3CnS x ½ PD + 2/3 SA + SXI. Ecco la formula di Soru per vincere. L’ha ribadita nei giorni scorsi a Tramatza. Ed è così convincente che i suoi fedeli seguaci la praticano nei loro interventi e nei loro articoli, che rispecchiano la ben nota apertura e disponibilità al dialogo con gli alleati usuale nel loro capo.
Ma sveliamo subito l’arcano, il significato della formula. Per il Presidente la vittoria elettorale (VE) si ottiene col consenso di metà PD (quello soriano), cui si aggiunge il consenso del resto del centrosinistra da ottenere menando tre calci negli stinchi (3CnS) per l’altra metà del PD (1/2 PD), più altrettanti pestoni ad almeno due terzi della Sinistra Arcobaleno (quella critica, escluso un terzo, apparati PRC e PDCI, ora in funzione servente) più un’eguale razione di pedate alla Sinistra libera e che non si richiama ai partitini dell’ex Arcobaleno. Quindi, conseguentemente, il gruppo soriano (pari, più o meno, al 50% del PD, organizzato e dell’area elettorale del centrosinistra) e la parte fedele della sinistra (apparati di PRC e PDCI) pretende che il resto del centrosinistra, anche se è motivatamente critico verso i metodi e i programmi del Presidente oppure se, più prosaicamente, interessato ad un bilanciamento della rappresentanza (ma la politica è anche ricerca dell’equilibrio fra le forze), debba, a fronte del niet secco di Soru, aderire alla sua candidatura e mobilitarsi con passione nella campagna elettorale in suo favore. Non solo pretende che coloro che, nel vecchio fronte ulivista, sono per una democrazia bilanciata e partecipata e, in nome di questa opzione istituzionale propria di una parte importante del pensiero giuspubblicistico moderno, ha avversato la Legge statutaria, dovrebbe, senz’alcuna discussione e temperamento, sostenere entusiasticamente il Presidente, nonostante le sue manifeste propensioni monocratiche. Tradotta in slogan la formula è stata ripetuta da Soru anche dopo l’ultima débacle elettorale: “Uniti a me si vince”; ergo, divide ed erra chi nel centrosinistra non sostiene il Presidente; di più: è reo di “alto tradimento” perché favorisce la destra. Un esempio di questo modo di ragionare lo si ritrova in vari interventi di soriani intelligenti, da Marcello Fois sulla Nuova di qualche giorno fà a Cristina Lavinio su Altravoce (che riportiamo qui di seguito), tralasciando ovviamente i toni esagitati dei soriani col collare.
Con tutto il rispetto a noi sembra che la formula brevettata da Soru sia palesemente errata e vada corretta nel modo seguente: ½ PD + 1/3 SA + ½ U + ½ SXI = BE, e cioè il voto di mezzo PD (i soriani di ferro e simpatizzanti) più quello di un terzo della Sinistra ex Arcobaleno (quella fidelizzata) più la metà dei voti degli ulivisti critici e un mezzo della sinistra libera (nei quali ultimi prevale l’idea del voto utile, del contrasto sempre e comunque del centrodestra, della paura del ritorno di Pili o della vittoria di Cossiga jr.) è uguale a B, ossia dà come risultato BE, cioè una batosta elettorale.
In realtà, la parola d’ordine “uniti con me si vince” è identica a quella lanciata da Veltroni alle politiche: alle elezioni si và da soli e con i volenterosi, senza unire tutto il fronte del centrosinistra. Il contrario, insomma, dell’idea prodiana dell’Ulivo prima e dell’Unione poi, che individua in un’ampia alleanza programmatica di tutto il fronte progressista l’arma della vittoria contro il centrodestra. E Parisi lo ha ricordato senza infingimenti alla Conferenza nazionale del PD. Così Prodi ha battuto due volte il Cavaliere. Certo, le alleanze ampie non devono dar luogo ad un cartello confuso e indistinto; l’accordo programmatico dev’essere chiaro e le forze dello schieramento devono essere coalizzabili, devono cioè dare affidamento di serietà nell’attuazione del programma. Ma pretendere adesioni ad un programma e ad un’impostazione unilaterale (quella di Soru) è ingenuità assoluta, se non addirittura follia allo stato puro. Lo dimostrano le elezioni politiche, quelle di Roma e anche quelle amministrative dei giorni scorsi: gli zoccoli duri non esistono più. Chi non è convinto delle candidature e dei programmi non vota turandosi il naso: o và al mare e diserta le urne o vota contro con rabbia e quasi con spirito di rivalsa. Lo dice il voto sardo del 13-15 giugno, dove la sconfitta del centrosinistra non è dovuta alle astensioni (la percentuale dei votanti è stata alta), ma al voto contrario. Ed allora, anziché richiamare ad improbabili fedeltà verso un’altrettanto improbabile schieramento, bisogna lavorare subito alla creazione del programma e della coalizione. Soru ha la responsabilità di favorire e promuovere questo processo se vuole il sostegno, non può pretenderlo senza misurarsi con le critiche e le istanze, non tutte di basso profili (come lasciano intendere sempre i soriani di ferro), che si levano da vari settori del centrosinistra. In caso contrario, il risultato l’anno prossimo non sarà VE, ma BE, e la batosta elettorale non potrà essere imputata solo a chi non voterà Soru, ma anzitutto a lui, che non ha ricercato il consenso o peggio ha operato per perderlo.

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