No, neanche il jazz mi toglie i brutti pensieri

3 Settembre 2011
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Andrea Pubusa

Mentre a Cagliari impazzano polemiche del cavolo, del tipo sovranità sì-sovranità no oppure sull’indipendentismo o ancora sulle battute su Berlusconi di Giuliano Amato o taluno s’inventa scoop sul più diffuso degli abusivismi, quello edilizio, io me la godo nel mio profondo Sulcis tra mare e jazz. O meglio, vorrei godermela, ma confesso di vivere una condizione contraddittoria fra godimento e senso di colpa. Ma - sia ben chiaro - senso di colpa non nei riguardi di quanti nel pollaio politico sardo fingono di discutere seriamente, quanto nei confronti dell’umanità sofferente che mi circonda. Non solo i disperati della terra, ma anche i molti che questr’estate, col lavoro di qualche mese pensavano di vivacchiare un anno ed invece sono stati delusi nelle loro aspettative. Piccoli esercizi, bar, stabilimenti balneari tutti vuoti o quasi, Spiagge semilibere per la felicità nostra, ma non di chi su sdrai e ombrelloni campa. E a poca distanza da qui i dipendenti dell’Euroallumina impegnati in una lotta disperata per difendere il loro posto di lavoro. Il sentimento di fondo della gente è di non pensare al futuro, perché lo si immagina peggiore di ieri e di oggi. Il problema non è neppure quello dei sacrifici, ma quello della consapevolezza ormai diffusa che chi li chiede e li impone non ha i titoli morali e l’autorevolezza per pretenderli, in quanto non dà alcun affidamento sulla guida di questo difficilissimo passaggio della nostra storia.
No, in queste condizioni, neanche il jazz riesce a togliermi il chiodo fisso che ho in testa. Dopo che si sono mangiati diritti, salari, stipendi e risparmi ora si mangiano lo Stato, il pubblico. Cosa vuol dire se non questo il proposito di far cassa vendendo i beni pubblici? Dopo aver privato lo Stato e le istituzioni dei poteri di intervento in economia, liberando un capitalismo primordiale e selvaggio, ora gli speculatori finanziari aggrediscono direttamente i beni comuni. Per far cassa si dice. Ma certo questa svendita renderà tutto più difficile, la collettività più povera, le istituzioni meno forti. Ecco perché in queste condizioni parlare di sovranità per l’Isola è ridicolo. E’ sotto attacco da trent’anni quella degli Stati, immaginiamoci cosa puà rimanere alle Regioni! No, il dibattito nel pollaio politico sardo (e non solo) ricorda le fini discettazioni degli intellettuali di Bisanzio che, mentre la città era assediata, discutevano del sesso degli angeli.
In questa situazione neanche il jazz risece a togliermi dalla testa i pensieri e i concerti di grande qualità vengono sopraffatti dalla preoccupazione per ciò che ci attende.

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