I ladri di Pisa, che sian sardisti?

31 Marzo 2012
2 Commenti


Gianni Fresu

Il 21 scorso il Consiglio regionale ha approvato l’ordine del giorno n. 79 che sembra aprire una durissima vertenza con il governo nazionale, come si comprende fin dal suo oggetto: “Verifica dei rapporti di lealtà istituzionale sociale e civile con lo Stato che dovrebbero essere a fondamento della presenza e della permanenza della Regione nella Repubblica italiana”. Primo firmatario Giacomo Sanna, leader del Psdaz. Ecco su di esso una riflessione di Gianni Fresu.


In merito al famigerato ordine del giorno (n. 79, approvato dal Consiglio Regionale il 21 marzo, primo firmatario Giacomo Sanna), la prima reazione spontanea, vista la credibilità dei soggetti proponenti, è stata una sonora risata. Tuttavia, al di là di fin troppo semplici battute, quest’ordine del giorno è in sé preoccupante per la faciloneria con cui si imbocca una strada vischiosissima solo per avere spazio sui giornali e smarcarsi giusto in tempo per il certificato di verginità pre-elettorale. Spararla così grossa serve solo a depotenziare il significato degli strappi istituzionali e ad assuefare i cittadini a una politica fatta di annunci sensazionali cui non seguono mai fatti concreti. Una tendenza tipica del vecchio massimalismo socialista: nel Congresso del PSI del 1919 (l’apoteosi storica del massimalismo parolaio) vennero proposti al voto degli ordini del giorno che predisponevano la rivoluzione per la domenica successiva all’assise. Ecco, quella mi sembra la strada intrapresa oggi dal Consiglio regionale sardo.
Le parole sono importanti, e temo ci sia o incoscienza sul significato di quelle adoperate o, peggio, una consapevole strumentalità per nulla corrispondente a quel che sino ad oggi questi signori hanno fatto e, soprattutto, a quel che realmente intendono fare ora. L’ordine del giorno (patacca) testualmente recita: “Verifica dei rapporti di lealtà istituzionale sociale e civile con lo Stato che dovrebbero essere a fondamento della presenza e della permanenza della Regione nella Repubblica italiana”. Senza giri di parole ritengo che se la Lega avesse fatto approvare un dispositivo analogo in tanti avrebbero gridato allo scandalo. Fino a prova contraria, in un quadro costituzionale come il nostro, non è ipotizzabile alcuna verifica della “presenza e permanenza di una regione nella Repubblica italiana”. Anche il più somaro tra gli studenti di diritto costituzionale sa che l’Unità e indivisibilità della Repubblica, come del resto la forma repubblicana dell’ordinamento, sono principi non soggetti sindacato, transazione o modifica.
L’unica strada sarebbe, assolutamente legittima per carità, quella della secessione (con annessi e connessi). Ma se così fosse, tendenzialmente, mi verrebbe naturale nutrire qualche diffidenza sulla buona fede dei primi firmatari di questo Odg. Detta più brutalmente, se proprio dovessi dar credito a una prospettiva di quel tipo mi volgerei ad altri soggetti politici da sempre e con coerenza impegnati in quella lotta, non certo a chi fino ad ora ha esercitato e continua a esercitare ben altro ruolo nella dialettica Stato-Regione. Dietro quest’operazione mi sembra ci sia una gran voglia di spostarsi dal palazzo alla viglia del suo crollo, dopo averlo edificato con tanto impegno e amore (mattone per mattone), dando ovviamente la responsabilità del collasso ad altri. E’ chiaro, i governi Berlusconi, Prodi e Monti hanno una buona fetta di colpevolezza, forse la gran parte, per la condizione in cui versa la Sardegna, ma questo non cancella due dati che a me sembrano dolosamente nascosti sotto il tappeto:

1) I governi nazionali hanno potuto operare in un determinato modo perché sostenuti dalle classi dirigenti sarde, compresi i firmatari di questo Odg (patacca);

2) Le dolose responsabilità dei governi nazionali sono ampiamente compensate da quelle dei governi regionali, primo tra tutti, quello tutt’ora in sella che i principali proponenti dell’Ordine del giorno si guardano bene dal disarcionare.
Per quanto riguarda il dibattito a sinistra, il vero punto politico è aver dato sponda proprio alle forze politiche maggiormente responsabili del disastro sardo che, incuranti del proprio fallimento, cercano ora di scaricare le loro responsabilità sul governo nazionale e su rapporti di forza (Stato-Regione) fino a oggi sostenuti. Il discorso sarebbe stato diverso se i proponenti della maggioranza avessero legato all’ordine del giorno alcuni atti politici in grado di aprire realmente una vertenza durissima Stato-Regione: 1) staccare la spina al Governo Cappellacci; 2) dimettersi dai ruoli in Giunta e nelle Commissioni; 3) proporre le dimissioni dell’intero Consiglio regionale (e magari anche delle amministrazioni locali). Si è invece preferita la strada più semplice (quella che non fa perdere i “benefici” del ruolo istituzionale ricoperto) lasciando credere che (da questo momento!) la Regione Autonoma della Sardegna era pronta a intraprendere un percorso tanto grave da ridiscutere la propia appartenenza allo Stato italiano (nientepopodimenoche!). Detta brutalmente, mi sembra l’ennesima operazione politicista con cui si prendono per i fondelli i sardi, fare come “i ladri di Pisa” del famoso adagio popolare toscano, quelli che di giorno litigano e la notte vanno insieme a rubare.

2 commenti

  • 1 Franco
    31 Marzo 2012 - 06:58

    Ottima analisi. Io all’indipendenza della Sardegna ci credo, ma questa iniziativa non mi sembrava tanto seria e Lei ne ha bene evidenziato l’incoerenza e la poca credibilità dei soggetti.
    Purtroppo si tratta di un passo indietro nel cammino verso la sovranità dell’isola, buttare fumo negli occhi dell’elettorato non fa che reiterare certe pratiche furbesche sul quale campano certi politicanti. Questo mi sembra più un atteggiamento da servi che alzano la cresta per avere una razione più abbondante, ma nella sostanza cambia poco: si resta legati alle catene e non si scappa.

  • 2 leonardo alagon
    31 Marzo 2012 - 15:58

    Pienamente condivisibile il giudizio sull’ o.d.g. patacca: la credibilità di chi lo propone, le vere intenzioni, il nulla sull’identità e la lingua. Ciò che fa schifo è la seconda parte meschinamente, e come al solito, partigiana; coloro che hanno vinto le elezioni se ne devono andare a casa quanto prima per cosentire ai ladri di Pisa che le hanno perse di rimettersi in sella. La solita sceneggiata tra ladri di Pisa alle spalle dei sardi e della. sardegna.

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