Tobin tax: bene, ma è solo una tappa

12 Ottobre 2012
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Alfiero Grandi

Finalmente il Governo Monti ha cambiato la posizione dell’Italia sulla TTF, normalmente chiamata Tobin tax. E’ un fatto positivo.
Per 10 anni il veto di Tremonti e di Berlusconi hanno bloccato l’Italia in una posizione di retroguardia. Non va dimenticato che Tremonti ha dedicato le prime 10 pagine della relazione alla legge finanziaria del 2005 per dire tutto il male possibile della Tobin tax. Mentre in altri paesi anche i conservatori si stavano convincendo che misure di controllo e regolazione sui mercati finanziari, come è la Tobin tax, erano necessarie. Perfino Sarkozy si era dichiarato a favore e non è certo un progressista. Colpisce che il Primo ministro Cameron dichiari con tanta sicumera la sua contrarietà alla Tobin, quando il Presidente dell’Autorità di controllo inglese su borsa e finanza si era da tempo dichiarato a favore di fronte ai disastri creati da un mondo finanziario fuori controllo.
Il sistema finanziario mondiale è all’origine della crisi economica, con un conivolgimento delle banche, che hanno guadagnato dalle operazioni finanziare spericolate più che dalla loro normale attività, complice anche l’abbattimento della precedente distinzione tra banche commerciali (o retail) e banche d’affari.
Distinzione che fu creata dopo la crisi del 1929, proprio per impedire che le banche usassero i risparmi dei cittadini per speculare, con il risultato che i guadagni erano solo loro e le perdite portavano all’evaporazione dei risparmi dei cittadini.
Paul Krugman descrive bene nel suo ultimo libro la lunga e forte pressione del sistema finanziario - non solo americano - per abbattere il sistema di regole stabilito dopo il 1929. Purtroppo c’è riuscito. Il risultato è sotto i nostri occhi: la crisi finanziari iniziata negli Usa ha contagiato il mondo e l’economia reale, distrutto occupazione, ridotto i redditi, riportandoli indietro di 2 decenni. Siamo nel 5° anno di crisi economica e ancora non se ne vede la fine. Sono stati bruciati risparmi e milioni di posti di lavoro.
Gli Stati si sono svenati per tentare di salvare le banche dal disastro e impedire il tracollo del sistema economico e ora, dopo avere impiegato solo in Europa oltre 3.000 miliardi di euro, sono spinti da politiche neoliberiste verso drastici tagli e la contrazione delle spese, aggravando ulteriormente la recessione. Infine gli Stati sono entrati nel mirino della stessa speculazione finanziaria, che ora morde la mano che ha salvato il sitema finanziario.
La Tobin tax è il primo importante provvedimento di controllo sul sistema finanziario perché dimostrerà che non è vero che i movimenti finanziari sfuggono ad ogni possibilità di controllo. Altrimenti perché la finanza sarebbe così contraria ?
La Tobin tax serve non solo per conoscere quanto succede nel sistema finanziario ma impone alle banche un ruolo di esattore per conto degli Stati e quindi le vincola a controlli che altrimenti non esercitano.
La Tobin pur con un prelievo in sé molto modesto contrasta le operazioni finanziarie compulsive, che sono la sostanza della speculazione. Ci sono titoli che vengono trattati fino a 70/80 volte in un giorno e quindi gli speculatori dovranno pagare altrettante volte la tassa che a quel punto però verrà moltiplicata per n volte e inizierà a scoraggiare gli investimenti mordi e fuggi per favorire quelli più stabili, in genere produttivi.
Come tutte le tasse anche la Tobin porterà denaro nelle casse degli Stati e il Governo Monti infatti ha già previsto un gettito in entrata.
Dopo i disastri creati da una finanza fuori controllo questo è il primo provvedimento che si pone l’obiettivo di fare pagare qualcosa al mondo finanziario e di iniziare un sistema di controlli, di incentivi e disincentivi.
Si apre in sostanza una fase nuova ed importante in Italia e in Europa.
Il Governo italiano ha deciso sull’onda di una forte pressione. All’inizio il Governo Monti non era granchè convinto, come dimostrano anche le recenti dichiarazioni fatte in parlamento, più che dubbiose sull’utilità di introdurre la Tobin tax.
Da anni si era sviluppato un lavoro per convincere dell’utilità dello strumento proposto molti anni fa dal prof Tobin.
Tra il 2001 e il 2006, malgrado la destra avesse la maggioranza in parlamento, si arrivò alla Camera dei deputati a sviluppare un lavoro di elaborazione, fino alla presentazione di una proposta di legge unificata per introdurre la Tobin tax, in collaborazione con Attac. Su questa base la Tobin tax entrò come obiettivo nel programma del 2° Governo Prodi, infatti venne costituito un gruppo di lavoro interministeriale per seguirne l’introduzione. Purtroppo il lavoro del 2° Governo Prodi fu interrotto all’inizio del 2008 per l’interruzione della legislatura, anche se vanno ricordate le resistenze trovate in una parte della stessa maggioranza, che a parole aveva accettato il programma del Governo, ma in realtà fece perdere tempo prezioso.
Sono più di 10 anni che l’obiettivo della Tobin tax è in campo in Italia. Ora finalmente si vede la possibilità della sua introduzione in un gruppo di paesi, alcuni dei quali hanno già leggi approvate con questo obiettivo.
Dall’inizio l’obiettivo era raggiungere la convergenza di un certo numero di Stati per far partire la Tobin. Ora si potrebbe partire dal nucleo di 11 paesi che hanno deciso di introdurla in Europa, utilizzando la via della cooperazione rafforzata (come si è fatto per istituire l’Euro), per arrivare ad un trattato internazionale per adesione, come si è fatto per l’accordo di Kyoto sull’ambiente o anche per istituire il Wto.
La via dei trattati internazionali - a cui vengono conquistati nuovi aderenti via via, fino al numero necessario per entrare in vigore - si è dimostrato un buon modo per evitare di lasciare il diritto di veto a chi non ci sta.
Quindi introdurre la Tobin tax in 11 Stati europei è un primo passo e dovrà entrare nell’agenda del nuovo Governo che si costituirà dopo le elezioni politiche, come un obiettivo di lunga lena, per conquistarne l’introduzione non solo a livello europeo ma mondiale.
Infine una nota a margine. Nella decisione europea, ricopiata dal governo Monti c’è un punto poco comprensibile. I movimenti finanziari nel mondo sono ben oltre 600.000 miliardi di dollari, di questi la borsa e gli altri strumenti regolati sono una quota minore e in fondo la più controllata. Tanto è vero che negli Usa si discute della necessità di portare sotto il controllo della Sec e della Federal Reserve gli strumenti finanziari che ore ne sono fuori, come i derivati, i cds, ecc.
Tassare allo 0,1 % gli strumenti più controllati e solo allo 0,01 % quelli meno o per nulla controllati non è una scelta comprensibile e per di più fa perdere gettito fiscale.
Naturalmente oggi dobbiamo valorizzre tutti il risultato, ma resta questo problema che successivamente dovrà essere affrontato in modo più coerente con l’obiettivo di introdurre un sistema di regole efficace nel sistema finanziario.

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