Hobsawm, perchè riscoprire il marxismo

14 Ottobre 2012
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Maria Borio 

Hobsbawm, il grande storico marxista, autore de “Il secolo breve”, si è spento nei giorni scorsi, ma ci lascia un’immensa eredità culturale nei suoi scritti. Lo scorso anno ha pubblicato un bel saggio sull”attualità del marxismo. Ecco un recensione del libro apparsa su Micromega.
  
 

“Come cambiare il mondo”: questo il titolo dell’ultimo libro di Hobsbawm (Milano, Rizzoli, 2011), frase emblematica che, dallo scoppio della crisi economica nel 2008 ad oggi, risuona spesso tra le righe dei discorsi dei movimenti sociali e politici più coscienti e progressisti. Lo storico inglese ha raccolto i suoi saggi sul marxismo, scritti dal 1956 al 2009, a mo’ di tasselli interpretativi attraverso cui si osservano gli sviluppi di una delle ideologie più feconde del Novecento, ma anche le dinamiche politiche e sociali, non prive di controversie, che il marxismo ha determinato o che al marxismo sono collegate. Il volume miscellaneo di Hobsbawm non si pone, però, come un’apologia acritica del pensiero di Marx e dei suoi discendenti: quando l’autore parla di “riscoprire l’eredità del marxismo” fa riferimento alla necessità di recuperare alcune costanti concettuali di un pensiero che ha legato indissolubilmente la politica e la storia, la politica e la realtà. Lontano da qualsiasi tipo di storicismo, Hobsbawm evidenzia la storicità della filosofia marxista e del materialismo che la contraddistingue: la politica non è mai solo ideologia, l’ideologia non esiste davvero senza un riferimento alla realtà; la politica dovrebbe essere, quindi, ideologia applicata alla realtà e la politica dovrebbe avere il compito di fare la storia.
Nell’epoca del postmodernismo, che ha determinato un cambiamento drastico dei valori e degli assetti nella società occidentale, il principio materialistico si è andato via via assottigliando fino ad essere annullato: la fiction ha sopravanzato il reale. La politica è stata trasformata in una fiction di poteri; la società ha smantellato la coscienza di se stessa (che, secondo l’analisi di Hobsbawm, era riuscita a conquistare attraversando i conflitti tra le forze opposte del “secolo breve”, esemplate - nell’ambito marxista - dal binomio capitalismo-comunismo: cfr. E. H., Il secolo breve, 1994) perché regolata dai parametri della fiction. Quanto potrebbe sembrare plausibile a un cittadino di oggi la consonanza tra politica e realtà? Che cosa potrebbe affermare un cittadino di oggi chiamato a rispondere a una domanda sul significato della parola “storia”? L’appello e l’esortazione lanciate da Hobsbawm con questo suo ultimo libro stanno proprio nella volontà di portare l’attenzione sul senso materialistico del pensiero marxista per far sì che la politica e le forze sociali vengano riscoperte come presenze vive e attive, integrate con la realtà e su di essa parametrate.
Nell’ultimo saggio del volume, Marx e il movimento operaio: il secolo lungo, Hobsbawm sostiene che, falliti il comunismo e il neoliberismo, fallite l’economia sovietica e l’economia dell’“integralismo di mercato” tra il 1980 e il 2008, l’unica via per rispondere alla crisi è la scesa in campo delle forze sociali in modo che possano spostare la politica dai palazzi alla realtà. La crisi avrebbe bisogno di una risposta propositiva, realista e cosciente delle forze sociali, di cui la crisi stessa ha dimostrato la resistenza storica. Infatti, “i movimenti occidentali sono sopravvissuti perché, come Marx aveva previsto, la grande maggioranza della popolazione economicamente attiva dipende dai propri stipendi e salari”, perché “il divario tra ricchi e poveri e le divisioni tra gruppi sociali con interessi divergenti continuano ad esistere”, e perché “lo Stato-nazione non è in via di estinzione”: anzi, “la grande crisi economica […] ha portato all’immediata comprensione del fatto che lo Stato era essenziale per un’economia in difficoltà, così come lo era per il trionfo del neoliberismo, quando i governi ne avevano gettato le fondamenta mediante una sistematica privatizzazione e deregulation” (p. 413).
Esaurito il “secolo breve” dei conflitti laceranti (totalitarismo- democrazia, comunismo-capitalismo,…) si protrae il “secolo lungo” delle forze sociali che, oggi, sarebbero messe nelle stesse condizioni auspicate da Gramsci per l’intellettuale organico: quelle di dover capire che “la politica è in parte implicita nel concetto stesso di prassi”, perché “comprendere il mondo e cambiarlo sono la stessa cosa” (Gramsci, p. 322).
Con questo volume, Hobsbawm invita non solo il lettore specialista, ma anche il vasto pubblico a riflettere sul valore storico e culturale del marxismo, mettendo da parte l’ideologia e lo storicismo, e concentrandosi sulla storicità, su un recupero - in senso materialista - del fare politica. La panoramica dei saggi è esauriente. Hobsbawm si conferma lo storico organico e intuitivo che prova a dare risposte strutturate ai problemi attuali.

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