Cara Francesca, mio capitano, grazie di esserci

26 Dicembre 2013
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Amsicora 

Cara Francesca,

tu non sai quanto ho gradito i tuoi auguri! Sentivo che mi mancava qualcosa, fra le tante che desidero. Qualcosa di sincero, di non rituale fra i tanti auguri e messaggi di routine. Ora che ho ricevuto la tua lettera aperta, finalmente il mio mistero intimo è sciolto. Il mio animo è finalmente sereno.  Avevo bisogno di un tuo segno, che suonasse conferma, presenza, indicazione di un punto fermo per me, piccola parte del popolo errante. Ebbene sì, cara Francesca, era questo che rendeva il mio cuore vuoto, la mia mente spenta, il mio impegno fiacco, la mia speranza morta. Avevo bisogno di sapere che tu  ci sei, che non molli, che non ci lasci soli. Cosa sarebbe la nostra vita nei prossimi mesi senza te in campo! Senza la tua squadra! Non voglio neanche pensarci, mio capitano! E i prossimi anni,  senza la tua coscienza libera, senza la tua opera di governo, impreziosita dalla tua sensibilità femminile.
Cara Francesca, confesso, per un attimo ho pensato che le invidie e le male lingue ti avessero piegata, che i politici insinceri che ti circondano avessero fiaccato la tua fibra. Certo, cara Francesca, dev’essere stata dura, stare in mezzo a loro e tuttavia non essere toccata dalle loro cattiverie. Qualcuno ha insinuato che il tuo essere donna libera non ti abbia impedito d’essere  uguale ai consiglieri uomini nello spartirti somme destinate a fini istituzonali. Qualcuno ha perfino scritto che tu, anche tu!, hai preso quelle somme per aggiungerle alla tua lauta, ma mai così meritata e sudata, indennità di carica. Nessuno di questi ha voluto dare atto, ma lo faccio io ora, che tu hai subito la loro scelta. Loro, non tu, hanno deciso la spartizione, di mettere soldi pubblici, destinati a fini istituzionali, nel loro conto. Ma tu cos’hai fatto?  Ci vuole poco a capire, se si ha onestà intellettuale! Io lo so cos’hai pensato: se li rifiuto, vanno a finir male. Se li prendo, li salvo. Brava! E lo hai fatto sapendo quali fatiche ti avrebbero aspettato.  Lo hai fatto - diciamocelo - sapendo di caricarti una croce. Una dura croce: notte e giorno a incontrare compagni/e, cittadini/e, nel freddo, sotto la pioggia o col caldo afoso a dialogare con gli elettori. Ad onorare il mandato con un moto perpetuo, un incessante vai e vieni, come nella canzone di Patty “oggi qui, domani là”. Da una pompa di benzina all’altra.  
E che dire, cara Francesca, di quei giustizialisti da salotto che t’invitano a fare  un passo indietro? A lasciar libero il campo fino a che la magistratura non ti ridia l’onore, quasi che tu lo abbia perso, l’onore. Ma abbiamo bisogno di timbri e sigilli, di depositi di ordinanze e sentenze per intuire la purezza della tua anima? No!  Questo vale per Cappellacci, che è amico del capo dei malfattori. vale per Diana, Secci e Sanjust, colpevoli e mascalzoni per il solo fatto d’essere nel PDL. Non vale per chi - come te - ha sempre combattuto dalla parte giusta, per noi, per il popolo sardo. Grazie, dunque, per averci dato un segno mentre eravamo nella confusione, nel buio. Tu con la tua lettera hai acceso la cometa che ci indica la via. A noi occorre la luce per individuare la meta. Questo era ciò che ci mancava. La luce. E tu con la tua lettera ce l’hai data. Ora sappiamo dove andare. E di andarci non soli, ma con te. Non siamo più un popolo errante, ma un popolo in cammino. Grazie Francesca. E grazie a Matteo, che ha capito e non ci ha privato di te. Grazie, e sappi che noi saremo sempre con te nella gioia della vittoria e nel dolore del processo. E saremo con te se un Giudice, cieco, sordo e muto, non saprà vedere ciò che a tutti gli uomini di buona volontà è evidente: tu hai salvato quei soldi per stare con noi, oggi qui, domani là, sempre con noi, sempre, da un distributore all’altro, incessantemente. Per questo sei nei nostri cuori a dispetto dei legalisti ipocriti, degli intellettuali disonesti e dei politici tramatori. Francesca, mio capitano, grazie di esserci.

   

 Ecco ora il nostro più bel realo di Natale, il messaggio natalizio di Francesco, pardon di Francesca ai sardi.

Buona “Paschighedda” a tottusu…
“Un Natale di valori e semplicità con l’auspicio di riconquistare serenità e fiducia. Verso il prossimo e soprattutto nel futuro. Mai come in queste ore le frasi augurali travalicano il rito e le consuetudini e si trasformano in un impegno nuovo e sincero per quanti hanno a cuore le sorti della Sardegna. Per la politica - tutta - significano ritrovare le ragioni della partecipazione, della solidarietà, della passione. Per i politici – tutti - vogliono dire assunzione di responsabilità. Piena e totale. La stessa che assumo davanti a tutti i sardi come candidata del centrosinistra per la guida della nostra Regione.
Responsabilità per offrire risposte efficaci ai troppi drammi che sconquassano i nostri paesi e le nostre città e che preoccupano le nostre famiglie e la nostra comunità. Responsabilità dinanzi alle troppe questioni insolute che aggravano la nostra condizione economica e sociale, al cospetto di una crisi globale che in Sardegna ha però mostrato il suo volto peggiore. Quello della mancanza del lavoro e dell’assenza di prospettive che hanno trasformato le difficoltà dei singoli in una sfiducia collettiva che ingessa il sistema produttivo e appesantisce le reti di tenuta sociale. Difficoltà e disagi che nessuno di noi può pensare di superare in solitudine facendo ricorso solo alle proprie forze o alle proprie risorse. E’ evidente quanto le difficoltà e le penalizzazioni che affrontiamo siano gravi e complesse e come possano superarsi soltanto insieme e con una grande unità di popolo. La stessa che i sardi hanno dimostrato davanti ad una delle più grandi tragedie dei tempi nostri. Lo spirito di fratellanza e di solidarietà che ci ha accompagnato nei giorni dell’alluvione che ha colpito il nuorese, la Gallura e il Campidano, sono i valori che ciascuno di noi sente nel profondo dell’animo e che, sono certa, rappresentano non soltanto il pensiero più sincero e dolce che ci attraverserà per dare un senso ancor più profondo al nostro Natale dei valori autentici, ma sono soprattutto la nostra forza e il nostro orgoglio. Sono i pilastri su cui poggiare i nostri progetti, i nostri sogni e le nostre speranze.  In una parola il nostro riscatto.
Per queste ragioni, nei giorni in cui prevale la politica del gambero (quella che domanda i passi indietro) affermo che tutti, invece, siamo obbligati a fare un passo in avanti.
Un passo in avanti deve farlo la politica evitando di attardarsi negli antichi rancori, tra i vecchi steccati, nella ricerca di improbabili vendette o anacronistici privilegi, per ritrovare la proposta, il progetto condiviso, la soluzione alle emergenze ma soprattutto la strada del domani e una visione di insieme che dia prospettiva ad ogni azione di governo.
Un passo in avanti deve farlo la Sardegna intera, con i suoi imprenditori, i suoi lavoratori, con le organizzazioni delle imprese e i sindacati, per fare occupazione, produzioni, “lavoro buono” e restituire la dignità a chi oggi il lavoro non ha più, lo cerca o ha persino smesso di cercarlo.
Un lavoro di squadra, così lo chiamano in molti, ma io dico: un’impresa da sardi. Autentici e orgogliosi. Interpreti della nostra identità di popolo mai arreso.
Per questo affermo che per riprenderci il nostro futuro, i nostri diritti e la nostra speranza, io ci sono e ci sarò, come sempre ho fatto nella vita da privata cittadina, da militante di partito e da politica sarda. Ci sono e ci sarò con i miei difetti, con il mio essere donna impegnata in politica, con i limiti che sono propri degli uomini e delle donne del nostro mondo ma soprattutto c’ero, ci sono e ci sarò con la mia onestà, con la mia coscienza libera, con la mia determinazione ed il mio amore per la Sardegna.”

Bona Paschighedda a tottus,

Francesca Barracciu

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