Malaffare in politica. Quanti paradossi!

13 Dicembre 2014
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Amsicora

Non vi capita di pensare ai paradossi che presenta la cronaca quotidiana? Per esempio, si stigmatizza giustamente il malaffare, sopratutto quello politico-amministrativo, si invocano pene severe e repulisti intransigenti  poi si condannano le espulsioni nel M5S. Non voglio ovviamente entrare nel merito delle singole vicende personali. So solo che i cinquestelle, anche in ragione del carattere liquido del loro movimento, hanno fondato le candidature sulla sottoscrizione di una carta, che impone condotte rigorosamente virtuose. Libero ciascuno di accettarle e candidarsi, o di rifiutarle e non essere inserito in lista. Ma - secondo voi - è eticamente corretto, dopo l’elezione, venir meno al patto? Prima firmare ed essere miracolati da un’elezione, mai e poi mai conseguibile da soli, e poi violare questa o quella calusola,  guarda caso spesso quella riguardante il trattamento economico. Su questo punto, forse non tutti sanno, anche se si intuisce, che una legislatura può sistemare tante cose per una persona comune, destinata a non essere rieletta. Ad esempio, con l’incasso dell’indennità piena, in una legislatura, un parlamentare può incamerare un milioncino di euro. Può acquistare un buon appartamento e attendere poi il vitalizio. Ma anche darsi un tenore di vita di gran lunga superiore a quello ordinario. Ed allora la lusinga è forte, l’idea di mettersi in proprio è appetibile. La violazione del patto appare poca cosa in un ambiente rotto alla malapolitica, tanto più che la stampa e tutti i “liberi pensatori” sono pronti a stigmatizzare l’espulsione, reperto archeologico della politica che fu.
Eppure, a ben pensarci, questa è stata una regola base nei partiti espressione del Movimento operaio. Marx è stato variamente giudicato, ma ha sempre considerato l’etica pubblica uno dei presupposti della politica del movimento dei lavoratori e lui stesso, per dedicarsi completamente alla causa, che ha servito sopratutto coi suoi studi feroci ed estremi, è sempre vissuto in povertà, soccorso dall’amico Engels, che invece aveva qualche disponibilità economica, facendo parte di una famiglia di imprenditori. Questa è stata la preoccupazione prima del PCI: l’etica pubblica stava al primo posto, un iscritto al partito comunista doveva essere anzitutto un cittadino integerrimo, tanto più se chiamato a svolgere compiti di partito o eletto in organi rappresentativi. Doveva essere d’esempio agli altri. Anche nel PCI gli eletti erano vincolati dall’obbligo di versare un’alta percentuale dell’indennità di carica al partito e, pur godendo di una posizione privilegiata, gli eletti erano sempre vincolati, vita natural durante, da un obbligo politico di contribuzione al partito in ragione dell’entità del proprio reddito. Almeno fino a quando questo partito rimase in vita queste regole venivano generalmente rispettate almeno se si intendeva rimanere nel partito.
La sanzione, la certezza della pena è una componente ineliminabile di un sistema governato da regole e dunque caratterizzato da un’etica accettabile.
Volete sentire un altro paradosso, o almeno a me così pare? Grillo ha puntato sulla rete e anche Soru ha detto che intende ampliare le adesioni al PD attraverso l’iscrizione online. E’ una prospettiva affascinante quella della rete, anche perché può favorire talune forme di democratizzazione delle scelte, come apprendiamo dagli studi sulla partecipazione alle decisioni pubbliche. Tuttavia le vicende del M5S, volte a preservare il rigore etico del movimento e il bagno nel malaffare degli altri partiti, tutti liquidi, m’inducono a pensare che tornare a schemi del passato forse potrebbe favorire l’etica nella politica. Per esempio, bandire le iscrizioni facili, tantomeno quelle online e richiedere che per l’iscrizione si sia presentati e proposti da un iscritto di comprovata serietà. Pensare anche ad un periodo di pre-iscrizione, una sorta di periodo di prova fino alla iscrizione vera e propria. Certo poi si possono intrecciare queste regole di base con l’immancabile utilizzo della rete nell’informazione e nell’assunzione di talune decisioni semplici e minori, ma terrei ferma la discussione assembleare per le deliberazioni più meditate sul programma o sulle questioni di maggior rilievo. Il partito liquido è anche più facilmente infiltrabile. Il PD mostra di essere ormai tanto infiltrato ngli organi decisionali da far ritenere che siano in esso ormai minoritari o rari i galantuomini. Quando la Costituzione dice che i partiti concorrono con metodo democratico alla politica nazionale, intende dire che lo fanno in modo partecipato, con onore e disciplina e tenendo conto degli interessi della nazione, ossia dell’interesse pubblico, come impone l’art. 54. Forse è qui che bisogna cercare un ritorno ad un’etica pubblica accettabile, più che nell’inasprimento delle sanzioni penali, già di per sé, se applicate ed effettive, sufficienti. Ma è più facile fare i forcaioli general-generici che applicarsi puntigliosamente a ripulire la casa propria, anche perché in questo caso lo scontro diventa fratricida e si sta dall’altra parte.

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