Nel Sulcis tra Salvatore Cadeddu, Basilio e i marò

7 Gennaio 2015
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Andrea Pubusa 

 

 

A fine 2014 sono andato più di una volta nel Sulcis. Prima con un gruppo di amici e compagni sulle tracce di Salvatore Cadeddu, il martire della Congiura di Palabanda del 1812 (s’annu doxi), che in quel di Nuxis andò latitante per sfuggire ai dragoni del re, che gli davano la caccia. Ci sono versioni confuse imtorno a questa latitanza, su cui però ha fatto chiarezza Antioco Pabis, molto vicino alla famiglia Cadeddu, in quanto precettore dei figli di Giovanni, fratello di Salvatore, condannato all’ergastolo per la stessa congiura. Pabis in un memoriale, scritto a metà dell’Ottocento e pubblicato in appendice al libro di Federico Francioni “Storia segreta della Sardegna fra Settecento e Ottocento”, ed. Condaghes, Sassari 1996, pag. 192 s., così ricorda la latitanza: l’Avv. Salvatore Cadeddu “dacchè se ne partì, o per meglio dire se ne fuggì da Cagliari, se ne andò ai salti del Sulcis, ed ivi fu raccomandato a Luigi Impera, il quale nel salto di Tatinu lo collocò nella grotta denominata Conca de Cerbu distante dal suo caprile non più di venti minuti, ed ivi con frequenza veniva visitato dall’Impera, e spesso provveduto del bisognevole”. Poi sappiamo com’è andata. Trasferito a S. Giovanni Suergiu per tentare l’imbarco verso la Corsica l’avv. Cadeddu fu arrestato dai dragoni su delazione di certo Antioco Giuseppe Locci, proprietario terriero del luogo.

Siamo, dunque andati a Tattinu a ricordare questo martire per la libertà e poi abbiamo concluso la giornata al Ristorante Letizia di Lele Fanutza a mangiar funghi, godendo della buona cucina e dell’ottima recitazione di Rita Atzeri. Un pellegrinaggio laico, il nostro, coerente anche nel finale. Pensate che Salvatore Cadeddu abbia dato la vita per darci una libertà seriosa? O, al contrario, si sia battuto per consentirci d’essere felici e, dunque, anche di ripescare lui dalla damnatio memoriae imposta dai Savoia e ricordarlo in allegria?

Poi sono tornato nei salti del Sulcis fra Natale e Capodanno con la velleità di fare il contadino, ma, a parte la potatura di alcune piante d’olivo, ho fatto ben poco, come agricoltore. Come vacanziero, invece, ho fatto di più. Succede così ogni volta! Eccomi dunque a P. Pino da Basilio, che, fra una portata e l’altra, mi ha dato conferma che quest’anno il Jazz si farà di nuovo d’estate, secondo la tradizione. Questa edizione di fine d’anno in una S. Anna Arresi senza l’attrattiva dei bagni non pare aver dato i risultati sperati. Molto divertente comunque  la notte del 31 con una band scoppiettante al Palanuraghe. E’ bello festeggiare il nuovo anno in compagnia e con buona musica, anche se tutt’intorno si sente che la crisi ha scavato a fondo nell’economia e nella testa delle gente.

In effetti, queste puntate nella mia zona d’origine sono sempre occasione per personali inchieste. E stavolta mi è rimasta impressa la risposta unica, a S. Anna come a Giba, a Nuxis come a Santadi, alla mia domanda: “come va da queste parti“? “Il paese è morto”, dicono dappertutto e tutti, il macellaio, il muratore, il barista, il falegname e la dolciaria. Poche parole per dire tutto, per indicare il dramma. Ed in effetti, mentre con Gianna facciamo due passi in questo o quel paese, ciò che colpisce è che la sera non incontri anima viva. Tante case chiuse e in vendita, altre abbandonate e in disfacimento (lontani abbandoni? antiche emigrazioni? liti ereditarie irrisolte?), altre sprangate. Coprifuoco dappertutto alle 18! Tutti a casa a guardare la TV?! E con le finestre ermeticamente chiuse, da cui non filtra neppure un filo di luce. Sembra che chi sta in casa voglia evitare di vedere fuori, quasi che l’isolarsi fra le mura domestiche esorcizzi il dramma sociale circostante.
Mentre attraverso le strade deserte e sono assalito da questi pensieri, giungo nella piazza principale di Santadi e nella facciata del Municipio scorgo una grande scritta colorata, tipo gli striscioni delle manifestazioni di piazza. Mi avvicino incuriosito. Che si reclamizzi qualche iniziativa culturale? O, almeno così spero, una protesta per la disoccupazione dilagante? Un grido di lotta contro chi ha ridotto il Sulcis nel territorio più povero d’Italia? Ma, quando la scritta è alla portata dei miei occhi, rimango paralizzato ed incredulo: “Si esprime solidarietà ai marò Salvatore Girone e Massimiliano La Torre”. Sì, proprio così: “Si esprime solidarietà ai marò Salvatore Girone e Massimiliano La Torre”. Due fucilieri accusati d’essere fucilatori di due inermi pescatori in mari lontani e per questo perseguiti nella pur lontana India. Qualcuno obietterà che una cosa è essere accusati, altra è la condanna passata in giudicato dopo un giusto processo. Presunzione d’innocenza sempre e dovunque. Altri dirà che il processo, per essere giusto, dev’essere anzitutto rapido. E in India la stanno menando per le lunghe, senza che se ne veda la fine e se ne capisca la ragione. Tutto vero. Ma sta di fatto che i due poveri pescatori sono tornati anzitempo al Padre Eterno e non per morte naturale, ma perché presi a fucilate dalla nave dove erano, in funzione di fucilieri, i nostri due marò (sulla vicenda non esiste solo la vulgata de Il giornale, v., in senso critico,
http://www.zeroviolenza.it/component/k2/item/21891-i-due-mar%C3%B2-quello-che-i-media-e-i-politici-italiani-non-vi-hanno-detto ). E sta di fatto che, passando dall’India a Santadi, qui ci sono drammi gravi che giustificano più di una scritta, da esporre in piazza. Non vi sembra un dramma nel dramma che, a fronte di tutto questo, a Santadi in municipio pensino ad esporre uno striscione inneggiante a due militari su cui grava un pesante sospetto e più di un indizio? In effetti, la gente sradicata dal lavoro, chiusa in casa con le finestre sbarrate sulla strada e con l’occhio rivolto perennemente alla TV, finisce per essere alienata. Sì, non riesco a pensare ad altro, cos’è questa se non alienazione, indotta e autoprovocata? Solo falsi eroi possono offuscare le menti. Mentre quelli veri come Salvatore Cadeddu, impiccato dai Savoia nei pressi del mercato di S. Benedetto nel 1813, e latitante a Tattinu allora in agro di Santadi, nessuno lo ricorda nel Sulcis né altrove. Un  eroe vero dimenticato e falsi eroi elevati agli onori degli altari. Così va il mondo.

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