Anzitutto la difesa della Costituzione

18 Luglio 2016
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Alfiero Grandi

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Sabato si è svolta a Roma l’assemblea dei 400 comitati per il NO. Ecco uno stralcio della relazione introduttiva. 

Quando abbiamo iniziato la nostra campagna pubblica l’11 genanio 2016, nell’aula dei gruppi della Camera dei Deputati, eravamo forti di competenze indiscusse e di diversi apporti di grande qualità ed esperienza. Ora abbiamo una base di riferimento importante e diffusa nel territorio nazionale, per creare la quale è stato decisivo l’apporto dell’Anpi, associazione che per noi costituisce un punto di riferimento morale e politico nella battaglia per difendere i valori della Costituzione. Respingiamo la finzione politica e giuridica che distingue, meglio ancora divide tra prima e seconda parte della Costituzione. Infatti l’attuazione reale dei valori costituzionali dipende dalla qualità e dalla effettiva rappresentanza dei cittadini, che debbono sempre potere eleggere tutti i loro rappresentanti, e da un sistema di decisione istituzionale che non tradisca la prima parte attraverso un accentramento delle decisioni in poche mani, tale da poter stravolgere nell’attuazione i valori della prima parte della Costituzione.
Per noi tra Costituzione e legge elettorale c’è un intreccio stretto, inscindibile. Sono due aspetti dello stesso problema e abbiamo sempre guardato ai due aspetti che, insieme, prefigurano un vero e proprio cambio di sistema istituzionale, la cui influenza inciderebbe pesantemente sulle condizioni di vita delle persone.
Per questo abbiamo accolto con speranza il contributo che via via è venuto al nostro lavoro da associazioni, che sono entrate nei direttivi dei due Comitati, e da singole personalità.
Per quanto riguarda la Costituzione abbiamo deciso di consegnare le firme malgrado il mancato raggiungimento delle 500.000 necessarie per essere riconosciuti come soggetto referendario a pieno titolo. Non avere centrato l’obiettivo non ci ha consentito di aggiungere alle rappresentanze dei parlamentari, come avremmo voluto, un soggetto referendario a pieno titolo, espressione delle elettrici e degli elettori, come prevede l’articolo 138. Tuttavia la raccolta delle firme ha permesso di rendere evidente a livello di massa un pilastro della nostra posizione, che ha sempre considerato Costituzione e legge elettorale due aspetti tra loro inscindibili. Così abbiamo contribuito a mettere in discussione insieme lo stravolgimento della Costituzione contenuto nella legge Renzi-Boschi, a partire dalla non elettività dei senatori, e una legge elettorale sbagliata ed ipermaggioritaria come l’Italicum, che per di più sottrae agli elettori il diritto di eleggere almeno i 2/3 dei deputati.
Lo scambio di cui si sta discutendo tra la modifica di un provvedimento per l’approvazione dell’altro è un grave errore politico, che per di più sottovaluta che gli errori delle modifiche della Costituzione, sempre più evidenti a tutti, dovrebbero essere corretti da un parlamento eletto con una legge - se possibile - perfino peggiore del porcellum.
Il referendum sulle modifiche della Costituzione ci sarà. Già l’11 gennaio siamo stati in grado di annunciare che c’era un numero sufficiente di deputati impegnati a chiedere il referendum. Il referendum è un diritto che l’articolo 138 della Costituzione affida a diversi soggetti che lo possono esigere perché non sono d’accordo, tra i quali non è previsto il governo. Referendum che è possibile perché l’approvazione non è arrivata ai 2/3 dei parlamentari richiesti, malgrado la distorsione della rappresentanza elettorale dovuta agli effetti del procellum.
Il referendum è un diritto esigibile perché in parlamento i numeri non ci sono stati, malgrado la distorsione della rappresentanza. Quindi il referendum ci sarà, anche se ora il governo e i suoi sostenitori sono meno sicuri del successo e sembrano cercare scappatoie o rinvii, mentre prima davano per scontata la loro vittoria.
Questo è un risultato della nostra iniziativa che ha contribuito a renderlo contendibile.
Non crediamo più di tanto ai sondaggi che danno vincente il NO, il risultato del referendum è tuttaltro che scontato. Ci aspettiamo una durissima campagna elettorale. Abbiamo già toccato con mano una sorta di pensiero unico nell’informazione, forse maggiore di qualunque altra fase politica. Sappiamo che il governo via via sta correggendo l’alternativa che all’inizio ha posto agli elettori. Dal plebiscito pro o contro Renzi si sta passando ad un’alternativa tra il caos, che verrebbe causato dalla vittoria del NO, e la pressione per un’accettazione subalterna e costretta delle modifiche costituzionali.
Non abbiamo accettato all’inizio una versione del referendum come scelta pro o contro Renzi. Infatti l’alternativa non è mai stata tra Renzi e il diluvio. Ora non accettiamo il ricatto del caos che si cerca di evocare per imporre comunque queste modifiche costituzionali e il mantenimento della sostanza della legge elettorale.
Per noi gli elettori debbono rispondere ad un quesito semplice: se accettare o respingere modifiche costituzionali che alterano pesantemente l’equilibrio dei poteri previsti dalla Costituzione nata dalla Resistenza. Certo, in futuro potranno esserci aggiustamenti del funzionamento istituzionale, come ci sono già stati in passato, ma non stravolgimenti dei principi della Costituzione. In particolare non è accettabile lo stravolgimento della rappresentanza degli elettori, la riduzione di un ramo del parlamento a un dopo lavoro di lusso, il ribaltamento dei poteri che passano dal parlamento al governo, che diventerebbe così in futuro il vero dominus del futuro istituzionale e quindi decisionale, fino a decidere perfino l’agenda dei lavori del parlamento. Così si scivola verso un paese governato come una finanziaria, dando vita ad una sorta di consiglio di amministrazione dell’Italia, che forse proprio per questo trova tanti consensi nel mondo imprenditoriale e finanziario, abituato al potere assoluto nel governo delle aziende da parte di chi ha la maggioranza nel consiglio di amministrazione e ha la maggioranza degli azionisti dalla propria parte.
Infatti il governo punta ad afefrmare un sistema politico in cui gli elettori votano ogni 5 anni, lasciando il governo libero di decidere tutto e il suo contrario tra un appuntamento elettorale e l’altro. E’un grave capovolgimento della democrazia partecipata e attiva che la Costituzione della nostra Repubblica ha introdotto e che pur in un cammino faticoso e complesso durante 70 anni ha consentito di mantenere la dialettica sociale e politica entro un alveo democratico e costituzionale.

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