Obama: “contro la paura scegliamo la speranza”

20 Gennaio 2009
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Red

Dopo il giuramento davanti al Campidoglio, Barack Obama è diventato ufficialmente il 44mo presidente degli Stati Uniti. L’America ha chiuso un capitolo della propria storia e inizia a scriverne un altro, forse completamente nuovo. Il presidente eletto ha posato la mano sulla Bibbia, promettendo di ”preservare, proteggere e difendere la Costituzione degli Stati Uniti”. Obama è stato l’ultimo protagonista in ordine di tempo di una cerimonia che si ripete, con poche varianti, dal 30 aprile 1789. Più di due milioni di persone si sono date appuntamento sul Mall di Washington per assistere allo storico evento. Nel suo discorso Obama si è rivolto ai suoi concittadini, chiamati con lui a “mettersi al lavoro per rifare l’America”, e ai cittadini del Mondo.
Quali le impressioni? Anzitutto sensazioni forti, quelle che si vivono nei momenti storici. Intanto perché a fare il discorso è lui, un afroamericano. C’è qui già il sogno, quello di M L. King, ma che è stato di noi tutti democratici nel mondo. Poi c’è quel richiamo insistente ai padri fondatori, che in America significa rapportarsi ai valori rivoluzionari da cui questa nazione è nata. Può apparire vuota retorica, ma non lo è. Gli States vivono da sempre una irrisolta contraddizione fra l’anima rivoluzionaria e libertaria della lotta anticoloniale e della Dichiarazione dell’indipendenza e quella gelida che si fonda sugli spiriti selvaggi del capitalismo, della forza e della sopraffazione. Spesso in questo grande popolo manca il bilanciamento: è l’anima yankie prevale su quella libertaria delle origini. Bush e Reagan hanno rappresentato questo volto duro degli USA. Obama è senza dubbio sulla prima strada e lo ha detto nel suo discorso quando ha teso la mano all’Islam (la religione di suo padre), e ha promesso di lottare contro la povertà non solo all’interno, ma su scala planetaria. Ha richiamato alla solidarietà e allo sforzo comune, quando ha auspicato un’azione coraggiosa per risollevare l’economia e, in particolare, aiutare chi più ne ha bisogno. L’economia è in crisi a causa dell’irresponsabilità e della cupidigia di alcuni e della mancanza di decisione di altri e bisogna agire subito. Il mondo è cambiato - ha detto il presidente - e noi cambieremo con lui, puntando sulle sue risorse alternative. Bush ha fondato la sua presidenza sulla paura. Obama ha manifestato con chiarezza la sua opzione per la speranza contro la paura. Sembra di sentire nelle sue parole un’attualizzazione dei grandi principi che hanno portato nel secondo dopoguerra alla Carta dell’ONU e alla Costituzioni democratiche come la nostra. Prevalenza della solidarietà sulla sopraffazione, della pace sull forza, della collaborazione sulla divisione e l’inimicizia, della speranza sulla paura. E questo per il popolo americano, ma anche per i popoli del mondo è uno stimolo fortissimo alla mobilitazione delle energie e delle coscienze migliori.
Questo spirito nuovo che pervade il pianeta ben lo ha colto uno dei grandi del Novecento, Nelson Mandela, che ha salutato Barack Obama come “una nuova voce di speranza per rendere il mondo un luogo migliore” e ha paragonato, su scala planetaria, la sua investitura allo storico passaggio alla democrazia in Sudafrica. Possiamo riconoscerci tutti - come democratici - nella parole che l’eroe anti-aparteid ha indirizzato, in una lettera, al nuovo presidente Usa prima della cerimonia di insediamento: è un momento “davvero storico” - ha detto Mandela - per gli Stati Uniti e per il mondo. “La gente, non solo nella nostra nazione ma in tutto il mondo, crede che attraverso gli sforzi comuni l’ingiustizia può essere sconfitta e che possiamo raggiungere una vita migliore”.
E’ un ritorno alla ragione e alla normalità democratica dopo anni di strappi e di forzature, che hanno reso il mondo invivibile. E già questo è una rivoluzione. Certo, Obama non risolverà tutti i problemi. Dovrà anche lui, come Kennedy, fare i conti con l’altra anima americana, quella dura e prevaricatrice, con lo spirito di potenza e di rapina. Ma il nuovo presidente, anche per la sua storia personale, ha tutti gli anticorpi per far prevalere l’anima migliore del suo popolo. E lo ha detto chiaramente nella campagna elettorale e lo ha confermato nel suo discorso d’insediamento.

E noi? Noi tiriamo un sospiro di sollievo e speriamo nell’effetto di trascinamento che un leader così atipico ed energico può determinare nel mondo e nel nostro Paese.

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