Legittima difesa o grossolana cavolata?

6 Maggio 2017
2 Commenti


Andrea Pubusa

La legittima difesa, conosciuta praticamente da tutti gli ordinamenti in tutte le epoche, risponde ad esigenze di diritto naturale. E’ un principio logico prima che giuridico pensare che chi sta per ricevere un’offesa possa nell’immediatezza reagire con un’azione di difesa idonea a neutralizzare il pericolo. Nello Stato di diritto nessuno può farsi giustizia da sé, ma il ricorso al giudice si può evitare lecitamente quando la difesa del proprio diritto può avvenire mentre esso è messo in pericolo. Un’applicazione si ha anche in materia di possesso dove si può reagire allo spossessamento mentre esso è in svolgimento o subito dopo.
Ora, in questi istituti che rispondono a elementari principi di giustizia e di buon senso, l’elemento più delicato è il rapporto fra azione e reazione. Dev’esserci proporzionalità, ossia la difesa dev’essere proporzionata all’offesa. Se uno mi dà uno schiaffo posso rispondere con uno schiaffo, forse con un pugno, ma non con una pistolettata. Non posso uccidere se la mia vita non è in pericolo. Se c’è eccesso volontario o colposo nella legittima difesa  si compie uno specifico reato. Ma anche qui esiste un temperamento, la c.d. legittima difesa putativa, che esclude la punibilità quando l’eccesso, per un giustificato errore di valutazione della situazione concreta, è involontario e dunque non  colpevole.
La legittima difesa ha subito un’evoluzione e un’affinamento nel tempo. Così l’art. 376 del cod. pen. Zanardelli prevedeva una violenza in atto e non anche - come il vigente art. 52 c.p. - il pericolo attuale di un’offesa ingiusta. La possibilità per l’interprete, di valutare (anche) l’entità del pericolo attuale di un’offesa e non solo di un’offesa in atto, contribuisce senz’altro a favorire un giudizio relativistico e quantitativo più aderente alle situazioni reali. E’ ammissibile inoltre una contro-reazione tollerabilmente superiore al male minacciato, anche contro il pericolo di una violenza, ma deve sempre mantenersi entro i confini della proporzionalità tra offesa e difesa. Insomma, la proporzionalità non va  intesa quale “matematica equivalenza tra offesa e difesa”, quanto piuttosto come “conveniente rapporto di equilibrio, determinato dalla considerazione di tutte le circostanze del caso concreto”.
La legittima difesa è destinata, come è avvenuto in passato ed avviene in molti contesti, a subire un’espansione applicativa a seconda del grado di insicurezza esistente in una società. Quindi oggi è in espansione. E tuttavia ci sono sicuramente limiti invalicabili, costituiti dal fatto che difendersi legittimamente significa non dare mai a nessun aggredito la possibilità di “trasformare” la sua reazione in un lasciapassare per la spavalderia e la vendetta o la punizione privata. Non si possono, ad esempio, restringere al massimo, se non addirittura eliminare, i casi di commodus discessus (la c.d. fuga dignitosa), che può evitare al fatto di degenerare.
Altro criterio storico invocato da dottrina e giurisprudenza riguarda il tipo di mezzi reattivi di cui l’aggredito dispone, come nell’esempio di colui che trovandosi a fronteggiare un aggressore armato di bastone, non abbia altra scelta che quella di utilizzare un fucile, se non cagiona la morte dell’aggressore.
Quindi, come si vede, la legittima difesa nella disciplina attuale ha un’elasticità che consente di tenere conto anche dell’ambiente in cui l’azione si svolge e di ogni altra circostanza per valutare l’adeguatezza della difesa a sventare l’offesa.
Ciò detto sull’oggi, cosa prevede il testo appena passato alla Camera? Sembra voler ritracciare i confini della legittima difesa. Viene specificato che si considera legittima difesa la reazione a un’aggressione in casa, in negozio o in ufficio commessa di notte o all’introduzione con violenza, minaccia o inganno. Resta comunque ferma la necessità che vi sia proporzione tra difesa e offesa e l’attualità del pericolo. Già oggi si ammette che vi sia proporzione se la difesa anche con armi riguarda un’aggressione domiciliare che mette in pericolo la propria o l’altrui incolumità oppure, ma in questo caso solo quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione, se si difende il proprio patrimonio.
Viene però introdotta una nuova figura: il turbamento che esclude la colpa. Nella legittima difesa domiciliare approvata dalla Camera è sempre esclusa la colpa di chi spara se l’errore, in situazioni di pericolo per la vita e la libertà personale o sessuale, è conseguenza di un grave turbamento psichico causato dall’aggressore. Ma questa situazione introduce un’analisi di tipo psicologico di difficile accertamento, senza considerare che in tali circostanze il turbamento è in  in re ipsa come dicono i giuristi, cioé è naturale, salvo essere il Clint Eastwood del cinema. Ma anche di questo elemento si deve attualmente tener conto nel valutare la legittima difesa putativa, che, se involontaria, come si è detto, rende incolpevole l’eccesso di legittima difesa.
Come si vede, la “riforma”, come in tante recenti vicende legislative, peggiora la situazione, rendendo più rozza e di difficile applicazione una disciplina che il lavorio della giurisprudenza teorica e pratica ha affinato consegnandoci uno strumento non grossolanamento punitivo, ma di giustizia.
Pura demagogia è anche la previsione dell’assistenza legale a carico dello Stato, nel caso in cui sia dichiarata la non punibilità per legittima difesa. Comunque questo è il danno minore.

2 commenti

  • 1 Oggi sabato 6 maggio 2017 | Aladin Pensiero
    6 Maggio 2017 - 09:15

    […] difesa o grossolana cavolata? 6 Maggio 2017 Andrea Pubusa su Democraziaoggi. La legittima difesa, conosciuta praticamente da tutti gli ordinamenti in tutte le epoche, risponde […]

  • 2 Antonello Murgia
    6 Maggio 2017 - 10:53

    credo che la caratteristica principale della legge sulla legittima difesa votata dalla Camera, sia l’ideologia liberista: l’esercizio della violenza ritenuta necessaria per difendere i cittadini viene in parte sottratta allo Stato e restituita ai cittadini (come nelle società primitive). Meno Stato e più mercato in economia, meno Stato e più “fai da te” nell’ambito della sicurezza, meno Stato e più Far West in tutti i diritti fondamentali. E anche l’idea di libertà diventa di tipo più liberista: la libertà è sempre meno partecipazione alle decisioni comuni e sempre più avere le mani libere per risolvere i problemi individuali. Si abbandona la dimensione collettiva per favorire quella individuale, non assieme agli altri, ma spesso contro gli altri. E credo che l’impegno dei democratici debba essere oggi indirizzato soprattutto a contrastare il pensiero unico neoliberista, a farne capire i devastanti effetti in tutti i campi e a proporre con forza la necessità di rivitalizzare i luoghi del confronto democratico e della partecipazione

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