Revisione art. 81: regressione costituzionale

20 Agosto 2017
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Gianni Ferrara

Un commento a caldo, ma sempre attuale, sulla costituzionalizzazione del pareggio di bilancio, ad opera di uno dei più autorevoli costituzionalisti italiani, maestro di diritto e di democrazia.

Con  l’approvazione  del  Senato  in  seconda  deliberazione  si  è  concluso  ieri  il  procedimento  di revisione  dell’art.  81  della  Costituzione.  Male.  Un giudizio  non  tanto  distante  da  quello  che  si arguiva  dalle  parole  di  chi  dichiarava,  dai  banchi della  sinistra,  un  voto  più  disciplinato  che convinto.
Con  l’approvazione  di  tale  legge  costituzionale,  la politica  economica  è  sottratta  al  Parlamento italiano,   al   Governo   italiano,   al   corpo   elettorale italiano.   Con   tale   approvazione   la   nostra Costituzione non è più nostra. È stata trasformata in strumento giuridico funzionale ad un feticcio, quello  neoliberista,  che  la  tecnocrazia  finanziaria europea  interpreterà  volta  a  volta  dettando  le misure che dispiegheranno la mistica del feticcio.
Con  tale  approvazione  un  altro  demerito  si  accompagnerà  a  quelli  sciaguratamente  ottenuti  dal nostro paese in tema di regimi politici. Il demerito di aver inventato un nuovo tipo di Costituzione.
A quelle scritte, consuetudinarie, flessibili, rigide, programmatiche, pluraliste,  liberali, democratiche, lavoriste, si aggiungerà la Costituzione abdicataria, una costituzione-decostituzione.
Un ossimoro istituzionale che preconizza una recessione seriale che, partendo dalla neutralizzazione della politica, porterà alla compressione dei diritti e poi alla dissoluzione del diritto, sostituito dalla mera forza del dominio economico.
Emerge,   improrogabile,   la   necessità   di   un   intervento.   Votando   questa   autentica   regressione costituzionale,  i  gruppi  parlamentari  della  strana maggioranza  delle  due  camere  hanno  tenuto  in irresponsabile dispregio i giudizi di economisti di molti paesi del mondo, tra i quali 5 premi Nobel,
di giuristi di varie discipline. Su un tema così intrinseco alla sovranità popolare, e su cui, e non per caso, è stato stesa una coltre fittissima di silenzio, hanno escluso che potesse pronunziarsi il corpo elettorale.  I fondati dubbi sulla legittimità costi
tuzionale della legge elettorale da cui deriva la loro presenza in parlamento non ne hanno frenato la cupi digia di  sottomettersi al diktat della Cancelliera tedesca.  Hanno  respinto  anche  la  richiesta  di  approvarla  pure  questa  legge,  ma  non  con  la maggioranza  dei  due  terzi,  quella  che  impedisce  l’indizione  di  un  referendum  su  tale  gravissima spoliazione  della  sovranità  nazionale.  Ci  resta  ora un  solo  strumento  per  chiedere  a  questo  o  al prossimo parlamento di invertire la rotta.
Un  solo  modo  per  impegnarsi  nella  difesa  di  una  con quista  di  civiltà  arrisa  con  il  riconoscimento, nel secolo scorso, dei diritti sociali. Sono quelli messi per primi in grave ed imminente pericolo dal feticcio  liberista.  Lo  strumento  che  ci  resta  è  quello  di  una  proposta  di  legge  costituzionale  di iniziativa  popolare,  ai  sensi  dell’articolo  71  della  Costituzione,  con  cui  integrare  l’art.  81  in  modo che  le  entrate  dello  stato,  delle  regioni  e  dei  comuni  siano  riservate  per  il  cinquanta  per  cento  ad assicurare direttamente o indirettamente il godimento dei diritti sociali.
Imponendo  quindi  che  nei  bilanci  di  previsione  dello  stato,  delle  regioni,  dei  comuni,  il  cinquanta per   cento   della   spesa   risulti   complessivamente   destinato   a   garantire   direttamente   o   anche indirettamente i diritti: alla salute, all’istruzione, alla formazione e all’elevazione professionale delle lavoratrici  e  dei  lavoratori,  alla  retribuzione  proporzionata  alla  quantità  e  qualità  del  lavoro, all’assistenza  sociale,  alla  previdenza,  all’esiste nza  dignitosa  ai  lavoratori  e  delle  loro  famiglie.
Si tratta  dei  diritti  riconosciuti  dagli  articoli  da  32  a  38  della  Costituzione.  Si  tratta  di  creare  una garanzia  efficace  per  i  diritti,  volta  sia  a  neutralizzare  gli  effetti  delle  disposizioni  inserite nell’articolo 81 dell Costituzione e pericolosissime per i diritti sociali, sia a precludere, o almeno a ridurre,  la  spesa  pubblica  per  armamenti,  per  grandi  e  disastrose  opere,  per  variegate  clientele.  Ad ipotizzarla  non  è  la  stravaganza  di  un  vecchio  costituzionalista,  testardamente  convinto  della necessità  storica  della  democrazia  di  pervadere  la base  economica  della  società.  È  contenuta  nella Costituzione  della  Repubblica  del  Brasile,  all’articolo  159  ed  è  specificata  in  quelli  lo  seguono,  la riserva di bilancio a favore dei diritti sociali.
Raccogliere cinquanta mila firme e più, tante, tante altre ancora, per sostenere una proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare con i contenuti indicati è possibile. È doveroso. A tema centrale della prossima campagna elettorale per il rinnovo del parlamento va posta la garanzia finanziaria dei diritti  sociali.  Di  fronte  al  pericolo  del  crollo  di  un  pilastro  della  civiltà  giuridica  e  politica, dobbiamo  usare  tutti  gli  strumenti  della  democrazia costituzionale  che  ci  sono  rimasti.  Non possiamo altrimenti.

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  • 1 Oggi domenica 20 agosto 2017 | Aladin Pensiero
    20 Agosto 2017 - 09:03

    […] Revisione art. 81: regressione costituzionale 20 Agosto 2017 Gianni Ferrara, ripreso da Democraziaoggi. Un commento a caldo, ma sempre attuale, sulla costituzionalizzazione del pareggio di bilancio, ad […]

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