Cari Pigliaru e Ganau, dalla doppia preferenza andiamo spediti ad una nuova legge elettorale

23 Novembre 2017
2 Commenti


Andrea Pubusa

Cari Francesco e Gianfranco,

Il Comitato d’iniziativa costituzionale e statutaria, di cui mi onoro di far parte, ha deciso di inviarvi una lettera, per così dire, ufficiale per chiedervi una radicale riforma della nostra legge elettorale, io invece voglio dialogare con voi anichevolmente in ragione della nostra antica conoscenza.
La doppia preferenza è legge. Voi avete dichiarato che la parità uomo/donna è sempre e in ogni campo una conquista di diviltà. Ed è vero perché l’uguaglianza sancita dall’art. 3 della Costituzione è il più rivoluzionario dei principi proclamati dalla nosta bella Carta, e forse, proprio per questo, quello più violato nella pratica. Ed è esattamente su questo che voglio richiamare la vostra attenzione. La doppia preferenza di genere s’inserisce in un corpo legislativo che viola gravemente e manifestamente quel principio, con l’iper premio di maggioranza e i due iper sbarramenti. Con la conseguenza che, nelle scorse elezioni anche chi ha riportato 75 o 42 mila voti non ha avuto diritto di tribuna nella nostra Assemblea regionale. Un grave vulnus ai diritti elettorali di una grande parte dei sardi. Il risvolto di questa disciplina che stravolge la rappresentanza è l’altissimo astensionismo: la metà degli elettori sardi non si reca alle urne, in parte per l’usuale astensionismo, in altra parte perché non vota chi ritiene di non poter eleggere una persona che rappresenti le sue idee politiche.
Vi chiedo allora di trarre spunto dal voto di avantieri, dal vostro  dichiarato plauso per l’uguaglianza per assumere un’iniziativa congiunta straordinaria che porti ad una riforma vera della legge elettorale in vista della prossma scadenza del 2019. Con una spinta forte di voi due che rappresentate le massime cariche regionali, ogni resistenza può essere travolta. I punti da assumere a riferimento sono la sovranità popolare, la rappresentanza e l’equilibrio territoriale per fare una nuova legge elettorale, in sintonia con la Costituzione e lo Statuto. Non siete soli esistono molte forze in campo che si muovono in questa direzione, a partire dal Comitato d’iniziativa costituzionale e statutaria  e dagli altri Comitati (già Comitati per il NO), mobilitati in iniziative pubbliche e impegnati nella elaborazione di linee guida per una totale revisione della attuale disciplina..

Cari Francesco e Gianfranco, non camminiamo nel deserto, esistono modelli nel panorama regionale che possono essere assunti, anche se criticamente, a riferimento. Per esempio, alcuni spunti vengono dalle recenti elezioni siciliane, svoltesi con una nuova legge elettorale
Quali le novità? Dei 70 parlamentari regionali, 62 sono stati eletti con il sistema proporzionale, mentre nel cosiddetto “listino del presidente” sono sette gli eletti, presidente compreso. L’ultimo seggio viene assegnato di diritto al candidato presidente secondo classificato. C’è, dunque, un premio di maggioranza, pari a circa l’8%, senza però iperpremi come in Sardegna, dove Pigliaru col 40% dei voti ha il 60% dei seggi. L’attribuzione dei seggi - come detto - avviene su base provinciale con il metodo proporzionale e l’attribuzione dei più alti resti (con recupero sempre a livello provinciale) alle liste che abbiano superato lo sbarramento del 5% a livello regionale. E qui vengono le dolenti note perché le circoscrizioni sono molto disomogenee: si passa da Palermo, che ha eletto 16 deputati, a Enna con 2 seggi.
Questa, in sintesi, la nuova disciplina elettorale siciliana. L’elemento che colpisce è che il sistema siciliano è proporzionale con scelta diretta del presidente da parte degli elettori. In Sardegna e non solo, molti proporzionalisti ritengono le due cose incompatibili. La Sicilia prova il contrario, il problema è la c.d. governabilità perché il presidente eletto deve poi trovare in consiglio la sua maggioranza, ma c’è un temperamento costituito dallo sciolgimento dell’Assemblea un caso di impossibilità di formare una maggioranza. D’altra parte, anche l’esperienza sarda, insegna che la governabilità, più che dei premi, è conseguenza delle convergenze programmatiche, della capacità di mobilitare le energie democratiche della società.
Vediamo i punti principali della legge sicula, da valutare criticamente ai fini di una nostra riforma.
Anzitutto. lo sbarramento del 5% su base regionale per partito/coalizione con sistema proporzionale per l’elezione dei consiglieri su base provinciale. Il 5% è troppo alto? Può bastare il 3%? O soltanto l’avere un quoziente pieno almeno in un collegio? Secondariamente, è molto penalizzante l’elezione dei consiglieri su base provinciale. La lista Fava, ad esempio, ha avuto un solo seggio con circa 100 mila voti, mentre il PD ne ha avuto 11 con circa 250 mila voti. C’è sproporzione, il principio di rappresentatività è palesemente violato. In un sistema correttamente rappresentativo Fava avrebbe dovuto avere almeno 3 seggi, se non 4. Quali i rimedi? Raccogliere i resti su base regionale? O disegnare circoscrizioni provinciali più omogenee per popolazione e seggi?
Infine, non c’è premio ufficiale, ma ce n’è uno camuffato. Il listino del presidente, molto ampio (7 consiglieri). Con maggioranza a 36 (50%+1) la quota del listino rappresenta circa 1/5 della maggioranza teorica, l’8% circa. E’ troppo alta? Va ridotta? O completamente abolita?
Cari Francesco e Gianfranco, dovete ammettere che la nuova legge siciliana è più equilibrata di quella truffaldina vigente in Sardegna (che rimane tale anche con più donne). Si può lavorare ad eliminare le criticità, sopratutto in relazione al principio di rapprsentatività. Comunque, senza vagare alla ricerca di chissà quale trovata, offre interessanti spunti di riflessione e sopratutto di convergenza per il movimento isolano che si batte per una nuova legge elettorale regionale, anche perché coniuga l’elezione diretta del presidente ad un sistema proporzionale corretto nella distribuzione dei seggi, che spesso sono stati ritenuti incompatibili. Con qualche miglioramento il testo siciliano può costituire una base utile per la Sardegna.
Cari Francesco e Gianfranco, un’altra volta, nonostante le chiare parole di Emilio Lussu, abbiamo voltato le spalle alle novità che venivano dalla nostra Isola sorella, ma oggi tutti ammettiamo che aveva ragione lui, il Capitano dei Rossomori. Evitiamo ora di commettere lo stesso errore. Insomma estistono le condizioni per prendere slancio dal voto sulla doppia preferenza e mettiamoci subito al lavoro!

2 commenti

  • 1 | Aladin Pensiero
    23 Novembre 2017 - 09:55

    […] Il Comitato d’iniziativa costituzionale e statutaria, di cui mi onoro di far parte, ha deciso di inviarvi una lettera, per così dire, ufficiale per chiedervi una radicale riforma della nostra legge elettorale, io invece voglio dialogare con voi anichevolmente in ragione della nostra antica conoscenza. La doppia preferenza è legge. Voi avete dichiarato che la parità uomo/donna è sempre e in ogni campo una conquista di diviltà. Ed è vero perché l’uguaglianza sancita dall’art. 3 della Costituzione è il più rivoluzionario dei principi proclamati dalla nosta bella Carta, e forse, proprio per questo, quello più violato nella pratica. Ed è esattamente su questo che voglio richiamare la vostra attenzione. La doppia preferenza di genere s’inserisce in un corpo legislativo che viola gravemente e manifestamente quel principio, con l’iper premio di maggioranza e i due iper sbarramenti. Con la conseguenza che, nelle scorse elezioni anche chi ha riportato 75 o 42 mila voti non ha avuto diritto di tribuna nella nostra Assemblea regionale. Un grave vulnus ai diritti elettorali di una grande parte dei sardi. Il risvolto di questa disciplina che stravolge la rappresentanza è l’altissimo astensionismo: la metà degli elettori sardi non si reca alle urne, in parte per l’usuale astensionismo, in altra parte perché non vota chi ritiene di non poter eleggere una persona che rappresenti le sue idee politiche. Vi chiedo allora di trarre spunto dal voto di avantieri, dal vostro dichiarato plauso per l’uguaglianza per assumere un’iniziativa congiunta straordinaria che porti ad una riforma vera della legge elettorale in vista della prossma scadenza del 2019. Con una spinta forte di voi due che rappresentate le massime cariche regionali, ogni resistenza può essere travolta. I punti da assumere a riferimento sono la sovranità popolare, la rappresentanza e l’equilibrio territoriale per fare una nuova legge elettorale, in sintonia con la Costituzione e lo Statuto. Non siete soli esistono molte forze in campo che si muovono in questa direzione, a partire dal Comitato d’iniziativa costituzionale e statutaria e dagli altri Comitati (già Comitati per il NO), mobilitati in iniziative pubbliche e impegnati nella elaborazione di linee guida per una totale revisione della attuale disciplina.. Cari Francesco e Gianfranco, non camminiamo nel deserto, esistono modelli nel panorama regionale che possono essere assunti, anche se criticamente, a riferimento. Per esempio, alcuni spunti vengono dalle recenti elezioni siciliane, svoltesi con una nuova legge elettorale Quali le novità? Dei 70 parlamentari regionali, 62 sono stati eletti con il sistema proporzionale, mentre nel cosiddetto “listino del presidente” sono sette gli eletti, presidente compreso. L’ultimo seggio viene assegnato di diritto al candidato presidente secondo classificato. C’è, dunque, un premio di maggioranza, pari a circa l’8%, senza però iperpremi come in Sardegna, dove Pigliaru col 40% dei voti ha il 60% dei seggi. L’attribuzione dei seggi – come detto – avviene su base provinciale con il metodo proporzionale e l’attribuzione dei più alti resti (con recupero sempre a livello provinciale) alle liste che abbiano superato lo sbarramento del 5% a livello regionale. E qui vengono le dolenti note perché le circoscrizioni sono molto disomogenee: si passa da Palermo, che ha eletto 16 deputati, a Enna con 2 seggi. Questa, in sintesi, la nuova disciplina elettorale siciliana. L’elemento che colpisce è che il sistema siciliano è proporzionale con scelta diretta del presidente da parte degli elettori. In Sardegna e non solo, molti proporzionalisti ritengono le due cose incompatibili. La Sicilia prova il contrario, il problema è la c.d. governabilità perché il presidente eletto deve poi trovare in consiglio la sua maggioranza, ma c’è un temperamento costituito dallo sciolgimento dell’Assemblea un caso di impossibilità di formare una maggioranza. D’altra parte, anche l’esperienza sarda, insegna che la governabilità, più che dei premi, è conseguenza delle convergenze programmatiche, della capacità di mobilitare le energie democratiche della società. Vediamo i punti principali della legge sicula, da valutare criticamente ai fini di una nostra riforma. Anzitutto. lo sbarramento del 5% su base regionale per partito/coalizione con sistema proporzionale per l’elezione dei consiglieri su base provinciale. Il 5% è troppo alto? Può bastare il 3%? O soltanto l’avere un quoziente pieno almeno in un collegio? Secondariamente, è molto penalizzante l’elezione dei consiglieri su base provinciale. La lista Fava, ad esempio, ha avuto un solo seggio con circa 100 mila voti, mentre il PD ne ha avuto 11 con circa 250 mila voti. C’è sproporzione, il principio di rappresentatività è palesemente violato. In un sistema correttamente rappresentativo Fava avrebbe dovuto avere almeno 3 seggi, se non 4. Quali i rimedi? Raccogliere i resti su base regionale? O disegnare circoscrizioni provinciali più omogenee per popolazione e seggi? Infine, non c’è premio ufficiale, ma ce n’è uno camuffato. Il listino del presidente, molto ampio (7 consiglieri). Con maggioranza a 36 (50%+1) la quota del listino rappresenta circa 1/5 della maggioranza teorica, l’8% circa. E’ troppo alta? Va ridotta? O completamente abolita? Cari Francesco e Gianfranco, dovete ammettere che la nuova legge siciliana è più equilibrata di quella truffaldina vigente in Sardegna (che rimane tale anche con più donne). Si può lavorare ad eliminare le criticità, sopratutto in relazione al principio di rapprsentatività. Comunque, senza vagare alla ricerca di chissà quale trovata, offre interessanti spunti di riflessione e sopratutto di convergenza per il movimento isolano che si batte per una nuova legge elettorale regionale, anche perché coniuga l’elezione diretta del presidente ad un sistema proporzionale corretto nella distribuzione dei seggi, che spesso sono stati ritenuti incompatibili. Con qualche miglioramento il testo siciliano può costituire una base utile per la Sardegna. Cari Francesco e Gianfranco, un’altra volta, nonostante le chiare parole di Emilio Lussu, abbiamo voltato le spalle alle novità che venivano dalla nostra Isola sorella, ma oggi tutti ammettiamo che aveva ragione lui, il Capitano dei Rossomori. Evitiamo ora di commettere lo stesso errore. Insomma estistono le condizioni per prendere slancio dal voto sulla doppia preferenza e mettiamoci subito al lavoro! ————- * anche su Democraziaoggi. […]

  • 2 aldo lobina
    23 Novembre 2017 - 11:10

    Certo, Professore, il professore Pubusa è un ottimista nato! Rivolgendosi affettuosamente alle due Autorità regionali - cerca di orientarne la funzione con l’obiettivo di cambiare in meglio la attuale legge elettorale. E ne ragiona e ne argomenta e fa paragoni e fa proposte. E’ giusto discutere di queste cose anche - e soprattutto direi - fuori dal Consiglio Regionale ed è cosa buona che si sia costituito un Comitato di iniziativa costituzionale e statutaria con speranze di aiuto ai decisori. Già i decisori, i consiglieri regionali. A ciascuno di loro - e non solo a Ganau e Pigliaru - vanno indirizzati i suggerimenti e le proposte. Il voto di ciascuno di loro vale quanto quello di Pigliaru e Ganau, non di più e non di meno.Se dovesse essere messa in discussione la legge elettorale sarda nel suo complesso - oltre la questione della doppia preferenza - i consiglieri regionali, i gruppi consiliari, la stessa presidenza del Consiglio di sua iniziativa dovrebbe consultare un Comitato come quello di cui Ella si onora di far parte.
    In tempi in cui i cartelli elettorali che governano la regione hanno benedetto a parole la democrazia partecipata, sarebbe bene che incominciassero a “razzolarla” bene. Il rispetto nei confronti delle istituzioni non è dovuto a priori, ma vale nella misura dello sforzo che le istituzioni fanno per aderire alla Costituzione, che non è muta sul peso che deve avere il voto di ciascuno. Mi auguro che i suoi interlocutori di oggi La ascoltino davvero e facciano la loro parte. Ma - devo confessarLe, che a proposito di questa questione io sono molto scettico, per non dire pessimista. Le riforme di cui sono stati protagonisti questi Consiglieri Regionali non mi piacciono. La riforma sanitaria, quella delle circoscrizioni territoriali, città metropolitana et similia, non invitano a ben sperare. Ma, coraggio, Lei insista.

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