Tra Prometeo e Kant il riscatto del presente

29 Aprile 2024
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Roberto  Paracchini

 

 

-Sai che mi piace…

-Chi?

-Immanuel Kant, lo trovo anche molto semplice.

-Su quest’ultima affermazione avrei qualche dubbio; e poi tu chi sei, che pretendi di semplificare uno dei filosofi della modernità più articolati e complessi?

-Chi sono? Prometeo, Promethéus, colui che riflette prima.

-Beh, allora rifletti proprio male se affermi con tanta sicumera che Kant sia un pensatore semplice.

-Non correre coi giudizi ed esamina le parole: semplice deriva dal latino simplex, composto dalla radice sem, uno solo, e da plectere piegare; quindi semplice indica piegare una sola volta.

-E con questo, che cosa vorresti dire?

-Rifletti: perché semplice richiama un qualcosa di piegato e non di già spiegato, come sarebbe più logico visto il senso che comunemente si dà a questa parola?

-Mi stai confondendo.

-Calma e concentrati un attimo: semplice, se si segue l’etimologia della parola, si riferisce a qualche cosa a cui bisogna aprire la piega se si vuole vedere l’interno e scoprire e/o comprendere quel che vi troviamo. Ma prima di aprire devi fare il passo forse più importante: individuare la piega che poi aprirai.

-Ancora non capisco.

-In verità c’è stato un sogno, con Kant…

-Ma, ma che sto facendo? Discuto con un mito dell’antica Grecia che dice di sognare Kant?

-Appunto, ai miti tutto è permesso: anche secondo Eschilo, che mi ha immortalato nella sua tragedia “Prometeo incatenato”… Sai i miti sono tali anche perché possono essere metabolizzati in ogni tempo e luogo, come stai facendo tu adesso.

-Veramente sei tu che mi hai cercato.

-Se ti fa piacere pensarla così, bene; però fammi continuare: una notte ho sognato Kant e, come in un rischiaramento dal buio, ho visto l’immensa portata della sua opera ed è in quel momento che ne ho capito la semplicità. Poi l’ho sognato tante altre volte e infine mi ha chiesto se stavo a un gioco…

-Il filosofo Kant in un sogno ha chiesto a te, Prometo incatenato, prodotto di letteratura pur eccelsa, di stare a un gioco?

-Esatto, ma pensi davvero che il gioco sia appannaggio solo di voi homo sapiens?

- Roba da non credere!

-Ma non sai tu che il gioco è anche conoscenza? Non sai tu che con la fantasia si possono creare mondi e universi in cui Kant giochi con Prometeo e in cui io e te si possa dialogare in vista di un qualcosa?

-D’accordo, Prometeo, mi hai stupito. Ok, in fin dei conti non ho niente da perdere e magari mi diverto.

-Non fare il saccente, più rispetto per i miti, sapienti e avveduti.

-Tu avveduto? Ma se ti sei fatto incatenare a una rupe, ghiacciare di notte, rosolare dal sole di giorno, e divorare quotidianamente il fegato da un’aquila… Non mi sembra proprio la fine di una persona avveduta.

-Sì, però la mia sofferenza ti permette di essere qui adesso, a parlare con me.

-?

-Per non lasciare del tutto indifesi voi umani, ho trasgredito la volontà di Zeus e vi ho donato il fuoco, i numeri, la poesia e infinite altre cose che da queste sono seguite. E l’ho fatto pur sapendo che avrei scatenato l‘ira del potente Zeus.

-Va bene, sto al tuo gioco, ma perchè Kant avrebbe scelto proprio te per comparire in sogno?

-Chiariamo: sono io che ho combinato l’incontro come tra due amanti furtivi, nel sogno. Figurati se un tipo razionale e precisino come Kant avrebbe fatto il primo passo. La nostra è stata una grande passione.

-Prometeo, va bene che sei un mito, ma mi fa un po’ strano accostare la passione alla rigorosa razionalità kantiana…

-Che mi tocca ascoltare… Smettila di dire cose prive di senso solo per vivacizzare questo dialogo. Già mi pento di avere iniziato questa conversazione con te.

-Già, perché hai scelto proprio me?

-Per puro caso, solo un caso, ma forse è meglio che me ne vada.

-No no, mi scuso, continua per favore, parlavi del sogno con Kant.

-Sì, io sognavo lui e lui sognava me. All’inizio era perplesso. Poi ha compreso…

-Non sei un po’ troppo presuntuoso? Dire di aver fatto capire qualcosa a Kant…

-Per capire il possibile occorre un po’ di fantasia e tu ne sei carente.

-Vabbè! Quanto a sogni che si intersecano io arrivo solo ai “Fiori Blu” di Raymond Queneau, in cui i due personaggi, il duca d’Auge che viaggia attraverso la storia e il modesto Cidrolin che vive in una chiatta in disuso sulla Senna, si sognano reciprocamente.

-Già, quello è uno splendido romanzo e non ti nascondo che mi ha ispirato.

-Quindi?

-Semplice: io sognavo un incontro con Kant e lui, nello stesso momento, sognava un incontro con me. E lì si chiacchierava ed è nato un rapporto strettissimo. Ma torniamo ora un attimo al discorso sulla parola semplice e al fatto che la piega va prima individuata e poi spiegata.

-Scusa, ti confesso che mi sono perso.

-Bravo! Allora torna un attimo all’inizio della nostra conversazione, alle prime righe da te scritte.

-Ok, fatto. Poi?

-Non ci arrivi?

-No!

- Kant ha accettato il mio tête-à-tête onirico proprio perché avevo individuato una piega del suo pensiero, probabilmente quella che nel nostro comune sogno a lui interessava di più, una piega che ora cercherò di spiegare.

-Così forse la capirò anch’io.

-Se solo studiassi un po’…

-Senti, stiamo già occupando troppo tempo…

-Festina lente, velocemente adagio, ricorda…

-Certo e tu ricorda che sei anche il personaggio di uno scritto che si sta costruendo in questo momento.

-Non essere indisponente…

-Mi taccio.

-Bene. La piega accennata riguarda lo scritto di Kant del 1784 “Che cos’è l’illuminismo?” ed è talmente importante che un filosofo illustre del tuo tempo, Michel Foucault, l’ha definito “l’ontologia del presente”, ma andiamo per gradi.

-Sì sì, per gradi.

-Come tu certamente sai…

-Piano con l’ironia.

-E chi ironizza, il mio è solo un modo gentile per dirti che non si deve mai smettere di tentare di capire, quindi di studiare e di vivere, elemento questo determinante della e nella stessa conoscenza, come insegna Kant.

-Sarà, ma tu cosa c’entri con la vita? Tu sei un mito!

-Appunto: un mito, mythos nel mio greco antico significa parola, racconto. E che cos’è la vita se non un continuo racconto? Una vita non raccontata non è condivisa, nè socializzata. Noi, miti, raccontiamo, a voi sapiens la lettura interpretativa.

-Mi stai imbrigliando i pensieri. Un passo alla volta: in che senso parli della vita come conoscenza?

-La vita è fatta di scelte continue, piccole e grandi: dall’aprire gli occhi la mattina all’ amare una o più persone e a fare tante altre cose. E sai perché io Prometeo e Kant ci siamo incontrati, seppure in un sogno o se preferisci in una increspatura del tempo o della storia?

-Ovvio che no!

-Io ho fatto una scelta a favore dell’homo sapiens, donandogli, come accennato, il fuoco, i numeri, la poesia e tutto quello che ne è seguito. Una decisione che mi è costata infiniti patimenti, ma ero anche consapevole che il mio gesto avrebbe aperto a voi tutti le porte della voglia di conoscere e di vivere.

-D’accordo, ma Kant?

-Io ho guardato in faccia il mio presente e capito che voi sapiens eravate l’anello debole, oppresso dagli dei e impossibilitato a reagire. Per questo coi miei doni vi ho reso responsabili del vostro vivere e della vostra possibilità di rischiaramento.

-Rischiaramento?

-Sì, rischiaramento come capacità di ognuno di “servirsi della propria intelligenza senza la guida di un altro” come ha scritto Kant in “Che cos’è l’illuminismo?” e di cui mi ha molto parlato nel nostro comune sogno e proposto il gioco a cui ho accennato: farmi interpretare me stesso in un dialogo con qualcuno scelto a caso, che poi saresti tu.

-Grazie! Ma a che pro?

-Perchè il caso gioca un ruolo importante in tutti i viventi e nella fantasia perché apre strade sempre inaspettate, come mi ha insegnato proprio Kant.

-Sarà, però non mi è chiaro dove tu voglia arrivare.

-Vedi, coi miei doni io Prometeo vi ho dato la possibilità di scegliere di vivere e conoscere, oppure di rinunciarvi e restare in quella che Kant chiama “stato di minorità”. Ed è per questo che Kant ha accettato il sogno reciproco di cui ti ho parlato. Inizi a capire il nesso?

-Forse un po’, ma continua.

-Nello scritto di cui si sta parlando, Kant spiega che cos’è l’illuminismo, inteso non solo come momento storico e non solo come consapevolezza che la conoscenza è un componente centrale del processo di emancipazione dell’umanità…

-Piano per cortesia, altrimenti non riesco a costruire sensatamente quel che mi racconti.

-D’accordo, ma vedi è proprio qui che Kant guarda in faccia il suo tempo e parla della conoscenza (del rischiaramento) come atto di volontà dell’essere umano per uscire “dallo stato di minorità di cui egli stesso è colpevole”.

-Mi sembra stia trasformando Kant un rivoluzionario.

-Infatti lo è. In questo scritto Kant si mette in gioco come filosofo del suo tempo che pensa il suo tempo e quindi anche sé stesso, scoccando la sua frustata: “Colpevole è questa minorità, se la causa non dipende da un difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi di essa senza essere guidati da un altro”.

-E che fine ha fatto il Kant delle famosissime Critiche: della ragion pura, della ragion pratica e del giudizio?

-Preferisco risponda Michel Foucault che pone Kant “all’origine delle due grandi tradizioni critiche in cui si è divisa la filosofia moderna. Con la sua opera critica egli ha fondato quella tradizione che muove dalla domanda di quali siano le condizioni che consentono una vera conoscenza (…) quel campo che definirei analitica della verità”.

-E l’altra tradizione?

-E’ quella che interessa di più a Foucault: “Quest’altra tradizione critica pone la domanda: che cos’è la nostra attualità? Qual è il campo attuale delle nostre possibili esperienze?”. Capisci?

-Non proprio.

-Secondo Foucault in “Che cos’è l’illuminismo?” emerge “per la prima volta la domanda sul presente: che cosa accade oggi? Che succede ora?”.

-Già, che succede?

-Che l’essere umano può da allora, dall’illuminismo o se preferisci dalla possibilità consapevole del rischiaramento…, può uscire dalla minorità; ma solo se lo vuole, se si impegna a usare la sua intelligenza e quindi, se compie una scelta morale. “L’illuminismo – secondo Foucault – formula a se stesso il proprio valore, il proprio imperativo. Prescrive a se stesso il suo ‘che fare’”: l’atto, morale, del voler capire ed agire.

-Ed è in questo senso che Foucault parla di “Che cos’è l’illuminismo?” come di una “ontologia del presente”?

-Sì, ma direi meglio, sempre seguendo le sollecitazioni di Foucault, che questo testo kantiano ci interrroga sulla nostra attualità, spingendoci all’azione come elemento del “progresso del genere umano”.

-Scusa Prometeo, hai accennato ora a una questione rovente: come si può oggi, nella nostra attualità violentemente bistrattata e fatta di terribili disuguaglianze e di guerre, solo per fare pochi esempi; com’è possibile in questo nostro presente parlare – seppure col supporto di Kant - di un possibile “progresso del genere umano”?

-Sì, sembra un assurdo e di questo abbiamo molto discusso, io Prometeo e Kant, nei nostri sogni, accompagnati dall’eco di Foucault che a quanto pare in un’altra increspatura del tempo, ha avuto anche lui un tête-à-tête con Kant.

-Spiega, per cortesia.

-La faccio breve e salto molti passaggi perché ti sento impaziente: in un altro scritto di Kant del 1794 , “Che cos’è la rivoluzione”, successivo all’inizio della rivoluzione francese, vien fuori il problema “se il genere umano si trovi in costante progresso verso il meglio”.

-Oggi pare proprio di no!

-Certo nel qui ed ora, ma attenzione: per Kant, sottolinea Faucault, non sono gli eventi di frattura e di passaggio repentino da una situazione a un’altra, quelli che vengono comunemente chiamati le rivoluzioni, ad essere importanti.

-E allora che cos’è importante?

-Per Kant “il processo rivoluzionario o il suo successo sono irrilevanti (…). Successo o sconfitta della rivoluzione non sono segni dell’esistenza o meno del progresso”.

-Quindi?

-Kant invita all’ottimismo ma anche alla pazienza, altra cosa dalla rassegnazione. Per lui il progresso dell’umanità è il frutto di un processo lungo, più molecolare direi mutuando l’espressione dal vostro Antonio Gramsci.

-E come si fa a capire quando e se avviene questo “progresso dell’umanità”?

-Quando è in gestazione è possibile cominciare a percepirlo, più che dai momenti di rottura, da altri tipi di indizi fatti soprattutto di entusiasmo diffuso, per Kant “segni della disposizione morale dell’umanità” che sta pian piano cambiando.

-D’accordo, ma questa “disposizione morale dell’umanità” ha, per Kant, qualche punto di riferimento?

-Sì, ne ho molto discusso con Kant nel nostro sogno, ma preferisco far parlare Foucault. L’illuminismo o il rischiaramento hanno prodotto un’aspirazione che si manifesta “nel lungo periodo in duplice maniera: in primo luogo nel diritto di tutti i popoli di darsi lo statuto politico che sembra loro più adeguato, e secondariamente che la costituzione soddisfi le richieste morali e politiche che possono esserle rivolte, e che sono efficacemente sintetizzate dall’esclusione di ogni guerra di aggressione”.

-Scusami Prometeo, la contemporaneità sembra però in gran parte del mondo rinnegare questa impostazione.

-Sì, ricorda però che Kant parla di risultati di lungo periodo: “(…) se, dopo qualche tempo, tutto ricadesse nell’antico corso (..), non perderebbe per nulla della sua forza quella predizione filosofica”. Ed è appunto quest’ultima l’anima del progredire dell’umanità verso il meglio.

-Intravedo il senso ma chiarisci ulteriormente.

- Per Kant il così detto “progredire” non è affatto un processo lineare, bensì composto di avanzamenti e di arretramenti. Come precisa Foucault “la rivoluzione rischia sempre la ricaduta nel vecchio binario”, ma si tratta di un “evento dal contenuto irrilevante” perché quel che conta realmente per Kant è il “focolaio di entusiasmo”, collaterale ma diverso dagli eventi di rottura rivoluzionaria. Ed è proprio questo “focolaio” che rappresenta, spiega Foucault, “la garanzia per un costante progresso anche per il futuro”.

- D’accordo, Prometeo, ma Kant quando parla di “focolaio di entusiasmo” si riferisce probabilmente al riverbero della rivoluzione francese. Però da allora ad oggi sono capitate tantissime altre cose: dalle lotte di liberazione dei paesi coloniali alla nostra resistenza contro il nazi-fascismo, dalla rivoluzione russa all’emancipazione e alle trasformazioni della Cina, dai movimenti femministi ai movimenti giovanili che chiedono scelte ecosostenibili…

-Esatto, e l’elenco potrebbe continuare, il bagaglio storico della contemporaneità è molto vasto. Ma oggi il problema principale è capire se questi grandi fatti storici abbiano prodotto dei “focolai di entusiasmo” duraturi e tanto potenti da essere in grado di diventare ispiratori propulsivi di quel progresso dell’umanità di cui parla Kant.

-Già, caro Prometeo, ma tu pensi che questo nostro presente così dolorosamente dilaniato, possa essere permiabile e meticciabile dai “focolai di entusiasmo” che inevitabilmente sono stati “lanciati” dall’ultimo secolo di storia?

-Sì, certamente. Come mito, io Prometeo so riconoscere dai tanti segni sparsi nella storia chi sarà in grado, e in parte lo sta già facendo, di rimettere in moto il progresso dell’umanità.

-Sei ottimista.

-No, sono profondamente realista perché so leggere la storia e vedo due grandi “focolai di entusiasmo”, capaci di cambiare il mondo. Il primo nasce dalle rivoluzioni portate avanti dai movimenti femministi, di cui oggi e nonostante le repressioni, troviamo traccia in tantissimi Paesi. Già il vostro Norberto Bobbio, parlando dei movimenti femministi disse che si tratta non solo della più grande ma forse dell’unica vera rivoluzione. E come dargli torto: dalla sconfitta completa e profonda dell’oppressione patriarcale deriverà la vera liberazione non solo di tutte le donne, ma pure del resto dell’umanità e direi anche di tutto il vivente.

-Addirittura.

-Certo, perché porterà a un diverso modo di vivere i rapporti tra le persone e tra tutti i viventi. E qui mi ricollego all’altro importante “focolaio di entusiasmo” che punta a un mondo ecosostenibile, quindi a una rivoluzione ecologica che comporterà necessariamente un diverso modo di vivere i rapporti tra tutti gli esseri viventi.

-E Kant?

-Kant ha capito molto bene l‘importanza dei “focolai di entusiasmo”, che seppure in tempi lunghi dicono a tutti noi che il mondo può cambiare e progredire in meglio. L’importante è non perdere la fiducia e rinvigorirla sempre più seguendo il moto kantiano: “Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza”.

 

Roberto Paracchini

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