In Corsica gli indipendentisti uniti vincono e qui?

7 Dicembre 2017
1 Commento


  Andrea Pubusa

 

Dall’emisfero boreale e quello australe, soffia il vento  dell’indipendenza da Parigi. Però, attenzione! Da l’Ile de la Beauté, alla Corsica, e alla Nuova Caledonia, più che l’indipendenza si vuole più autonomia. Di perdere i consistenti trasferimenti finanziari (almeno una decina di miliardi di euro) all’anno nelle terre d’oltremare non parla nessuno. Ad Ajaccio e a Noumea, la capitale del lontanissimo Domain d’Outremer non c’è il velleitarismo avventuristico di Puigdemont. Si pensa prosaicamente a l’argent,  al soldo. E il premier Edouard Philippe è volato fin lì per rassicurare i “kanakis” - gli abitanti della Nuova Caledonia - che si preparano al referendum sull’indipendenza a gennaio. “L’Etat se prende ses responsabilitées“, lo Stato si prende le sue responsabilità; insomma mette mano al portafoglio e non abbandona i cittadini lontani.
Su questa lunghezza d’onda paiono anche i nazionalisti della Corsica. Per vent’anni hanno fatto politica con le bombe e le raffiche di mitra (esattamente vent’anni fa, nel febbraio 1998, il prefetto di Ajaccio, Claude Erignac, moriva in un attentato), ma ora chiedono a Paris maggiori trasferimenti finanziari per sostenere la spesa pubblica e pretendono vantaggi fiscali. E così, uniti nel rassemblement “Femu a Corsica” (guidato dall’attuale presidente del Consiglio regionale Gilles Simeoni) hanno vinto il primo turno alle politiche di domenica scorsa, 3 dicembre, e certamente vinceranno il secondo, domenica prossima. Le percentuali  sono “bulgare”, hanno avuto il 46% dei suffragi, e lasciano le briciole sia ai nazionalisti radicali della “Corse en fronte” (che hanno preso meno del 7%) sia ai “governativi” di destra (il Front National di Charles Giacomi non ha superato il 4%, meno della metà rispetto alle presidenziali) e di sinistra (il rassemblement della gauche è stato un tale disastro da spingere Melenchon della France Insoumise a complimentarsi con i nazionalisti di Simeoni mentre il partito del presidente Macron, En Marche!, guidato dal sindaco di Bonifacio, Jean-Charles Orsucci, si è fermato all’11%).
C’è in questa vicenda un segnale per gli indipendentisti nostrani? C’è un’indicazione più realistica e praticabile della confusa iniziativa di Puigdemont, conclusa in farsa? Sembra di sì. Almeno due indicazioni sono venute. La prima è il valore dell’unità. In Corsica ha vinto chi si è unito, la lista di coalizione “Pe’ a Corsica“, di Gilles Simeoni e Guy Talamoni, che da anni già governano l’isola. Come puoi vincere qui da noi se ci sono tante sigle a contendersi la bandiera dell’indipendentismo? In Sardegna, sotto l’appello pro-Catalogna, ahime!, c’erano queste: Rossomori, Sardos, Liberu, Sardegna Possibile, Sardigna natzione, Sardigna Libera, Progres, Fiu, Gentes, Comunidades e Indipendentzia Repubrica Sardigna, mancavano fra i sottoscrittori, non so perchè,  il Partito dei sardi, Irs e il Psd’az  e forse qualcun’altro, di cui mi sono scordato il nome. Ma Franciscu Sedda era anche andato a Barcellona a portare il sostegno. E altri hanno dato il loro riconoscimento ufficiale alla Repubblica catalana, ma ahinoi!, indarno! Ora che hanno capito che Puigdemont era un avventurista, tanto sciocco da fare il topolino nelle fauci del feroce Rajoy, guardano fiduciosi alla nostra isola sorella. “Facciamo come in Corsica!”, questo è il refrain. E poi, finito il ritornello? Cos’e maccus!, nessun chiarimento programmatico. Come si declina l’indipendentismo nostrano? Segue il modello realistico di  Gilles Simeoni e Guy Talamoni o quello velleitario e confusionario di Puigdemont. Non è alle viste neanche l’idea di una unificazione! Lo dicono alla stampa i vari esponenti che, in foto, occupano mezza pagina de L’Unione. Tutti vogliono l’unità, ma avanzano dei sottili distinguo, tanto sottili che al povero cittadino di base, come me, viene un istintivo senso di rigetto, un giramento di testa e anche d’altro. Meglio lasciar perdere.  Ci aggiorniamo alla prossima puntata. Ne riparliamo dopo il referendum sull’indipendenza dei “kanakis”, a gennaio.

 

1 commento

Lascia un commento