Accattonaggio, un’emergenza inventata da chi non sa dare risposte

16 Dicembre 2017
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Sara Porru

Mi invia questo articolo Sara Porru, giovane valorosa laureata in Giurisprudenza con una bella tesi sulle ordinanze di necessità. Non nascondo la soddisfazione nell’intravedere in questo scritto qualche esito del mio insegnamento, sempre ispirato ai valori di civiltà trasfusi nella nostra Costituzione.

C’è nel Paese e in Sardegna un dibattito sulla “emergenza accattoni”. Ne ha parlato anche, in un editoriale, don Francesco Mariani sul giornale della diocesi di Nuoro, “l’Ortobene“, l’altra settimana, con toni severi, dando a molti l’impressione di aver forse scordato  che Cristo viveva e predicava fra i disperati della terra. In Sardegna c’è un rilevante precedente.
Come si ricorderà, con ordinanza di necessità e urgenza del giugno 2016, il Sindaco di Sassari ha proclamato guerra all’accattonaggio molesto vietandolo, a tempo indeterminato, in tutta la città. Prime fra tutte “le aree prospicienti i luoghi di culto”. La misura contro gli accattoni insistenti dai “modi e toni minacciosi” è stata prevista perché il fenomeno in città è fortemente diffuso, minaccia il decoro urbano e, soprattutto, il senso di sicurezza dei suoi abitanti.
L’ordinanza ha in mente una categoria ben precisa di questuanti molesti, svelandone l’identità quando impone le verifiche sulla “sussistenza, o il venir meno, dei requisiti necessari per la permanenza delle persone identificate nel territorio dello Stato”: accattoni immigrati.
Il provvedimento segue lo schema di tante altre ordinanze - spesso dette “fotocopia” - adottate in questi anni in ogni angolo dell’Italia. A fare scuola nella direzione dell’urgenza è stata la stagione delle “emergenze immigrazioni”, aperta dal Governo nel lontano ’97 per regolare l’afflusso dei cittadini stranieri provenienti dall’Albania. A seguire, nel 2002, uno stato di emergenza “Nord Africa”, durato ben dieci anni di proroga in proroga, con un’esperienza intermedia delle regioni Campania, Lazio, Lombardia (e poi anche Piemonte e Veneto) che, dal 2008, hanno dichiarato la c.d. emergenza nomadi.
Gli stati d’emergenza, bocciati dai giudici per una insuperabile contraddizione in termini di temporaneità e prevedibilità propri degli stati eccezioniali, sembrano appartenere al passato. Tuttavia l’approccio emergenziale si è solo spostato dalle emergenze nazionali alle risposte degli enti locali. Sono stati i Sindaci a dar seguito alla logica dell’urgenza e della tutela episodica a colpi di emanazione di ordinanze necessitate ed urgenti. Nel quadro delle nuove emergenze spicca fra tutte quella dell’immigrazione, benché sia fenomeno strutturale nel Paese da almeno due decadi.
In forza dei poteri conferiti dal Testo Unico degli Enti Locali col c.d. pacchetto sicurezza del 2008,  i primi cittadini sono divenuti i portavoce di una impellente richiesta di sicurezza diffusa e derivante da emergenze di stampo sociale.
Le ordinanze eccezionali sono così diventate lo strumento principe per fronteggiare, vietandoli, fenomeni quali: immigrazione, prostituzione su strada, accattonaggio, insediamenti nomadi e abusivismo commerciale. Le ordinanze repressive nel linguaggio giornalistico hanno assunto diversi nomi: “anti lavavetri”, “anti immigrati”, “anti-kebab”, “anti burqa”, “anti sbandati”, “anti borsoni”, “anti profughi” ed, infine, “anti accattoni”.
Da Rovato a Lampedusa, da Catanzaro ad Alassio, da Padova a Pontida, solo per citarne alcuni, i provvedimenti hanno interessato negli anni un numero elevatissimo di comuni italiani. E poiché gli immigrati sono quasi sempre i destinatari, talvolta solo impliciti, si sono innescate le battaglie legali di associazioni a tutela dei migranti. In difesa di gruppi già socialmente stigmatizzati, le ordinanze vengono quasi sempre annullate dai giudici perché prive dei requisiti legali: stato di necessità ed urgenza, temporaneità della misura e adeguata motivazione le carenze più comuni. Altre volte, le ordinanze sono tacciate d’essere discriminatorie, come quelle anti profughi dei comuni liguri di Alassio e Carcare. Per auspicare un ritorno alla legalità sono scesi in campo anche i Prefetti, invitando i Sindaci al ritiro dei provvedimenti: è notizia dello scorso mese che, su sollecitazione, molti primi cittadini lombardi e piemontesi hanno ritrattato sulle ordinanze anti profughi già emanate.
A destare preoccupazione è che questi provvedimenti “urgenti” rendono inoperanti molti diritti fondamentali (dall’uguaglianza alla libertà personale) e per di più in forza di emergenze solo percepite. Sommando a questo la grammatica della (in)sicurezza, il precario equilibrio tra libertà, legalità e rispetto dei diritti fondamentali sembra soccombere sotto la scure del valore supremo alla necessitata sicurezza, perché ritenuta più urgente di legalità e libertà costituzionalmente garantite.
Il fenomeno migratorio, attraverso queste risposte, viene ridotto a “problema securitario” e i migranti a scomode questioni d’ordine. E ciò, nonostante la storia del ‘900 abbia insegnato che i poteri di eccezione, insieme alle minacce di ordine sociale, siano state le armi legali dei totalitarismi e degli abusi perpetrati contro gli altri, i “diversi”. Se il temibile precedente non bastasse, questa politica è perpetrata anche se alle risposte emergenziali non è seguita alcuna soluzione, perché il disagio sociale non viene risolto mas allontanato, lasciandosi alle spalle un mondo ancora più intollerante e insicuro.
Occorre che, da un lato, i poteri pubblici attuino un intervento finalmente programmato,  volto a ristabilire soluzioni legalmente orientate ad una convivenza dignitosa tra individui. D’altro lato che il faticoso processo di dialogo necessario a liberarsi di paure e tensioni sociali, create dalla frattura comunitaria tra il “noi” e il “loro”, sia incentivato da ognuno: donne, uomini, cittadini e stranieri. Sindaci e sacerdoti compresi.

1 commento

  • 1 Oggi sabato 16 dicembre 2017 | Aladin Pensiero
    16 Dicembre 2017 - 10:22

    […] Sara Porru su Democraziaoggi. ——————————————————————————– Sabato 16 dicembre ————————-E’ in libreria————————- I movimenti degli anni Settanta fra Sardegna e Continente. Ricordando Riccardo Lai Autore/i Federico Francioni, Loredana Rosenkranz Anno di edizione 2017 ISBN 978-88-7356-930-5 Collana Convegni & Incontri Pagine - (illustrato) Supporto e-book Prezzo € 4,99 – Novità I movimenti degli anni Settanta fra Sardegna e Continente Attraverso richiami alle vite vissute, alle amicizie, agli affetti, alle relazioni che si confrontavano in anni intensi e tumultuosi, le parole di chi interviene si offrono allo sguardo presente con sincera ricerca della verità e a volte con dolente scetticismo. Nei contributi di questo volume non emerge un nostalgico ripiegamento sul passato, tanto meno l´assurda convinzione di aver capito tutto; si fa spazio, al contrario, l´esigenza critica di cogliere quanto è ancora vivo di quel decennio e vale la pena di raccontare. La consapevolezza di fare qualcosa di nuovo richiama quanto di bello c´è nella politica: fare impresa collettiva, convergere su un obiettivo nel rispetto delle differenze, avere e realizzare un progetto. Il taglio esplora la dimensione del territorio e rievoca l´orizzonte, comune a diverse generazioni, dei movimenti che legarono Sassari, la Sardegna e il suo oltre, ´il Continente´. Contro l´immagine dominante di una Sardegna tagliata fuori dal flusso delle idee di rottura e cambiamento che contagiarono il mondo intero, si delinea un´isola-laboratorio in cui, anche nella seconda metà degli anni Settanta, il ´riflusso´ è contrastato da una persistente volontà partecipativa e oppositiva. Cardine di questa opera è il ricordo di un giovane compagno troppo presto perduto all´affetto di molti, alla politica e all´impegno civile. Il libro consente di muoversi in libertà sui temi che più interessano e può essere letto dalla fine verso il principio o solo per segmenti senza che il suo filo conduttore rischi di perdersi per strada. La sollecitazione che muove dai contributi degli autori intende spingere il lettore a riappropriarsi del proprio tempo, ad accoglierlo senza incasellarlo schematicamente, andando oltre determinate velleità interpretative o superficiali identificazioni generazionali. Il libro è suddiviso nelle seguenti sezioni: gli studenti e gli operai nei contesti urbani; il movimento femminista in Sardegna nella sua pluralità; i percorsi che hanno condotto all´impegno nelle istituzioni alcuni giovani presenti nelle lotte di massa di quegli anni; le esperienze, ancora poco conosciute, delle radio libere isolane e di pratiche teatrali sperimentali e innovative; una ri-lettura, per nulla condiscendente, tanto meno apologetica, di alcuni fenomeni sociopolitici degli anni Settanta; interventi di Riccardo Lai. Le differenze negli approcci, nella disamina e nelle conclusioni cui approdano i diversi autori testimoniano la ricchezza, la varietà e l´inventività dei movimenti. Gli scritti di questo volume contribuiscono a mettere in discussione l´etichetta ´anni di piombo´ da applicare indiscriminatamente a quel decennio e fanno criticamente i conti con il terrorismo e la violenza che tanto danno arrecarono anche alla spinta innovativa maturata nei contesti sociali e culturali dell´epoca. - sabato 16 dic 2017 aladinews aladin […]

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