“70 anni di diritti, 70 anni di Stato sociale”: lunedì alle 17 parliamone insieme

10 Novembre 2018
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Gianna Lai

Prossimo appuntamento CoStat e Anpi nell’ambito del Mese dei Diritti 
Convegno  sullo Stato sociale - Lunedì 12 novembre 2018
Ecco la presentazione della Presidente dell’ANPI di Cagliari 

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70 anni di diritti, 70 anni di Stato sociale

Quando si parla di Stato sociale, cominciamo dai bambini, fin dalla più tenera età ai cittadini deve essere garantito il futuro, muovendo da scuola, salute e servizi. E prestando particolare attenzione ai livelli culturali delle madri, una mamma che lavora è fattore cruciale di contrasto alla povertà dei bambini, mentre le donne hanno oggi in carico il peso di un welfare ormai in crisi, che le costringe spesso ad abbandonarlo il lavoro. In questo Paese di anziani, c’è il 12% di bambini indigenti, un’infanzia indigente, denuncia Chiara Saraceno, quasi un milione e trecentomila bambini e ragazzi, più poveri anche degli adulti. E occupiamo i livelli più alti in Europa per abbandono scolastico e percentuale di giovani che non studiano e non lavorano, al primo posto la Sardegna in Italia dove, dicono i magistrati in questa stagione terribile di delitti che vedono protagonisti i ragazzi, la droga e il suo mercato sono il primo problema. Mentre l’Assessore regionale Dessena, piuttosto che entrare nel merito del problema complessivo, contesta i dati sulla dispersione perché, rivendica, ‘abbiamo speso un sacco di soldi per Ischola’. Ed è questo il dramma del nostro welfare, in Sardegna: si spendono molti soldi attingendo a piene mani alla finanza pubblica e, nel mentre, le condizioni di vita si aggravano e continua l’espulsione dei giovani dall’istruzione. E pensate verso quale china stiamo scendendo nell’impoverimento dell’intero Paese, se i sovraistruiti in Italia risultano ormai un esercito, se il 27% dei laureati o diplomati continuano a fare lavori umili, come unica alternativa all’emigrazione di massa!La povertà mette in pericolo la democrazia e la pace, la tenuta di interi Continenti, e la mancanza di protezione sociale produce frammentazione e corporativismo. In Italia 5 milioni in povertà assoluta, un milione e 780 mila famiglie, 20 mila le famiglie in Sardegna, per un Paese che, secondo tradizione, dice di voler porre al centro la famiglia, il risultato è produrne direttamente lo sfascio! In crisi lo Stato sociale, quello già definito anche dalla nostra Costituzione, secondo il welfare di origine teorica inglese, destinato ad allargare le basi sociali del consenso verso le istituzioni repubblicane, in quanto finalizzato a garantire un accettabile grado di giustizia sociale. A sostenerlo, in quel tempo, anni Cinquanta e Sessanta, una forte classe operaia affiancata dai Sindacati e dai Partiti di massa, nelle lotte di fabbrica e nella scuola, perciò la narrazione storica del welfare diviene uno dei più importanti scenari del nostro tempo, fino al dibattito che oggi ci coinvolge da vicino, per le politiche sociali attuate nel nostro Paese, pur così spesso minate dallo spreco e dalla cattiva gestione del danaro pubblico. Allo Stato la redistribuzione della ricchezza con sistemi di protezione sociale finanziati attraverso l’imposizione fiscale di tipo progressivo. Sono le forme di attuazione della nostra Carta, perchè è il sistema dei diritti sociali a definire il welfare.La rapida crescita del reddito, che ha di fatto trainato il welfare, come bene ci ha spiegato il professor Sabattini nei precedenti incontri, si ferma con la crisi degli anni Settanta e sfocia nella stretta neoliberista, secondo cui la lievitazione dei costi dello Stato Sociale frenerebbe lo sviluppo. Mercato libero di imporre le sue leggi e libera economia, urgente l’equilibrio dei bilanci statali. Ed è così che si riducono i programmi di protezione sociale, lo Stato viene meno con la privatizzazione dei servizi, lievita la disoccupazione, aumenta la disparità tra i ceti, fino a una vera e propria esplosione delle diseguaglianze, la ricchezza destinata a concentrarsi in poche mani. E alla crisi si risponde chiedendo sacrifici, ancora in termini di minori servizi e minori provvidenze pubbliche, ‘Gli avversari del welfare son riusciti a far valere le loro arcaiche categorie, trascinandosi appresso la stessa Sinistra, denuncia Giovanni Mazzetti in Capitalismo e welfare, involuzione a Sinistra, e il revisionismo di questi anni, sopravvenuto con la crisi, inverte il senso della Storia, il welfare si trasforma in un accidente….e la Società precipita nella precarietà e nella guerra’. E se, di ‘Germi di socialismo’, si sussurrava in Europa, al culmine dello sviluppo del Welfare, lo Stato muta ora ruolo e funzioni, dalla funzione di mediazione sociale del Novecento maturo, alla organizzazione amministrativa della competizione per accapparrare ‘masse mobili di ricchezza’ nel mercato globale. Dallo Stato sociale allo Stato aziendale, verso un mondo di diseguali, nell’occhiuto controllo dell’Europa sulle finanze, in particolare, del nostro Paese. A rappresentare le responsabilità dell’opposizione in questo Parlamento di oggi, la denuncia lapidaria di Marco Revelli nelle scorse settimane sul Fatto Quotidiano, ‘l’opposizione non può tifare per lo spread, perché difendere l’austerità fa soltanto il gioco di Salvini’.

E’ infatti proprio la politica la vera assente di questi anni nella lotta alle disuguaglianze. Del Welfare se ne deve occupare la politica, i poveri non si possono più ignorare, è necessario sostenerli con un Reddito di cittadinanza in percorsi di inclusione sociale e lavorativa perché, per la prima volta, anche chi lavora può essere povero, in termini economici, lavorativi, familiari, psicologici, abitativi.

I poveri non si possono più ignorare. Welfare è affermazione di ’solidarietà che è figlia della fraternità’, come diceva Bruno Trentin, ed è compartecipazione alla sorte dei più miseri, per modificarne la condizione, non per carità o elemosina, mentre, accanto a libertà e uguaglianza, determina il valore delle Carte costituzionali, di tutte le Carte dei diritti del Novecento. Mi chiedo allora come ci si possa opporre al giorno d’oggi a misure di contrasto alla povertà, se non per ragioni puramente ideologiche, in vista del rafforzamento, evidentemente, di una società di diseguali, quale è già la nostra: a 130 miliardi di euro si calcola ormai l’evasione fiscale in Italia, ad opera in particolare delle multinazionali presenti nel nostro territorio.

La povertà va sconfitta perché, come dice la costituzionalista Lorenza Carlassare, ‘reddito di cittadinanza o come altro lo si voglia chiamare deve essere chiaro che si tratta per lo Stato di un dovere costituzionale e, per chi sia nelle condizioni previste, di veri e propri diritti sanciti in Costituzione’. E lo fa la professoressa, citando gli art. 3 e 38 della Costituzione, le sentenze della Corte costituzionale sul principio di solidarietà sociale e l’impegno delle donne costituenti in tale direzione. La povertà va sconfitta, e le misure attuali vanno semmai inserite nel sistema di Welfare, ma non per sostituirlo, come si è fatto con gli 80 euro e i vari Bonus di Renzi, i cui 10 miliardi di finanziamento, mentre la povertà continuava ad aggravarsi, risultavano direttamente sottratti allo Stato sociale stesso. Semmai rafforzate, le nuove misure, con sostegno all’occupazione femminile, un sistema serio di assegni per i figli e di indennità di disoccupazione, redditi da lavoro decenti, una sanità senza sprechi e corruzione, una scuola inclusiva, e che va perciò finanziata. E così via discorrendo….. come da Costituzione

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