Carbonia. Verso la Liberazione del paese. Nella piattaforma sindacale sulcitana, lo sciopero antifascista contro gli attentati di Iglesias

6 Settembre 2020
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Gianna Lai


Ennesimo post domenicale sulla storia di Carbonia, iniziata il 1° settembre 2019.
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Gli operai di Carbonia  verso la costruzione di una  piattaforma  rivendicativa, per ottenere migliori condizioni di  lavoro, adeguamenti salari al costo della vita, un sistema di cottimo da concordare con le maestranze. E poi la riduzione degli affitti e l’assegnazione adeguata di viveri e di vestiario. Il commissario governativo Sanna, secondo le misure suggerite dalla Commissione alleata, che vuole invece sia ‘ristabilito l’ordine in miniera’ e contenuta l’influenza dei partiti della sinistra. E che, dopo l’incontro con i rappresentanti sindacali, continua a disattendere  gli impegni assunti, sull’applicazione degli accordi già definiti a livello nazionale, in quella  trattativa del 21 febbraio tra la Camera Confederale del lavoro di Cagliari, il prefetto Sacchetti e,  a fianco alla Carbosarda, l’Associazione Industriali della provincia, a rappresentare  anche le aziende a gestione governativa. Nulla di fatto per i lavoratori della miniera, dunque, mentre arrivano allarmanti le notizie di attentati fascisti contro i sindaci dell’Iglesiente, il Sindaco di Iglesias Carlo Meloni e l’onorevole Angelo Corsi, sottosegretario socialista nel governo Bonomi. La protesta spontanea investe subito tutto il Sulcis-Iglesiente, l’educazione delle masse popolari, in sezione e nelle leghe, fondata sulla solidarietà e su  un deciso antifascismo, il ricordo delle violenze fasciste nel territorio, ancora presente tra i meno giovani, che avevano sempre mantenuto coraggio e volontà di combattere. Perciò,  quando scattano gli arresti contro i 4 minatori comunisti, individuati come principali organizzatori dalle forze dell’ordine, lo sciopero generale, il 2 e il 3 marzo, è immediato.
Così la descrizione dettagliata del prefetto Sacchetti, nella sua Nota mensile al Ministero dell’Interno, ‘Si sono avuti alcuni scioperi, uno dei quali nell’Iglesiente dichiarato dagli operai per solidarietà con alcuni individui che, d’ordine dell’autorità giudiziaria, erano stati tratti in arresto siccome responsabili di violenze commesse in Iglesias il giorno 2 marzo, durante le manifestazioni di protesta per gli attentati dinamitardi contro le abitazioni dell’On. Angelo Corsi e  del sindaco di quella città. Il lavoro è stato ripreso il giorno 4 in seguito al mio intervento, inteso a ottenere la collaborazione dei vari partiti politici’. Centrale evidentemente, anche agli occhi del prefetto, la necessità di costruire un serio rapporto con le organizzazioni rappresentative del territorio, sicchè la professoressa Giannarita Mele può giustamente commentare, ‘uno sciopero di solidarietà di tal fatta è qualcosa di nuovo, inaspettato per la CGIL e per la stessa classe operaia, che acquista coscienza della propria forza,  e mentre incute timore allo schieramento moderato, riempie di soddisfazione i partiti di sinistra,  orgogliosi del loro radicamento sociale. Sono questi stessi partiti, insieme alla democrazia cristiana, e di concerto con il prefetto, a farsi carico di  far sospendere lo sciopero, non prima di aver sottolineato la legittimità della spontanea manifestazione e del profondo e reale sentimento di giustizia. Questo sciopero unitario del Sulcis-Iglesiente… infonde coraggio e apporta una grande forza al movimento sindacale,  non solo nella provincia di Cagliari, ma in tutta la Sardegna’. Tanto è vero che sarebbe stato subito seguito dalle astensioni dal lavoro degli operai di Sant’Antioco, per la mancata corresponsione di 40 ore lavorative durante i bombardamenti, e di quelli di Narcao e Domusnovas e, per le stesse ragioni, degli operai del vicino deposito di artiglieria presso Siliqua.
E  sarebbe stato il 2^ Congresso della Federazione  di Cagliari del PCd’I,  21-22 aprile 1945, a sottolineare ancora il ruolo centrale svolto in Sardegna dal movimento del Sulcis-Iglesiente, durante quelle settimane, considerando ‘lo sviluppo delle miniere sarde una risorsa per la ricostruzione nazionale e  un motore per la crescita del movimento operaio nell’isola’. Proprio  mentre si pone all’ordine del giorno ‘l’unità delle organizzazioni di massa, come terreno per ricostruire l’unità del popolo sardo’.
Intanto la vertenza sindacale di Carbonia si intreccia con le agitazioni dei lavoratori di tutta la provincia, per gli adeguamenti salariali, destinata a protrarsi fino alla fine del mese di marzo, allorché si raggiunge una nuova intesa  sull’applicazione degli accordi nazionali. In base alla quale ai lavoratori dell’industria spettano ora aumenti di 80 lire giornaliere,  non sufficienti tuttavia, secondo il sindacato, a migliorare di molto le paghe degli operai.
Perciò le agitazioni  sarebbero proseguite nelle settimane successive, questa volta sull’applicazione di altri  nuovi accordi nazionali, appena firmati negli ultimi giorni di  marzo. Ma è la dura resistenza  del rappresentante degli industriali, ingegner Sirchia, e della stessa SMCS, a bloccare  ancora una volta il negoziato provinciale, nel capoluogo, sui già previsti anticipi di salario. Come se in quelle ultime settimane di guerra si facessero più dure le resistenze degli imprenditori sardi nei confronti degli operai, così il commento di  Ignazio Delogu nel suo Carbonia, ‘la conflittualità è notevole,  dato il livello di esasperazione raggiunto dalle maestranze, praticamente prive di interlocutore, a causa della insensibilità e della latitanza della dirigenza sia dell’ACaI che della Carbosarda’.
Al punto che, sull’onda delle agitazioni operaie in miniera, cominciano a  mobilitarsi anche gli impiegati della SMCS, per chiedere la revisione dei loro stipendi,  secondo l’anzianità di servizio. Una perequazione salariale che li ponga al riparo dalle manovre dell’Azienda, dal suo perfido e ostinato intervento di continua divisione dei lavoratori, che riconosce ai nuovi assunti remunerazioni più alte, rispetto a quelle percepite dagli impiegati più anziani. E rivendicano, gli impiegati, scarpe, buoni viveri e l’apertura di negoziati  con le loro rappresentanze sindacali, che Sanna ricevette, senza tuttavia dare, inizialmente, alcuna risposta alle richieste della categoria.  Il sindacato tenta,  cioè, di entrare fra gli impiegati, che avrebbero visto soddisfatte le loro richieste nel mese di maggio, nonostante la scelta accurata della dirigenza aziendale, all’atto dell’assunzione, avesse privilegiato esclusivamente gli aderenti ai partiti a lei più vicini.
In piena vertenza, alla fine di marzo, la visita del Ministro delle Finanze, il comunista Antonio Pesenti, descritta in tutti i dettagli dall’Unione Sarda del  31 marzo 1945, a rassicurare gli operai e la città sulla imminente fine della guerra e sul futuro delle miniere in tempo di pace. E poi  la notizia della Liberazione dal nazifascismo di tutto il Nord, ad opera dei partigiani e degli eserciti alleati, la grande speranza per l’Italia nuova, che rinasce dalle macerie della guerra. Nei giorni successivi il 25 Aprile, festeggiamenti, balli popolari in piazza, canti partigiani, manifestazioni politiche nelle sezioni. E i testimoni raccontano degli affollati comizi anche a Carbonia, dell’intervento del partigiano comunista Antonio Selliti, giunto da Cagliari a parlare di  Resistenza e di lotta di liberazione, come  lo ricordano Renato Mistroni e la stampa di quei giorni: la riconquista della sovranità nazionale, perduta con la divisione dell’Italia sotto occupazione di eserciti stranieri, americani al Sud e tedeschi al Nord, nella repubblica di Salò, e le speranze suscitate  dalla  solidarietà e dallo slancio dei popoli contro il totalitarismo. I valori della Liberazione e della democrazia, su cui fondare i nuovi rapporti fra gli stati, mettendo in rilievo le grandi prospettive di pace che si aprivano, da quel momento, per tutti i popoli della terra.

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