Vacanze nella crisi

8 Settembre 2010
4 Commenti


Andrea Pubusa

Ad agosto ho girovagato nel mio Sulcis, fra spiagge e paesi. Ho incontrato molta gente, sconosciuta o vecchie conoscenze, nei bar, nei negozi o nelle belle serate a Narcao Blues o ai concerti jazz, organizzati da Basilio Sulis a S. Anna Arresi. Un tema ha attraversato con naturalezza tutte le conversazioni: la crisi, non solo quella economica, ma anche quella politica e morale. Mi abborda un signore sulla sessantina al bar di S. Anna. “Sono un vecchio compagno comunista e ti conosco dai tempi del partito”. Questi incontri mi rendono particolarmente propenso alla discussione. Del resto, sono in vacanza e non ho nulla da fare. E così gli chiedo della situazione nel comune, delle recenti elezioni municipali, del PD e della sinistra. Lui intuisce la mia disponibilità e ingrana. “Sai il sindaco uscente è stato confermato anche a causa di una spaccatura nel PD, dove una parte ha votato contro il candidato sostenuto dal partito. Queste cose – prosegue - un tempo erano impensabili”. “Ma – osservo – dovrebbero essere impensabili anche adesso. Una volta discussa e decisa la candidatura, un minimo di serietà imporrebbe quantomeno agli iscritti di non remare contro”. “Sai – mi risponde - sono tornato qui da molti anni, ma sono emigrato in Piemonte a 17 anni. All’avventura, valigia di cartone, un indirizzo e via. Come nei films. Ma poi lì ho trovato la sezione del PCI, il sindacato, mi sono inserito, mi hanno aiutato molto non solo nelle questioni materiali, ma soprattutto mi hanno fatto crescere culturalmente. In poco tempo sono diventato un uomo e un cittadino consapevole. Quante lotte e sacrifici. C’era un’altra serietà e i giovani avevano luoghi in cui organizzarsi per far valere le loro ragioni”. Annuisco, ma gli dico che oramai tutto è stato travolto. “D’Alema, Veltroni, Fassino e compagni sono riusciti a fare quanto non erano riusciti, fascismo, CIA e destre varie messe insieme: far fuori il partito comunista e soprattutto il suo ricco tessuto organizzativo e morale. Mi saluta con una battuta: “Che non siano agenti della CIA?”. “Macché - gli dico scherzosamente – sono semplicemente coglioni”.
Qualche giorno dopo il falegname, mentre mi sistema una persiana, m’informa che in paese c’è stato l’ennesimo suicidio. In zona queste tragedie sono frequenti. Giovani, senza speranza, cui ormai l’appoggio e il sostegno, morale e finanziario della famiglia non basta più. La crisi a P. Vesme non solo ha chiuso l’unico sbocco occupazionale in zona, ma ha inaridito l’indotto in senso lato: le attività artigiane, il piccolo commercio, le produzioni locali. “Tutto si restringe – soggiunge il falegname – perché tutti hanno paura di spendere o non possono spendere. E così anche i piccoli lavori diventano impossibili, i più deboli in questa situazione decidono di farla finita. C’è anche molto alcolismo e il disagio psichico e diffuso”. “Certo - dice Gianna, mia moglie – nella nostra gioventù il disagio sociale nel Sulcis era forte, ma forte era anche la lotta e tutti avevano spazio per impegnarsi”. “Difesa delle miniere prima e lotte nel polo di P. Vesme poi, le battaglie nella scuola. Non c’era spazio per la solitudine o la depressione”.
In pizzeria a P. Pino una delle gestrici, mentre serve della birra fresca, manifesta la sua preoccupazione: durerà ancora la stagione? Lo permetterà il tempo? Ci sarà movimento a settembre? C’è l’affitto da pagare e il lavoro pieno di un solo mese non può bastare. E poi i proprietari rinnoveranno l’affitto per l’anno prossimo?
Massimo, che custodisce e affitta gommoni, giorno e notte sul molo (di giorno sotto un ombrellone, la notte in macchina), mi dice che a settembre l’attività cessa e lui, che si è inventato questo lavoro per l’estate, non sa che fare. La compagna, per arrotondare, fa qualche pulizia nelle villette vicine. Quei compensi torneranno utili d’inverno. Altri giovani gestiscono rivendite stagionali: chi pane e alimentari, chi gelati o giornali. Ma a fine settembre si chiude, tutti a casa. Troveranno altro da fare? Chissà. Molta buona volontà, ma precarietà e incertezza assolute.
L’elettricista ha un’impresetta. Non gli è mai piaciuto fare il dipendente. Questione di carattere. Fa lavori per i privati, ma partecipa anche a gare d’appalto nelle amministrazioni pubbliche. Le sue parole sugli amministratori e sui politici sono irripetibili. Mi dice che sta lavorando all’impianto elettrico in un villaggio turistico. “Case a schiera. Poco più che cartone. Lavoro nero in abbondanza. Tutti pronti a scappare se arriva un inprobabile controllo dell’ispettorato. Casette da 120 mila euro. Le stanno comprando molti milanesi, ma non per viverci. Per affittare a 3000 mila euro per quindici giorni. Distruggono il territorio e non lasciano nulla. E intanto nei vecchi paesi molte case sono fatiscenti perché abbandonate da anni dai vecchi proprietari in fuga in cerca di lavoro verso il Nord o all’estero. Rientro in estate nei primi anni, ora neanche questo”. I paesi sono feriti da questi abbandoni che mutilano il tessuto urbano. 
Insomma, crisi nera e sfiducia radicata. Si capiscono da queste chiacchiere occazionali le ragioni dell’astensionismo e dell’estinzione della sinistra, che nel Sulcis era particolarmente forte.
Rientro a Cagliari e mi dirigo verso la facoltà per il ricevimento dei laureandi. Mi fermo per strada dal mio vecchio barbiere. Sta raccontando ad un cliente attempato la solita storia, e cioé che lui lavora da settant’anni, essendo entrato in salone a dodici. E gli imbastisce una litania, che ho sentito tante volte: “Ho sempre sognato un posto fisso in Comune. Lì si può stare a casa anche un mese per un raffreddore. Io qui non mi sono mai potuto assentare, per non perdere la giornata e lavoro a quasi ottant’anni perché ho una misera pensione”. “Sa - risponde garbato il cliente - adesso non è più così. I giovani sono quasi tutti precari e non godono di ferie e di malattia e probabilmente non avranno pensione. E poi non sono neanche giovani. Io ho due figli in questa situazione e sono sulla quarantina. Finché sono in vita io, hanno un punto d’appoggio. Poi, chissà”.
Arrivo finalmente in facoltà. Mi attende un gruppo di studenti, in larga parte laureandi. Ma anche fra loro non c’è allegria o spensieratezza. Claudia ha lavorato sodo tutta l’estate. E’ molto brava. Le approvo l’elaborato della tesi, a ottobre sarà dottore in giurisprudenza. “Professore, ho molta buona volontà, ho sempre dato il massimo, ma adesso che si avvicina la laurea ho paradossalmente paura. Ho una strana preoccupazione. Cosa potrò fare?”. Le rispondo che gli studenti bravi – come lei – alla fine trovano sempre. Ma non mi sono sentito di dirle che, spesso, devono tribolare tanto e subire molte ingiuste umiliazioni. La incoraggio. Ma lei – che non solo studia ma si guarda attorno – ha già capito che aria tira.
Fine delle vacanze. Si torna alle attività abituali. Ci sarebbe un immenso lavoro politico da fare, un esercito di donne e uomini da organizzare contro il governo, per lo sviluppo, per i diritti. Ma dove, con chi? Dove si discute di queste cose?

4 commenti

  • 1 salvatore tedde
    8 Settembre 2010 - 11:26

    bel reportàge professò…; tristemente e realisticamente condivisibile. Questo è il tempo che stiamo vivendo. Niente da aggiungere.
    Per la domanda finale, tuttavia, da qualche parte non hanno mai smesso di discuterne; soprattutto per quei giovani che ha incontrato nelle vacanze sulcitane e l’altro giorno in Facoltà;
    a titolo di esempio:
    http://www.sardegnademocratica.it/index/culture/articolo/25703/terra-acqua-aria-fuoco-una-sardegna-istruita-solidale-ambientale.html
    oppure:
    http://www.irsonline.net/forum/viewtopic.php?f=1&t=6269

  • 2 sulcitano
    13 Settembre 2010 - 21:51

    Quando leggo queste storie mi viene da pensare che forse la vostra generazione con le lotte e gli ideali ha sbagliato tutto…o forse la mia generazione avrebbe dovuto lottare con più forza per rimettere le cose in ordine per i danni creati da Voi generazione “‘68″…solo il call center ci rimane e sopratutto da precari…il commercio va male la concorrenza cinese l’ha messo in ginocchio..le fabbriche chiudono …i nostri contratti del lavoro sono obsoleti..la terra ed i prodotti o meglio le ricchezze che produce sono sottopagate…professo’ come direbbe lei e come tante volte ha detto agli esami “torni la prossima volta” a raccontarmi queste cose ma la prossima volta “si presenti più preparato” sulle ragioni di questo disastro senza ripetermi a pappardella la lezione sull’antiberlusconismo.
    Con affetto da un suo ex laureando

  • 3 Giulio Lobina
    16 Settembre 2010 - 19:14

    Prof, ricorda la tesi sull’Accoglienza e l’integrazione dei Minori Stranieri non accompagnati? Sa come ci si sente a sentire frasi come quelle di Maroni: “i libici hanno confuso gli italiani con i clandestni”. E’ questo che prevede il “patto” con la Libia: sparare addosso ai clandestini? E i giovani di oggi, non sono forse tutti clandestini del lavoro?
    Mi sarei iscritto molto volentieri in Scienze del Servizio Sociale quest’anno, per completare una preparazione che mi ha portato a frequentare un Master in Criminologia (visitando anche Rebibbia…altro che Buon Cammino) e ad essere uno degli Amministratori di Sostegno più in “voga” del Servizio Tutele portato avanti splendidamente dal Comune di Quartu. Pensi che altri Comuni piano piano si appoggiano alla Cooperativa di cui, grazie alla laurea in Giurisprudenza, sono consulente legale. Il sociale sta offrendo “buoni” sbocchi. Ma Scienze del Servizio Sociale non è più attivo. Nè a Cagliari, nè a Sassari. E vabbè, allora mi sto iscrivendo in Scienze Politiche. Non sia mai che un po’ di preparazione storico-politica possa formarmi maggiormente per diventare un giorno un buon Amministratore.
    Vede Professore, iscrivermi in Medicina mi avrebbe tenuto forzatamente lontano da qualsiasi lavoro. Sei anni di studi seri. Invece così, “innui tira bentu, bentula” (diceva nonno). Altro che praticantato da Avvocato, altro che concorsi in magistratura. Li lascio a chi ha la passione. Io voglio fare altro nella vita. Bisogna arrangiarsi per ora. Fare, fare, fare. Non stancarsi mai di coltivare passioni e avere obiettivi. Occhio alla vendemmia allora. In ogni paese qualcuno ha dei campi. Ha le viti…ma ha i figli all’estero a cercare fortuna e lavoro. Raccogliamo la nostra uva intanto, così da avere almeno il buon vino per San Martino. Questa nostra Terra non va dimenticata. Bisogna combattere insieme ai pastori e agli allevatori ora. Bisogna ricordarsi che non possiamo mangiare i soldi quando finisce il grano, come diceva un grande uomo. Oggi sempre più che mai bisogna saper fare. Bisogna riscoprire un umanesimo che rimetta al centro l’uomo e il suo lavoro, non i soldi. L’uomo e il suo lavoro quale fondamento della nostra Repubblica. E quanto è diverso a volte ciò che si insegna da ciò che accade realmente. E’ strano essere assistente di diritto penale minorile, conoscere ciò che dicono i libri…e vivere procedure “diverse”, mai lette, mai studiate all’interno delle Istituzioni della Giustizia Minorile. Uno studio che non entra dentro i luoghi di cui parlano i libri non sarà mai completo. Così una politica che si limita a denunciare e a creare muri tra le correnti di uno stesso partito, anzichè ponti, non sarà mai seria. Abbiamo bisogno di una politica seria. Rinnovata e riformista. Questo PD oggi guarda alle Sante Alleanze con ex fascisti e pseudo cattolici centristi. La crisi dell’Italia è prima di tutto nelle coscienze. O risvegliamo le coscienze, o non cambierà mai nulla. E non mi chieda come si fa. E’ lei l’Insegnante. Io sono sempre e solo un ragazzo. I giovani hanno la forza di combattere. E voi che giovani lo siete stati dovreste solo ricordarvi cosa volevate alla nostra età. A questo posso rispondere, perchè mi pare sia la stessa cosa che vogliamo noi: UN LAVORO, UNA CASA, UNA FAMIGLIA. In una parola: la DIGNITA’. Sacrosanti diritti.

  • 4 sulcitano
    20 Settembre 2010 - 22:58

    “Altro che praticantato da Avvocato, altro che concorsi in magistratura. Li lascio a chi ha la passione. Io voglio fare altro nella vita. Bisogna arrangiarsi per ora. Fare, fare, fare.” condivido appieno “Mi sarei iscritto molto volentieri in Scienze del Servizio Sociale” se “scienze dei servizi giuridici ” fosse organizzata meglio ora forse saresti meno competente con le procedure ma molto di più con l’economia aziendale e la statistica….per il resto conosco colleghi che hanno trovato la totale inutilità del master in criminologia utile solo ai docenti ed al loro portafoglio…non tira bentu per il diritto …meglio fare come il professore e cercarsi un lavoro nella politica.
    con affetto da un collega ed ex allievo.

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