Con tagli e tasse non si cresce

11 Settembre 2011
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Valentino Parlato

Per favorire la riflessione sulla manovra ecco un intervento su il manifesto del 6 scorso.

L’economia italiana è messa assai male e le cure sembrano destinate ad aggravare la malattia. «L’economia italiana - scrive Pierluigi Ciocca su Repubblica del 31 agosto - è minata da scadimento della produttività, vuoto di domanda effettiva, credito internazionale precario». Una situazione nella quale - penso io - sarebbero opportune politiche keinesiane forti per rilanciare la domanda. Invece tutto il contrario. La manovra del governo è diventata una barzelletta.
Una manovra che cambia un giorno sì e un giorno no, ma comunque la sua sostanza è di tasse e tagli, come se un ammalato di grave anemia lo si volesse curare con prelievi di sangue. Viene a mente il caso di Roosevelt che dopo aver dato una ripresa all’economia Usa con misure keinesiane, nel 1937 pensando di avercela fatta praticò un po’ di austerità e precipitò nuovamente nella crisi. Tagli di spesa e tasse sono come togliere sangue allo sviluppo e, certo per paradosso, mi viene da dire che anche la sacrosanta lotta all’evasione fiscale in una situazione come la nostra finisce per risultare dannosa.
Mi sembra evidente che, ove ci fosse (come è stato proposto) un aumento dell’Iva per tre mesi, in quei tre mesi ci sarebbe un rallentamento di tutte le attività.
Di fronte alla situazione attuale Ciocca propone tre mosse: a) promuovere la produttività; b) sostenere la domanda; c) ridurre il debito pubblico. Tre mosse sacrosante, ma del tutto contrarie alla sostanza della manovra, comunque venga aggiustata. Per la produttività gli ostacoli sono la mancanza di infrastrutture e la pressione tributaria, cioè più spese per investimenti pubblici e meno tasse. Per il sostegno della domanda ci vogliono più spese, certamente produttive, ma più spese. Quanto alla riduzione del debito pubblico (riduzione e non cancellazione) Ciocca scrive: «Solo il rilancio della crescita di lungo periodo, unito alla riduzione e ristrutturazione della spesa e a una pressione tributaria perequata, ancorché attenuata, può risanare i conti pubblici». Cioè a dire che la riduzione del debito pubblico è un post. E’ il risultato di una politica di sviluppo e non di tagli e tasse.
Pierluigi Ciocca che di economia capisce assai più di me, dà una serie di suggerimenti specifici sul che fare, in particolare per quel che concerne l’abbattimento del debito pubblico, ma io che sono più grossolano non riesco a vedere come si possa rimettere in cammino un’economia assai malmessa con misure di cosiddetta austerità e penso ancora che farsi dominare dal debito pubblico (da eliminare) sia nella situazione data un controsenso e avanzo il dubbio che di fronte ai nostri attuali problemi, che minacciano una stagnazione di lunga durata, l’Europa, la Bce e quant’altro siano diventate un serio limite alla sovranità nazionale.
In ogni modo lo scritto di Ciocca affronta il problema della manovra nella sua sostanza evitando di affondare (come sta accadendo) nella discussione frammentaria e disorganica sui singoli (e variabili) aspetti della manovra medesima. La questione è estremamente seria e anche pericolosa. Forse sarebbe il momento di aprire una discussione, e il mio invito è soprattutto alla sinistra, agli economisti e ai politici dai quali è più che legittimo attendersi interventi e prese di posizione. Per come stanno messe le cose la prospettiva è di una lunga e pericolosa stagnazione. E dico pericolosa perché quando l’economia va male anche la democrazia è a rischio. Questo, almeno, ci insegna il passato.

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