Il berlusconismo secondo Ginsborg

5 Dicembre 2011
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Gianna Lai
Il berlusconismo non è finito, ha esordito Paul Ginsborg, presentando  a Cagliari il suo libro sull’argomento proprio all’indomani dell’insediamento del governo Monti. E rispondendo ad una domanda che gli era stata posta da Gianluca Scroccu, presidente della Fondazione Luca Raggio e organizzatore dell’evento, ha ribadito che Il berlusconismo può prendersi la rivincita in Italia, perchè resta forte  attraverso l’ ideologia del paternalismo, della illegalità, del clientelismo: cosa davvero brutta per una grande democrazia come la nostra, nata dalla Resistenza e dalla Costituzione.
 E non si può dire che  la recessione sia mai stata  amica della democrazia, ha proseguito Ginsborg, quindi, se adesso l’Europa  si sgretolasse, sarebbe difficile resistere,  come lo fu negli anni Trenta, a partiti orientati verso il fascismo e il razzismo, ad esempio quelli già  da tempo esistenti  nei paesi dell’Est europeo. Secondo Ginsborg infatti, che viaggia molto e scrive sui giornali stranieri, una domanda  domina  in Europa tra i giornalisti e i commentatori politici: perchè gli italiani votano per Berlusconi? Il contributo italiano alla storia e alla politica europea, si è configurato in due persone, Mussolini e Berlusconi. Siete solo capaci di introdurre nuove forme di dittature? Il contributo politico dell’Italia all’innovazione è Mussolini, il primo modello per i fascismi europei. Berlusconi, una sperimentazione soft di controllo dall’alto della democrazia, non il manganello, ma la televisione, dicono in Europa. Certo, prosegue il professore fiorentino,  è difficile la comparazione Mussolini-Berlusconi, non sono uguali, anche se sono simili i loro rapporti opportunistici con la Chiesa, simile l’innovazione nell’utilizzo della propaganda. E se per Mussolini la libertà dell’individuo deve essere messa a servizio dello Stato, per Berlusconi la libertà è libertà dallo Stato, dalle tasse, dalla magistratura. I processi storici sono lunghi e il berlusconismo non finirà i fretta, dice Ginsborg:  dopo il governo Berlusconi si apre una nuova partita. Ci sono molte cose da fare, per noi in particolare non è tempo di prendere una tazza di tè e guardare la TV. Qui manca una sinistra egemonica pronta a governare, c’è piuttosto una minoranza forte di studenti, di lavoratori, di precari, il movimento del ’se non ora quando’, fermenti della società civile, che  indicheranno agli storici, quando ne scriveranno, il modo con cui questo paese è cresciuto. Anche se spesso i giornali, come il Corriere della Sera, li tacciano per allarmisti, ispirati come sono da stupidi professori perditempo. Pesano le mancanze e il fallimento della Sinistra, ha aggiunto Ginsborg avviandosi alla conclusione, l’aver perso tutte le occasioni per prendere posizioni forti, nè era politica credibile quella di D’Alema che, convinto della debolezza di Berlusconi, si  rifiutava di analizzare il pericolo insito per la democrazia nella sua escalation. Il Pd è colpevole, e D’Alema è fortemente responsabile dell’allungamento del regime Berlusconi. Ed è  da questi settori della politica che, persa la cultura marxista, non è venuta fino ad oggi una convincente risposta alla crisi. Anzi, la Sinistra ha riprodotto gli stessi sistemi del clientelismo, della fazione, se pensiamo che è proprio in Toscana sono state poste le basi per il Porcellum.  In ogni caso l’emergenza è adesso fare unità di fronte al pericolo comune, guai se non si sarà uniti da Vendola a Di Pietro alle prossime elezioni. Perchè storicamente l’Italia è un paese di Centro-Destra, con prevalente cultura di un cattolicesimo in versione talvolta accettabile, talvolta inaccettabile. E Monti, finisce così Ginsborg il suo discorso, rappresenta una Destra storica, la faccia accettabile del grande capitalismo italiano nel quale, non dimentichiamolo,  c’è anche molto di peggio.  
 

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