Casta: l’indignazione permane, specie in Sardegna

2 Febbraio 2012
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Francesco Cocco

La riduzione di 700 euro netti ( 1300 lordi) dell’indennità parlamentare è un primo (vogliamo augurarci) segnale positivo di un nuovo clima politico. Questo anche se ci troviamo in presenza di un artificio contabile, perché, come è stato ampiamente chiarito sulla stampa quotidiana, non si è trattato di una riduzione ma più semplicemente della mancata applicazione di un aumento previsto dalla vigente normativa. E’ già qualcosa visto che se il principio del mancato aumento diventa regola per il futuro, con la ripresa dell’inflazione arriveremo tra non molti anni ad indennità parlamentari sempre più in linea con la situazione finanziaria del Paese.
Per altro verso non possiamo ritenerci soddisfatti. Rifiutiamo l’idea che il mandato politico sia l’acquisizione di uno status giuridico particolare destinato a durare vita natural durante e non limitato all’esercizio del mandato. Come altre volte abbiamo avuto occasione di sottolineare, la corresponsione di un’ equilibrata indennità parlamentare è una conquista democratica da salvaguardare, e va difesa al fine di consentire anche ai meno abbienti di ricoprire incarichi pubblici. Ma essa non può e non deve essere occasione per conquistare vantaggiosi status economici destinati a durare nel tempo. Talvolta, come l’esperienza insegna, sino alla terza generazione !.
Naturalmente ci auguriamo che il provvedimento adottato dal Parlamento sia al più presto recepito dal nostro Consiglio regionale, visto l’ancoraggio della indennità consiliare a quella parlamentare, Per amor di verità, pare che gli organi preposti alla guida della nostra Assemblea regionale si stiano muovendo o si siano già mossi in tale direzione. Ma come cittadini sardi non ci basta. Non vogliamo più leggere che i consiglieri regionali sardi sono i più pagati d’Italia. Ci sentiremo molto più orgogliosi della nostra autonomia se leggessimo che sono i meno pagati. Credo che il loro prestigio, ormai così basso, aumenterebbe di molto. Sino a quando così non sarà, la nostra indignazione permane. Anzi è destinata ad aumentare.
Così mi pare positiva la decisione del governo di fissare un tetto alle retribuzioni degli alti vertici burocratici: non devono superare quanto percepito dal primo presidente della corte di cassazione. Quando c’era maggiore attenzione all’amministrazione della cosa pubblica si applicava un’attenta equiparazione tra i titolari delle funzioni amministrative. Poi a partire dagli anni 80 si è verificata una vera rincorsa al “magna magna” . Così tutti gli equilibri sono saltati.
Il principio vale anche per gli incarichi economici a meno che non si tratti di società quotate in borsa. In tal caso quella che è una sostanziale rapina alla comunità viene legittimata…….Conosciamo i casi alla Guarguaglini che dopo essere riuscito a far precipitare la Finmeccanica in profondo rosso, trattandosi di una corporate quotata in borsa , è riuscito a farsi liquidare 5,5 milioni ( oltre 10 miliardi di vecchie lire), anziché essere perseguito con una azione di responsabilità civile per i gravi danni arrecati alla comunità nazionale.
Fin quando simili situazioni non cesseranno, la nostra indignazione di cittadini è destinata ad aumentare. E l’indignazione impone azioni conseguenti.

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