Il diritto all’istruzione contro i falsi miti del liberismo

6 Aprile 2012
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Rosa Maria Maggio - Cidi

 La Banca d’Italia ha dimostrato che investire in istruzione conviene, che il rendimento dell’investimento in istruzione è superiore al rendimento dei titoli di Stato, che il reddito dei più istruiti è maggiore rispetto a quello dei paesi meno istruiti, che il PIL cresce se cresce l’istruzione di un paese.
Ora però stiamo assistendo al fenomeno inverso, e cioè al fatto che i ragazzi istruiti e più istruiti non trovano occupazione, che l’istruzione non è più un fattore di crescita sociale nel nostro paese.
Che cosa sta succedendo? Dall’Unione europea s’invoca la riduzione della spesa pubblica, la privatizzazione dei servizi pubblici, l’aumento della flessibilità nel mercato del lavoro, la liberalizzazione del commercio, dei servizi finanziarii, dei mercati dei capitali, l’aumento del livello della concorrenza.
Nel “Manifesto degli economisti sgomenti”, Philippe Askenazy, Thomas Coutrot, André Orléan e Henri SterdyniaK, tutti ricercatori francesi, mettono in discussione alcune certezze neoliberiste da loro definite “false”: dall’efficienza dei mercati finanziarii al fatto ch’essi favoriscano la crescita economica, dalla credenza che i debiti pubblici siano il risultato di una spesa pubblica eccessiva al fatto che il debito pubblico si scarichi sui nostri nipoti.
A queste false certezze ci si può efficacemente opporre solo con l’istruzione, ovvero solo l’istruzione ci consente di mettere in discussione quelle false certezze. Dice Baumann: “Comprendere la propria sorte significa essere consci della sua differenza rispetto al proprio destino. E significa anche conoscere la complessa rete di cause che determinano quella sorte e la sua differenza rispetto a quel destino. Per operare nel mondo (anzichè essere da questo manipolati) occorre conoscere come il mondo opera…”.
E’, dunque, importante l’educazione perché mira a preparare i giovani alla vita nelle realtà in cui sono destinati a vivere. Per dirla con De Mauro, i ragazzi hanno bisogno di un’istruzione, utile, dei saperi pratici, concreti, spendibili. Per Baumann sarebbe necessaria una “rivoluzione culturale”. Nel bel libro “Conversazioni sull’educazione”, egli dice che una delle ragioni che rendono più urgente una rivoluzione culturale deriva dal fatto che l’esposizione massiccia ai programmi televisivi di intrattenimento che chiama lo strip-tease-emotivo, rappresenta un modo analogo all’uso dei metodi indispensabili all’egemonia culturale del popolo di cui parla Gramsci, ma rovesciato e diretto a rendere il popolo stesso riluttante a impegnarsi nella cultura e nel pensiero critico; a questo va aggiunto lo svilimento della scuola e la disconferma degli insegnanti.
Invece bisogna ripartire dalla scuola come dice De Mauro.
In questa società di Neet, “la tecnica usata per produrre legioni di NEET è proprio la depravazione usata come strategia di deprivazione” dice ancora Baumann, perchè sposta l’attenzione dalle cose importanti della vita alle cose più seduttive in grado di rendere piacevole la deprivazione. Ciò nondimeno si diffonde anche il fenomeno di stuoli di studenti laureati che non trovano lavoro e per i quali lo studio non è più un ascensore sociale.
I Governi non investono in istruzione e ricerca. Ai giovani viene negato un futuro. Il fenomeno, oramai diffuso a livello mondiale, di laureati che non trovano lavoro o che svolgono lavori meno qualificati rispetto al loro titolo di studio, ci porta a mettere in discussione le certezze di taluni economisti liberisti, compresi quelli della Banca d’Italia precedentemente citata.
Quindi non una maggiore istruzione per rinforzare uno sviluppo economico funzionale alla crescita del capitale finanziario, al mercato globale, ma una maggiore istruzione per comprendere la realtà e ideare nuovi modelli economici e culturali che consentano un vita migliore. Osserva Bauman nel suo “Vita-liquida” che “un tempo la direzione delle traiettorie di un’arma balistica erano già determinate. Ora si usano armi intelligenti che seguono una traiettoria fluida, capace cioè di adattare la loro traiettoria ai bersagli che verranno selezionati durante il percorso stesso.
I missili intelligenti cioè apprendono mentre si spostano.
Così come apprendono essi dimenticano e possono essere in grado di riprogrammarsi all’occorrenza”.
Questo esempio vale anche nella formazione, che, nell’ambiente liquido moderno, deve essere continua, anzi permanente, cioè protrarsi per tutta la vita. Ciò non ha a che fare con l’adattamento dell’uomo alla velocità dei cambiamenti ma col rendere il mondo più ospitale per l’umanità. Non è solo la formazione orientata al lavoro che deve essere aggiornata, e quindi non solo le abilità tecniche che cambiano velocemente e devono essere adeguate, ma anche la formazione alla cittadinanza. Solo una pedagogia laica, all’interno di uno spazio ampio del sapere umano, aperto alle discussioni, alle domande, alla ricerca, al dubbio, consente allo studente, a colui che si forma, che cresce, di sentirsi libero di operare le scelte che ritiene più opprtne per sé stesso,laddove la scuola sia però uno spazio dove intraprendere il percorso della scoperte e della conoscenza senza pregiudizi, senza i limiti imposti da una visione dogmatica.
Abbiamo bisogno della formazione permanente e laica, anche sui temi economici, per darci una alternativa.

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