6 maggio: referendum anti-casta o pannicelli caldi?

3 Maggio 2012
3 Commenti


Andrea Pubusa

Com’era facilmente prevedibile, il Tribunale di Cagliari, dopo il Tar, ha rigettato il ricorso dell’Unione province sarde contro i referendum che le riguardano. Dunque, il 6 maggio, con un’unica convocazione degli elettori, si svolgeranno in Sardegna tutti i referendum proposti: 5 abrogativi di leggi regionali e altrettanti consultivi.
I 5 referendum abrogativi recano quesiti volti ad eliminare le leggi istitutive delle province regionali, Sulcis, Medio Campidano, Gallura e Ogliastra. Non potendo sottoporre a referendum le leggi costituzionali, per le province “storiche” si pone solo un quesito consultivo sulla loro abolizione.
Voto consultivo anche per la riscrittura dello Statuto speciale ad opera di  un’Assemblea Costituente eletta a suffragio universale da tutti i cittadini sardi.
Poi un quesito sull’elezione diretta del Presidente della Regione Autonoma della Sardegna, ma con la scelta dei candidati attraverso elezioni primarie normate per legge”.
L’ottavo referendum vuole sopprimere le indennità dei consiglieri regionali, da ridurre a 50 rispondendo sì al decimo referendum, mentre il nono mira ad abolire i consigli di amministrazioee degli enti e agenzie regionali.
Che dire di questa consultazione? Che senso ha? Cosa esprime?
A detta dei promotori è un attacco senza ritorno alla casta e ai costi della politica. Vuole essere uno stimolo o una spallata in questa direzione. In realtà, in alcuni punti è demagogico. Come si fa a sopprimere i consigli di amministrazione? Si possono eliminare una serie di enti poco utili. Si possono e si debbono ridurre i consigli di amministrazione pletorici, ma eliminare gli organi collegiali di governo in favore di autocrati lascia perplessi. Sembra un rimedio peggiore del male e alimenta la convinzione che sia la collegialità il male e non l’assenza di capacità di scelta di persone all’altezza. In realtà, non si capisce perchè un autocrate di un ente dovrebbe far meglio di un organo collegiale. Non c’è invece il pericolo che una guida monocratica presti il fianco a gestioni incontrollate e sbilanciate? 
La riduzione dei consiglieri regionali a 50 è un’inutile idiozia. Le assemblee, senza essere pletoriche, non sono ampie per elargire prebende. Lo sono per consentire una rappresentatività territoriale, di idee e d’interessi. 50 membri è poco, rischia di trasformare le commissioni consiliari in minuscoli organi, che facilmente possono divenire comitati d’affari. Giusto invece ridurre il trattamento economico dei consiglieri regionali, ora del tutto sproporzionato rispetto alla funzione. Ma qui il problema è di prevedere una procedura partecipata per la quantificazione dell’indennità. Salvo un clima di grande rigore, fissarsi lo stipendio reca il pericolo di una lievitazione ingiustificata verso l’alto. Un organo popolare ben formato potrebbe contemperare l’esigenza a indennizzare l’esercizio della funzione rappresentativa, onde consentirlo a tutti e in modo dignitoso, con l’esigenza di non trasformare il trattamento in una prebenda. In questa direzione perché non eliminare l’indennità per i consiglieri comunali e provinciali, salvo un rimborso spese rigorosamente a piè di lista?
Il quesito sulle province è poco utile su quelle storiche per le quali può disporre solo una legge costituzionale; per quelle regionali forse l’abolizione è utile, ma occorrerebbe prevedere istituzioni di coordinamento sovracomunale. A metà degli anni ’70 si sperimentarono, senza successo, i “comprensori”, mantenendo però le province. I circondari previsti dal testo originario della Costituzione come organismi di decentramento provnciale potrebbero risolvere i problemi amministrativi delle attuali province regionali con circoscrizioni troppo ampie. Bisognerebbe riflettere su questo. Certo è che tra comuni e regione un ente intermedio sembra necessario.
I referendari poi non mettono in discussione la forma presidenziale e il bipolarismo. Vogliono solo le  primarie sulla scelta dei candidati alla presidenza. Ma non vedono che il presidenzialismo e il bipolarismo non consentono un’accettabile  capacità di governo? Non vedono il deficit democratico che il presidenzialismo ha creato, dai comuni al governo centrale? Ne è un esempio l’ineffabile Cappellacci, che, anziché proporre la riforma delle istituzioni regionali con adeguate iniziative legislative, da presidente della Regione si agita e fa mostra come uno dei più convinti referendari. Che pena e che tristezza! Ed allora perché non fare uno sforzo di fantasia e pensare ad un sistema proporzionale corretto. In Germania ha funzionato. Forse potrebbe andare bene anche da noi.
Quanto alla revisione dello Statuto speciale per la Sardegna l’assemblea costituente è poi una sparata demagogica, se non si precisa ch’essa è un organo consultivo o propositivo verso il Consiglio regionale. Al più si può dire che si tratta di un rinforzo, ma senza un Consiglio regionale forte, è difficile trovare in un’assemblea esterna il toccasana per una classe politica senza slanci e senza iniziativa.  Non sarà questa una nuova occasione di prebende per la tanto vituperata casta? Dovranno anche questi “costituenti” avere un trattamento economico e il riferimento “naturale” è l’indennità dei consiglieri. Non c’è il rischio, per un certo tempo, di avere nell’Isola due caste regionali ben remunerate?
Che dire in estrema sintesi su questa mega-consultazione? Al di là delle buone intenzioni dei promotori, sembra un modo superficiale e talora privo di fantasia e senso pratico per dare sbocco agli umori antipolitici dell’oggi. Ma i problemi veri questa consultazione popolare non sembra neache sfiorarli. Può darsi che andare a votare e votare “sì” sia un sasso gettato in uno stagno melmoso. Ma per ridare forza alle istituzioni occorre uno scatto in termini di analisi e di proposta. Comunque tutti alle urne, poi si vedrà.

3 commenti

  • 1 michele podda
    3 Maggio 2012 - 16:46

    Su santu chi t’at fatu, Diretore
    ja si biet chi ses un’avocau
    in pac’ora l’as sortu e isconzau
    su ch’at fatu su Sòziu Promotore
    e mantesu as su pòveru letore
    chene suspiru, in gurguzu afocau;
    po sa bona fortuna in cuncruida
    cun noe “SI” nos la sarbas sa vida.

    (traduzione)
    Accidenti, Direttore
    si vede proprio che sei un avvocato
    in un attimo hai sbriciolato e demolito
    quel che ha costruito il Comitato Promotore
    e hai tenuto il povero lettore
    senza respirare, soffocato in gola;
    fortunatamente in conclusione
    con nove “SI” ci togli dall’imbarazzo.

  • 2 francesco cocco
    4 Maggio 2012 - 08:25

    ………considerazioni ampiamente condivisibili..Purtroppo bisogna constatare che la sinistra, che su taluni aspetti avrebbe dovuto prendere l’iniziativa, ancora una volta è immobile…….

  • 3 michele podda
    5 Maggio 2012 - 11:25

    Caro Direttore, che si fa sui referendum?

    Mi sto ancora chiedendo, come tantissimi altri immagino, che cosa convenga fare, se andare o meno a votare e come votare; e ciò, nonostante la tua corretta e spietata analisi, che molto chiarisce.

    Intanto apprezzo che tu ne parli. Altri blog che seguo non tentano minimamente di spiegare i pro e i contro dei quesiti referendari, nè tantomeno di dare qualche dritta sul voto (Manifesto sardo, Maninchedda, Fondazione Sardinia…Psdaz…e qualche altro!).

    Io, con una libera interpretazione del tuo articolo ho dedotto, o meglio mi sono convinto, per nove “Si” e un “No”, e provo a spiegare, sorvolando per ora sull’onestà intellettuale di qualcuno fra coloro che hanno proposto i referendum, o di coloro che stanno a guardare senza esprimersi.

    Quesiti 1, 2, 3, 4, 5:
    L’abolizione delle Province, storiche o meno, è utile perchè sono enti inutili, beninteso prevedendo un adeguato coordinamento sovracomunale, che in tanti casi esiste già per iniziativa dei Comuni stessi, i quali potrebbero costituire aggregazioni ben strutturate e normate in tutto il territorio della Sardegna. Sarebbe opportuno votare “SI” cinque volte.

    Quesito 6:
    Certamente un solerte e forte Consiglio non avrebbe bisogno di Assemblee; ma poichè la situazione è quella che è, e siccome coinvolgere più rappresentanti popolari non dispiace, che si elegga questa Assemblea Costituente badando a non creare un’altra casta. Dunque “SI”.

    Quesito 7:
    Mi pare che qui non ci siano dubbi su quello che sarebbe il male minore; il voto è senz’altro “NO”.

    Quesito 8:
    Niente da dire: le indennità devono essere proporzionate, perchè sia consentito a chiunque di svolgere adeguatamente la funzione rappresentativa. Ma perchè togliere un gettone di presenza (20 o 30 €.)ai Consiglieri comunali? Il voto è “SI”.

    Quesito 9:
    E’ evidente che il quesito è mal posto, e il problema resta soltanto quello di eliminare gli enti inutili; dunque si vota “SI”.

    Quesito 10:
    E’ vero che in teoria l’ampiezza delle Assemblee ha senso per la rappresentatività territoriale, ma fra gli oltre mille componenti del nostro Parlamento ho visto trascurati Sud e Sardegna e ho visto comitati di affari. Dunque scendere da 60 (come tu proponevi) a 50 Consiglieri non comporterebbe grosse differenze, se si lavorasse nella giusta direzione, coinvongendo più e meglio i Comuni (Sindaci e/o Consiglieri). Nonostante i tuoi dubbi, io proporrei di votare “SI”, per far capire che gli sprechi devono essere evitati a partire dall’alto.

    Non sono convintissimo ma, come dicevo, così votando commetterei forse l’errore minore.

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