Liste di SEL: not in my name

16 Gennaio 2013
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Pietro Maurandi

Da Pietro Maurandi, ex deputato e già coordinatore regionale di Sinistra democratica, una delle formazioni che ha dato vita a SEL, riceviamo e volentieri pubblichiamo.

E’ fatta! Le primarie di SEL in Sardegna si sono concluse secondo le più accreditate previsioni. I due candidati nei posti sicuri sono il segretario regionale Michele Piras e il consigliere regionale Luciano Uras. Le donne sono in posizione marginale, dei territori è rappresentato solo Cagliari, delle diverse sensibilità è rappresentata solo quella dei padroncini del partitino.
Inutilmente io e altri compagni abbiamo avanzato proposte per regolare le primarie in modo che le posizioni utili in lista risultassero equilibrate, per genere, per territorio e per sensibilità. Inutilmente sono state avanzate proposte nell’assemblea regionale. Sono state tutte respinte, perché si preoccupavano dell’unità del partito ma confliggevano con gli interessi di chi se ne è impadronito.
Per di più scopro, dal circostanziato resoconto di Giovanni Meloni coordinatore della provincia di Sassari, che il regolamento è stato calpestato, che sono state commesse vistose irregolarità e che c’è un intenso sapore di brogli.
Niente di tutto questo mi meraviglia. Avevo previsto che sarebbe andata così perché questo è il logico risultato del modo in cui SEL è gestita e organizzata in Sardegna. Ma scopro che le cose purtroppo non sono molto diverse in altre regioni. Le primarie e la formazione delle liste sono solo l’ultima tappa di un disegno che è stato definito e predisposto  da tempo, con scientifica precisione, dal ristrettissimo gruppo dirigente: collocarsi in Parlamento sfruttando le condizioni di un partito (lasciato) privo di organizzazione, di luoghi di confronto, di processi limpidi e democratici di decisione. Insomma le ragioni per cui SEL è nato sono state sacrificate e piegate agli obiettivi personali dei dirigenti; il partito (o quello che è) viene usato come un autobus per portare nelle istituzioni personaggi di dubbio valore e di sicura spregiudicatezza.
Non c’è niente di nuovo. Tutto incomincia fin dalla nascita di SEL, quando un gruppetto di persone si impadronisce di un partito nascente con ben altre prospettive, anche allora con disinvoltura, dispregio delle regole e violazioni della democrazia.
In queste condizioni che fare? Molti compagni, pur delusi e amareggiati, pensano che bisogna combattere all’interno per ribaltare la situazione. Penso che si facciano delle illusioni. Io e altri abbiamo tentato di farlo ma ci siamo scontrati con metodi spregiudicati, che nulla hanno a che fare con la buona politica e con l’equilibrio che deve guidare la vita di un partito democratico.
Penso che sia illusorio per due ragioni. La prima è che i padroncini del partitino diventeranno più forti e più prepotenti. La seconda, la più importante, è che è fallito il progetto originario su cui SEL (e prima ancora Sinistra Democratica e La Sinistra per la Sardegna) era nata: lavorare per costruire un grande partito della sinistra, che mettesse fine alla diaspora delle sue componenti e alle sue lacerazioni. Era questo il senso del “seme” di cui parlava Vendola. Ma tutto questo da tempo non c’è più.
Quello che è accaduto nella formazione delle liste è semplicemente la conferma di una situazione che io e altri da tempo denunciamo e contrastiamo.  Ci troviamo con un piccolo partitino leaderista, che ha smarrito le ragioni della sua nascita, che è in perpetua oscillazione fra deriva estremista e subalternità al PD, che in barba alle primarie piazza nei posti utili il gruppo dirigente nazionale.
Non posso entrare in questa sede nel merito delle posizioni assunte in consiglio regionale e altrove, che hanno profondamente sorpreso e turbato molti militanti e che non sono state discusse in alcuna sede di partito. Ma non mancheranno occasioni per farlo.
Che cosa vale allora continuare a battersi dentro SEL? Ne varrebbe la pena se, corrette le manovre di bassa lega e le vistose degenerazioni, ci fosse la possibilità di riprendere il progetto originario. Ma la realtà è che dietro manovre, intrighi e opportunismi non c’è nulla di politicamente interessante. Si tratterebbe allora semplicemente di sostenere e avallare metodi e scelte destinate a soddisfare obiettivi e aspirazioni personali. Io non intendo avallare in nessun modalità e contenuti che non mi appartengono e non intendo sostenere personaggi che non mi rappresentano.
Faranno quello che hanno deciso e progettato, ne hanno il potere, le intenzioni e la spregiudicatezza. Ma non in mio nome.

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