I forconi e l’importanza dei gesti simbolici

18 Dicembre 2013
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Francesco Cocco

Oggi è prevista a Roma la manifestazione nazionale dei “forconi” (così impropriamente chiamati), anche se ci sono divisioni nel movimento. Ecco sulle manifestazioni, che scuotono il Paese, una interessante riflessione di Francesco Cocco.

Nutro sentimenti di simpatia nei confronti del prof. Cacciari, particolarmente presente nei dibattiti televisivi. So che è stato un buon deputato eletto nelle liste del PCI (altra era geologica), un bravo sindaco di Venezia ed un illustre docente universitario. Debbo però sottolineare che la sua conclamata sottovalutazione dei gesti simbolici m’infastidisce non poco. Lo ricordo in un dibattito televisivo di qualche tempo fa in cui ironizzava sul peso della riduzione delle indennità parlamentari  in quanto le stesse non avrebbero inciso significativamente sulle passività del bilancio dello Stato. Anche di recente è tornato sull’ argomento in occasione di un talk-show, condotto da Lilli Gruber, sottovalutando l’importanza dei gesti simbolici. Anche stavolta il discorso cadeva sui costi istituzionali della politica.
Certo non occorre essere esperti di contabilità di stato per comprendere che per risanare il bilancio di questa nostra disastrata Repubblica occorre ben altro che il  risparmio sulle indennità parlamentari . Ed allora pensando alle parole del prof. Cacciari mi è venuta in mente una riflessione del grande economista M. Keynes  quando ebbe modo di soffermarsi sulle conseguenze economiche della prima Guerra mondiale. Il grande economista (che di bilanci pubblici s’intendeva non poco) ebbe modo di mettere in evidenza come gli enormi sacrifici dei lavoratori per costruire la potenza industriale  dei loro paesi venivano sopportati  solo in quanto nell’etica dominante anche la grande borghesia capitalistica doveva dare dimostrazione di parsimonia. La parsimonia era quindi per Keynes  il “gesto” simbolico che rendeva accettabile il sacrificio.
Cos’è la rabbia che sta montando in Italia se non il rifiuto per una politica che, arroccata sui privilegi, non sa guardare ad una realtà economica e sociale che sprofonda sempre di più. Questo è in sintesi il “movimento dei forconi” che nella rabbia trova il comun denominatore di una ribellione verso  chi per anni è andato auto-attribuendosi e distribuendo privilegi e non vuol capire che il “gesto simbolico” indicherebbe  una chiara volontà d’invertire il senso di marcia. Naturalmente per acquisire valore e dar peso al gesto simbolico occorre che attinga alla rinuncia personale, in caso contrario sarà vetusta retorica destinata a scavare solchi più profondi tra la società e le istituzioni.
Pensando al senso di ribellione che monta da Nord a Sud del Paese, il pensiero di Keynes  mi ha suggerito un interrogativo: non pensa chi ha responsabilità della cosa pubblica  che i sacrifici che devono affrontare oggi le famiglie  sarebbero più sopportabili se il costo delle istituzioni non fosse fonte di ingiusticati  arricchimenti? E non si citi la favoletta del mercato che imporrebbe certe remunerazioni. Le indennità pubbliche ( comprese quelle dei tanti enti economici o meno) hanno sempre risposto ad una logica di servizio e non di mero guadagno.   Ad una logica cioè che in democrazia deve consentire a tutti l’accesso alla carica pubblica ma a nessuno deve concedere cadreghe e prebende.

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