Elogio del ripetente

7 Marzo 2014
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Gianna Lai

Eraldo Affinati, Elogio del ripetente. Mondadori: oggi 7 marzo,  ore 16,30 alla MEM - Mediateca Mediterranea - via Mameli n. 164, organizzato dal CIDI, si terrà un incontro con l’autore e si discuterà di insegnamento, recupero dei “dispersi” - in un certo senso anche i docenti lo sono - di ragazzi e ragazze difficili.
Ecco sul libro un recensione di Gianna Lai.

Dalle storie degli adolescenti, la rappresentazione di  una cultura viva e forte della scuola, che pone al centro gli studenti nel loro agire diverso e sempre originale. Con affetto e simpatia li descrive Eraldo Affinati ne L’elogio del ripetente (Ed. Mondadori, 2013 euro 10,00), attraverso lo sguardo dell’insegnante testimone e protagonista insieme  a loro di questo processo di continuo cambiamento, per costruire, dentro una materia di così importante riflessione,  il  bel racconto dell’esperienza quotidiana. I casi concreti sembrano dare corpo alla narrazione, mentre gli episodi  si snodano a introdurre, o semplicemente a suggerire, il quadro generale, restituendo forma e visibilità  a tutti gli studenti di questa scuola.  Tante storie per porre   problemi reali, lasciandone intravedere soluzioni  o solo anche possibili risposte.  E non isolatamente concepite, ma dentro una continua verifica, un convinto attaccamento all’esperienza diretta della classe, da cui  in modo del tutto naturale emerge lo sguardo critico dell’autore.  Manuel  ha 15 anni, ‘l’età canonica dell’inquietudine febbrile, e un padre che se la prende con i rumeni’ E Fulvio, ‘non sta fermo un secondo. Appena trova un varco, scappa via’. Si rincorrono tutti questi nomi di ragazzi, quindicenni  del tutto demotivati, non scolarizzati, e poi dislessici non certificati, e figli di separati e figli di immigrati. E il ripetente, sempre a un passo dall’abbandono, che ‘colleziona note’ e ‘oppone resistenza in ogni modo’ e al quale si deve perlomeno ‘riconoscere che, se è responsabile di quello che fa, tuttavia non sbaglia da solo’.
Un modo di elencare che, quando il discorso si fa stringente, sembra chiamarti in causa, per dirti, guarda, questa realtà è molto complessa,  molto difficile da capire. Ed allora  comincia faticosamente ad emergere e a materializzarsi anche  il nostro punto di vista,  e  ti senti chiamato  a prendere posizione, a pensare  come si  sia tutti responsabili dell’abbandono e della dispersione scolastica, per  aver lasciato al loro comune destino di solitudine  giovani e insegnanti. Vittime antiche dell’indifferenza di una società impreparata, e dell’incuria totale delle istituzioni, solo impegnate, come dice l’autore, a ‘fare  proclami’. Ecco, il libro di Affinati per il lettore consapevole è davvero strumento di conoscenza di  una gioventù in crescita, che vive l’esperienza più  impegnativa dell’esistere, il lavoro dello studio, la fatica dell’apprendere. Imparare e  formare  se stessi, la mente, l’ intelligenza, in una relazione con  maestri e  insegnanti che, di questa responsabilità, devono ogni giorno prendere coscienza, per sapere come muoversi.  Pone al centro le pecorelle smarrite, l’autore, che  desiderano attenzione e chiedono risposte, ‘Pinuccio e Lorenzino   bussano alla porta dell’Istituto professionale, nel tentativo di trovare un posto nella  società’. E  l’esperienza vissuta inizia a dare alla narrazione un tono più problematico, quasi di ricerca  interiore, sui passaggi cruciali della propria  infanzia e adolescenza, per fare chiarezza prima di tutto dentro di sè.  Per porsi in seria relazione con il cambiamento, con l’età e la crescita dello studente, fino a quando ‘i suoi  problemi diventano i tuoi’. Ciò che  può avvenire solo nella scuola, unico luogo sociale del confronto fra generazioni. Sedersi fra loro e guardarli con attenzione, capire cosa li fa soffrire, e dargli sempre la parola. E, come nuova assunzione di responsabilità, giocare a pallone con loro e andarli a trovare durante le vacanze di Pasqua.  Ma se Romoletto,  figlio di egiziani copti,  si riesce a renderlo attivo e partecipe nelle spiegazioni di storia antica, e se Giulio, ripetente litigioso, ’si trasforma in volontario’ per insegnare l’italiano ai ragazzi stranieri, e se a  Emanuel e a Attilio,  insofferenti ed emarginati, si può restituire dignità, quando diventano ‘capoclasse’ e devono occuparsi dei loro compagni,  ‘la deresponsabilizzazione, ecco che cosa non funziona’, per Affinati, nella scuola italiana. Sono studenti abbandonati alla loro solitudine ‘le mele marce’ dell’indifferenza dei docenti, e la prima risposta alla domanda più significativa del libro ‘e noi quali rimedi possiamo trovare?’,  è proprio quella di essere insegnanti che affrontano insieme a loro le difficoltà. Come fosse il primo diritto degli studenti, responsabilizzare e costruire l’impresa della motivazione, questo il compito della scuola. E  ‘premiare il movimento’, perchè la sufficienza raggiunta da Alessio vale molto meno di quella conquistata da Marco, tenendo conto che  il peggiore degli studenti ha sempre compiuto un passo in avanti, rispetto alla sua famiglia16. Il ripetente può salvarsi se viene trascinato,  in un contesto culturale nuovo, a mettersi alla prova,  a vedere  che cosa è capace di fare, se noi gli diamo  ancora la parola, perchè illustri l’argomento ai suoi compagni. Se noi lo coinvolgiamo in quelle esperienze che avvicinano all’uomo e alla storia, la lettura del romanzo in classe, come evento conoscitivo e non compito scolastico, Rosso Malpelo e le acque del Nilo e il cinema di Spielberg e l’incontro con la testimonianza della Shoah, nella persona di Piero  Terracina, che parla agli studenti. E’ il  ripetente a dare le  maggiori soddisfazioni, più in generale il ripetente critico, che respinge il sistema di valutazione, e che pone la scuola di fronte alla responsabilità dell’abbandono e della dispersione. E impone al sistema  di fare i conti con ‘la patetica inefficacia delle circolari ministeriali’, e col deteriore e dannosissimo  ‘allenamento ai quiz delle prove Invalsi’, perchè l’ intelligenza  sfugge alle misurazioni, e alla astrusa sequela di tutti quei voti.
Ogni episodio, una storia narrata con leggerezza, un racconto letterario che ci apre a nuove realtà: basta scorrerli, i titoli dei paragrafi, la finzione pedagogica,  frantumi italiani, tempesta cerebrale, il fuoco della letteratura, il cuore grande del ripetente. Ripartire dai giovani, e trovare la strada nel lieto fine del libro di Affinati, che vede il ripetente impegnato, dopo vent’anni, a Penny Wirton, alla scuola per gli stranieri. Senza voti, senza registri, senza burocrazia. Ne traesse ispirazione la scuola italiana, sarebbe l’ultimo rimedio da opporre al degrado dei tempi. Per capire che le vere eccellenze sono quelli che si fanno carico degli altri, e che a scuola aiutano i più fragili, come Alessio, Carlo e i loro compagni , incaricati di  rappresentare agli occhi dei lettori il Paese migliore.
              

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