Giunta regionale di ordinaria amministrazione

10 Settembre 2014
2 Commenti


Amsicora

Non c’è bisogno d’essere indipendentisti o sovranisti, basta un moderato spirito autonomistico per avere molti motivi di critica verso questo esecutivo regionale. Non c’è un  settore in cui abbia marcato una discontinuità rispetto a quello precedente, non c’è un campo in cui sia riuscito ad imporre al governo nazionale il proprio punto di vista. La questione delle basi militari è paradigmatica di questa irrilevanza politica. Qui non c’entra la vecchia distinzione fra governi amici e non. La Regione, quale ente rappresentativo della comunità regionale, ne cura e manifesta gli interessi, così come lo Stato esprime quelli nazionali. Ognuno ha un potere-dovere istituzionale di perseguire l’interesse affidato dall’ordinamento alla loro cura, senza alcuna influenza determinata dall’appartenenza politica o partitica dei rispettivi governanti. Pertanto, confronti duri sono fisiologici e non hanno alcunché di anomalo o straordinario, anche quando si è tutti, amministratori regionali e nazionali, dello stesso partito o coalizione. Nel caso delle servitù militari gli interessi sono particolarmente forti, dai produttori di aemamenti all’antico vizietto capitalistico di rapinare le risorse nel terzo mondo. In questa materia la convergenza fra governo locale e nazionale è possibile solo ove quest’ultimo promuova, con chiarezza, una politica pacifista, di contrasto degli interventi armati (idest, delle politiche neocoloniali). Ma questo non è il caso di Renzi, che anzi, almeno verso la Russia, è meno moderato di Berlusconi. Un governo con una politica estera totalmente subalterna all’asse anglo-americano non può restringere la presenza di basi sul proprio territorio. E non è un caso che, mentre Pigliaru farfugliava qualcosa sul tema, la Ministra della Difesa annunnciasse il raddoppio della base di Teulada, dove si è recata in visita senza neanche avvertire il Presidente della Regione Sarda. Sarebbe stato più che un gesto di cortesia e di galeteo istituzionale, un segno di attenzione. Il fatto che non ci sia stato indica come l’opinione di Pigliaru sia ritenuta dal governo irrilevante.
C’è stata una levata di scudi contro il gesto della ministra; tuttavia, se badiamo alle cose senza infingimenti, che credibilità ha un Presidente di Regione che dice d’essere contrario agli insediamenti in Sardegna, mentre afferma di condividere la politica interventista del governo nazionale? Quale forza di contrasto può avere se ad ogni piè sospinto afferma di essere un convinto sostenitore del capo del governo che enuncia tale indirizzo politico? La credibilità è pari a zero perché tale posizione si limita a contestare la presenza delle basi nell’orto di casa nostra, la terra sarda, ma non lo contrasta sul suolo italiano. La posizione è debolissima perché è fuor di dubbio che l’ubicazione di installazioni di rilevanza strategica fuoriesce dall’ambito di competenza regionale per rifluire in quella del governo nazionale. Ben altra credibilità anche personale, oltre che istituzionale, hanno quelle personalità e quei partiti politici che contestano la presenza militare nel quadro di una adesione integrale al principio pacifista sancito dall’art. 11 Cost.
Queste considerazioni spiegano perché questa giunta è poco incisiva e priva di mordente. Poi c’è un’altra questione che è vecchia come il cucco. Il “governo dei filosofi”, dei sapienti, sconta un deficit democratico, mentre la scelta democratica talora dà governanti non all’altezza. Oggi in Sardegna i difetti si cumulano perché la pesca dall’università non ha garantito la “filosofia”, la qualità (basta vedere i mediocri risultati che taluni dei nostri prof-assessori hanno prodotto come amministratori all”interno dell’Università), e sono sicuramente privi di un supporto democratico. Non c’è collegamento coi settori importanti della società né spinta popolare. Pigliaru non rappresenta nessuno. E’ stato scelto come foglia di fico di un ceto politico impresentabile, che entra ed esce dalle procure. Gli altri sono stati scelti perché amici suoi o amici di questo o quell’indagato. In queste condizioni andare oltre l’ordinaria amministrazione, la navigazione a vista, non è possibile. Solo un sommovimento popolare potrebbe cambiare le cose. Ma il gatto si morde la coda: i movimenti richiedono forze e classe dirigente capaci di suscittarli e guidarli. Torniamo al punto di partenza.

2 commenti

  • 1 Ospitone
    12 Settembre 2014 - 12:45

    Resone est chi non tenes! Tanto è vero che appena saputo della partecipazione di tutti i partiti e persino delle Istituzioni, quelle stesse che finora niente o quasi hanno fatto in ciò che pure era nelle loro possibilità, ho accantonato l’idea di andare ad intrupparmi nel Grande Minestrone.
    Eppure ora ci sto ripensando. Non abbiamo sempre detto che in Sardegna cambierà qualcosa quando una grande maggioranza dei Sardi troverà l’unità di inetnti? Questa potrebbe essere una buona occasione, un po’ come per i rifiuti della Campania o la prspettiva del nucleare o la ricerca di giacimenti sottomarini; forse anche di più, perché tutti sentiamo crescere il peso del disprezzo della nostra autonomia, e della nostra dignità.
    Si potrebbe osservare che Pigliaru, Cappellacci e tutti quei dirigenti dei partiti con la “I” (si diceva un tempo) e non solo, non hanno a cuore le sorti della Sardegna, bensì la ricerca di visibilità, e sono disposti a cavalcare qualunque protesta pur di ricavarne favore popolare e voti, dunque potere personale più che altro. E’ vero in gran parte, ma se il loro tornaconto può favorire un risultato positivo, mai si torren a bier, li consideriamo in buona fede anche se così non fosse.
    Il vero problema però è un altro, come tu dici. Fare una lotta e magari vincerla, potrebbe renderci fieri forse, ma la prospettiva di andare a cercare funghi non incoraggerebbe ad altri impegni comuni ben più importanti. Inutile ricordare i grandi temi che la politica regionale non vuole affrontare con decisione e concretezza: lavoro, enti inutili, sprechi (Regione e sanità), cultura (lingua sarda)… Anche gli attuali vinvitori non hanno le idee chiare mi pare, e si limitano all’ordinaria amministrazione, come già si prevedeva alla luce dei programmi elettorali piuttosto vaghi e inconsistenti. Liberare nuovi territori va bene, benissimo, ma utilizzare quelli attualmente liberi e assolutamente abbandonati e improduttivi, sarebbe più utile nel concreto. Difendere i posti di lavoro delle industrie in crisiè necessario, ma la prospettiva non può limitarsi a ciò; bisognerebbe individuare le risorse disponibili e favorire nuove imprese, nuove iniziative, con giovani e meno giovani. Quante volte lo si è detto senza atti concreti?
    In ogni caso penso di andare a Capo Frasca, sperando che la grande manifestazione che sicuramente ci sarà porti coraggio a tutti i partecipanti perché possano individuare più chiaramente le vere controparti e insieme sollecitino e costringano i nostri governanti regionali (secondo me il problema sta lì) a fare quel che va fatto senza ulteriori ritardi.

  • 2 Ospitone
    12 Settembre 2014 - 16:48

    A perdonare. Il commento è riferito al post “Che bello!”.

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