Oggi Festa della Repubblica nel ricordo del voto alle donne

2 Giugno 2016
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Gianna Lai
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Oggi Festa della Repubblica e delle Costituzione nel ricordo del 70° del voto alle donne riportiamo una sintesi del discorso di Marisa Ombra, una partigiana dell’ANPI, alle studentesse e agli studenti di Carbonia, per il 25 aprile.

Buongiorno a voi ragazze e ragazzi. Quale emozione e felicità incontrare giovani, una bellissima esperienza per lo scambio che avviene tra noi e per la memoria che possiamo trasmettere. Sono nata nel 1925, un’esistenza intrecciata con la storia, ci sono stata dentro, partecipando, osservando, ragionando, disobbedendo, facendo scelte importanti. Una biografia collettiva, la mia, in quegli anni di passaggio dal fascismo alla democrazia, così come noi giovani di allora, avevamo più o meno la vostra età, li abbiamo vissuti. Il fascismo era la scritta sui muri, Credere Obbedire, Combattere, era il verbo del Duce riprodotto dapertutto. Credere al duce senza ragionare, obbedire e iscriversi al fascio per avere un lavoro, e combattere, gli italiani proiettati verso la guerra e le conquiste. Irreggimentati per categorie di appartenenza, dai balilla alle giovani italiane, unico il sindacato, il partito e il giornale, che riprendeva le veline dell’Agenzia Stefani: questo il clima al tempo del fascismo. Gli italiani subivano l’incantamento del Duce, affidarsi a un capo che pensasse a tutto era comodo, ma infine essi non tollerarono la guerra. 1935 in Abissinia, 1936 in  Spagna, e poi il 1940, la guerra durò cinque anni e provocò milioni morti.
Vine meno nel luglio del 1943 lo Stato italiano, a Nord i tedeschi, a sud gli americani, un immenso territorio in cui si combattono due grossi eserciti. E la guerra ricomincia l’8 Settembre e qualche ufficiale consegna caserma e soldati ai tedeschi, altri li liberano. I giovani vogliono tornare a casa, buttano le divise e vanno alla ricerca di abiti borghesi, le donne li aiutano, contro i tedeschi, procurando abiti dei mariti e dei figli. Per noi fu una data indimenticabile. Ricordo le scuole abbandonate, le strade deserte e una grande paura. I tedeschi in doppia fila, al centro i blindati, ai lati i cani che latravano. E poi i bombardamenti, il freddo e la fame, e gli italiani costretti a scegliere. Qualcuno si nascose  presso i parenti, solai e tane sotto terra i nuovi rifugi, sempre pronti a scappare al rumore degli scarponi tedeschi. Altri a Salò. Altri nella Resistenza, quelli che  non furono vili e che non aspettarono di essere liberati dagli americani, i più consapevoli della loro dignità e coraggiosi, contro un nemico di gran lunga superiore.
Si organizzarono in appoggio agli alleati e, quando questi dissero ai partigiani di tornare a casa, nel novembre del ‘44, essi continuarono a preparare la guerriglia e a costruire l’esercito dei volontari, individuando tra loro i combattenti più esperti. Una disciplina di rigore e responsabilità, fame e turni di guardia e paglia per dormire. In guerra anche le donne, pur se nessun bando le aveva chiamate: avevamo più o meno la vostra età, perchè lo avete fatto, ci chiedono spesso, perchè era necessario. Non fummo eroine, era necessario combattere.
Nono potevamo immaginare come  quella scelta ci avrebbe trasformate, dormire nelle stalle, fare i turni di guardia e, per cibo, quasi solo castagne. Attraversavamo i posti di blocco con le rivoltelle nel reggiseno, il plastico sotto la gonna per far saltare i treni, e guidavamo i comandanti in mezzo ai boschi che nessuno conosceva percorrendo, quasi sempre di notte, anche 80 km al giorno. Da ragazze timide e impacciate, quali eravamo, divennimmo  coraggiose e persino  sfrontate nel combattere i tedeschi. Sperimentammo la libertà, eri sola e responsabile, da te dipendevano la tua vita e quella degli altri, e così uscimmo da un mondo ristretto, assumendo i nostri nomi di battaglia e pensando già a come sarebbe stata l’Italia dopo la guerra. Un’Italia repubblicana fondata sul lavoro, dove  nessuno avrebbe più rubato e sarebbero rimaste chiuse le carceri. Libertà, uguaglianza e i partiti espressione dei nostri bisogni, veicoli di democrazia, che portassero al governo le nostre parole. Uscimmo dalla guerra più consapevoli e forti, in un mondo completamente cambiato, e bisognava  ricostruire insieme la nuova Italia, in quanto cittadine titolari di diritti e di doveri. Così a Reggio Emilia, le scuole distrutte e i bambini per strada, le donne smontarono  un carro armato tedesco e ne vendettero i pezzi, per costruire una scuola con l’aiuto dei muratori. Nel febbraio del 1945 fu esteso a Roma, per legge, il diritto di voto alle donne, e poi ci fu il 2 giugno del ‘46, la Repubblica e l’Assemblea Costituente. La storia ci rendeva autorevoli, 21 donne costituenti, determinate a combattere per l’uguaglianza. Aprimmo strade per l’approvazione di leggi che, formalmente, cancellarono la discriminazione, rivendicammo il diritto al lavoro, interrotte dalle urla di chi diceva che il posto della donna era la casa e che non si poteva togliere il lavoro ai capi famiglia. Siamo uguali, nessuno ci ha regalato niente, le conquiste vengono dal nostro studio e dal nostro lavoro, e passa la nostra libertà dalle leggi sul divorzio e sull’interruzione di gravidanza. Siamo arrivate fin qui, ma si nota qualche segno di regressione e un brivido di terrore ci assale quando sentiamo di donne uccise da uomini che non ne tollerano libertà e autonomia. Tocca ora a voi ragazze proseguire la strada, con mezzi che sono certamente superiori a quelli di cui noi disponevamo, la vostra è l’età bellissima delle scelte. La conoscenza è il primo requisito per fare una valutazione ragionata, non arrendetevi mai, nè rinunciate mai ai vostri sogni e ai vostri desideri.
 

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