Coi premi niente governabilità, meglio il voto uguale

6 Febbraio 2017
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Andrea Pubusa

Oggi incontro col costituzionalista Massimo Villone per parlare della legge elettorale. Ci vediamo alle 17 nella Sala conferenze del B. Sardegna in viale Bonaria 33 - Cagliari. Ecco alcuni dei temi da discutere.

Vogliamo fare un discorso non ideologico sul sistema elettorale? Vogliamo farlo non per questo, codesto e quello, ma nell’interesse del Paese? Bene, allora dobbiamo interrogarci e rispondere senza infingimenti a questo semplice quesito: i premi di maggiornza, anzi i super premi ci hanno dato la governabilità? Sì perché lo stravolgimento del sistema proporzionale e dell’uguaglianza del voto è stata giustificata dal beneficio della governabilità. Insomma - si è sostenuto in questi venti anni - sacrifichiamo il bene della proprozionalità sull’altare della efficacia e della  stabilità dei governi.
Bene, guardiamo anzitutto in casa nostra, la bella isola dei mori. Qui le legge elettorale vigente ha dato a Pigliaru e alla sua coalizione il 60% dei consiglieri regionali col 41% dei voti. Una maggioranza così ampia da mettere al sicuro l’esecutivo e dare al Presidente un forte potere decisionale. E tuttavia ecco il paradosso: a fronte del più largo premio di maggioranza si riscontra la più bassa efficacia del govreno regionale della storia dell’autonomia. Senza forzature polemiche, deve ammettersi che oggi il governo Pigliaru è del tutto inesistente. C’è un vuoto assoluto. Neanche al tempo di Palomba, nonostante le ben note turbolenze, si è giunti a tanto. E’ vero che, nei tempi andati, la legislatura era caratterizzata da crisi e rimpasti, ma - seppure in modo insoddisfacente - l’esecutivo funzionava. Ci sono state anche legislature efficaci: la giunta Melis, ad esempio, fu una di queste. Se, con animo scevro da partigianerie, si esamina la produzione normativa di quella legislatira vi troveremmo molti risultati positivi: la legge urbanistica, le leggi sul procedimento e sulla trasparenza, le innovazioni in materia referendaria (ad es. i referendum d’indirizzo), la legge sul corpo forestale e molte altre ancora. La tutela territoriale-ambientale è stata ascritta a merito di Soru, che invece ha solo dato attuazione all’impianto legislativo fornito dalla giunta Melis principalmente.
Se poi spostiamo l’attenzione sul versante nazionale, le conclusioni non sono diverse. Il renzismo, imperante il Porcellum con l’iperpremio dichiarato incostituzionale, è stato il massimo dell’inefficacia ed oggi ha finito per paralizzare le istituzioni. Certo in questo tragico esito ha giocato la totale insipienza del trombettiere di Rignano che si è imbarcato in un assurdo e regressivo tentativo di scasso costituzionale, tenendo inchiodato il Paese per un anno intero. Inoltre, l’incultura costituzionale ha indotto lui e i suoi ministri a misure legislative cadute sotto la scure dei giudici e della Consulta oppure in quella del referendum o dell’opposizione diffusa. Fatto sta che tutte le “riforme” di Renzi sono già da Renzi stesso sottoposte a “riforma”. Insomma, iperpremio di maggioranza e motore fracassone, ma immobile.
Le leggi maggioritarie hanno favorito la semplificazione del sistema politico? Hanno stimolato l’aggregazione delle forze e delle aree politiche? Anche qui, a guardare le cose senza veli, si deve ammettere che mai il Paese è stato così frammentato e diviso. Renzi - come già a suo tempo Craxi - si avvia allo stupefacente risultato di far scomparire dal panorama italico il suo partito, il PD, la risultante dei due più grandi partiti della prima Repubblica: il PCI e la DC nella sua parte più progressista..
Senza dilungarci, può affermarsi che il sacrificio della uguaglianza del voto degli elettori, la soppressione del proporzionale, hanno limitato la rappresentanza democratica senza darci il beneficio della efficacia dei govern. Di più e peggio: i sistemi premiali hanno indotto all’astensione quegli elettori delle forze minori sicuri in partenza di non esprimere un voto utile a conquistare seggi. Chi è sicuro che il proprio voto è uguale a zero nell’assegnazione dei seggi, non vota le forze maggiori, tendenzialmente diserta le urne. Così in Sardegna la legge-truffa vigente ha fatto lievitare l’astensione al 50%. Invece già il referendum costituzionale senza quorum di validità ha visto salire l’affluenza alle urne al 62,5%, ancora poco, ma con tendenza a salire anziché a scendere.
Le elezioni con l’iperpremio non danno governabilità per il semplice fatto che non raccolgono intorno al governo un’ampia maggioranza reale, un fronte ampio di forze sociali; la mancanza di rappresentatività è frutto di scarso radicamento sociale, mentre la capacità di governare i processi e di trasformare la realtà  può essere frutto soltanto di vaste alleanze sociali e politiche, della capacità di saldare un blocco sociale progressista. La governabilità è l’esito non di astruse alchimie elettorali, ma di intelligenti e faticosi intrecci nella società e fra le forze politiche fondati su programmi politici. Le astratte formule elettorali affossano la rappresentanza e creano un vuoto d’iniziativa sociale che finisce per rendere gli esecutivi privi di spinta e antipopolari, con l’aggravante della corruzione e dei personalismi.
Ed allora se le leggi elettorali maggioritarie non ci hanno dato il bene della governabilità, torniamo a privilegiare la rappresentanza, l’uguaglianza del voto, i sistemi proporzionali. Paradossalmente un sistema proporzionale in cui partecipano alla distribuzione dei seggi solo le forze che hanno un quoziente pieno in un collegio riduce le polverizzazione delle sigle, lasciando in campo solo 5-6 partiti. Induce all’alleanza più del sistema premiale che dà forza contrattuale, in chiave di elettoralismo deteriore, anche a sigle con un migliaio di voti.
Si possono innestare nel sistema proporzionale correttivi per dare maggiore stabilità agli esecutivi? La Corte costiuzionale ha finora negato ingresso ai sistemi misti, ma la sfiducia costruttiva è compatibile. Lo è meno, ma non è uno stravolgimento l’individuazione del presidente nel leader del partito maggiore della coalizione. Insomma, si possono studiare correttivi, forzando la giurisprudenza della Consulta, che non è immobile. L’importante è dare centralità alla rappresentanza che implica eguaglianza del voto in entrata e in uscita. Se si affronta la questione elettorale con l’animo proteso a dare gambe al principio di sovranità popolare, si può fare molto e bene. In questa direzione sta lavorando il Comitato d’iniziativa costituzionale e statutaria, di recente creazione a Cagliari, per dare continuità alla battaglie in difesa della Costituzione e dello Statuto speciale al recente referendum.

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