Vitalizi: giusti obiettivi, dubbio il metodo

4 Novembre 2018
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Andrea Pubusa

 

 

 

Come annuncia Di Maio, nella legge di bilancio c’è una norma con la quale si ipotizza di tagliare anche dell’80% alcuni trasferimenti verso le Regioni che non approvino tagli ai vitalizi dei consiglieri regionali. Una misura fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle e rivendicata con un breve post pubblicato sul Blogdellestelle proprio dal vicepresidente del Consiglio.
Spiega Di Maio: “I loro privilegi ci sono costati e ci costano centinaia di milioni di euro. In questi anni hanno tagliato di tutto nelle regioni: sanità, scuole, infrastrutture. Ma nessuno ha mai osato toccare i vitalizi di questi privilegiati. E’ finita! Abbiamo trovato il metodo per costringere le regioni a tagliarselo, visto che per legge questo compito spetta a loro e non al governo centrale”. Una scelta che metterà “all’angolo” consiglieri e amministratori regionali, nella lettura del ministro del Lavoro:
Nella legge di bilancio, che ieri ha avuto l’ok della Presidenza della Repubblica, abbiamo scritto che se non eliminano questo privilegio non gli diamo più soldi. Semplice. Ma nessuno ha mai avuto il coraggio di farlo.
Ovviamente non tocchiamo i soldi per la sanità, per le politiche sociali, per il trasporto pubblico e gli altri servizi essenziali. Ma se non si tagliano i vitalizi, noi gli tagliamo tutto il resto. Per farla breve i consiglieri regionali, gli assessori e i presidenti non avranno neppure i soldi per il loro stipendio. Avete dubbi su cosa faranno? Li abbiamo messi all’angolo. Avranno tempo entro il 31 marzo 2019 per farlo. Da aprile dell’anno prossimo i privilegi e i vitalizi saranno solo un ricordo di quei tempi in cui la casta faceva tutto quello che voleva. Un’era che è finita il 4 marzo del 2018.
Fin qui Di Maio. Premetto che sono favorevole al ricalcolo dei vitalizi secondo il criterio contributivo. Ritengo che, in un periodo di grave crisi e di duri sacrifici dei ceti popolari, vadano eliminati tutti i privilegi e le risorse siano fino all’ultimo centesimo destinate a mitigare le povertà e al rilancio del paese. Porrei un solo limite, e cioé stabilirei una soglia minima di reddito anche per gli ex consiglieri regionali. In proposito si tenga conto che la quasi totalità degli ex consiglieri ha maturato o matura una pensione propria e, dunque, il ricalcolo non incide sulle condizioni essenziali di vita se non per una minima parte.
Detto questo, avanzo però dei dubbi sulla legittimità costituzionale di una legge che - come preannuncia Di Maio - condiziona i trasferimenti statali all’adozione da parte delle Regioni di una certa disciplina sui vitalizi. Quale la ragione del dubbio di conformità alla Costituzione? Il fatto che viene lesa l’autonomia regionale. L’organizzazione degli uffici, il trattamento dei dipendenti e dei consiglieri rientra nella competenza regionale. Costringere le Regioni ad adottare una disciplina legislativa piuttosto che un’altra sotto la pressione di un condizionamento posto dal legislatore statale costituisce violazione dell”automomia legislativa regionale, perché la comprime in una forma non prevista dalla Costituzione. Si introduce un limite alla potestà legislativa delle regioni non diisciplinato dalla Carta e, dunque, contro di essa. Si dirà: il fine giustifica i mezzi. Nossignori, non è così. Non c’è fine che giustifichi la violazione della Costituzione, perché, creato il precedente, la compressione può essere reiterata all’infinito in tutte le materie, mettendo fine all’autonomia delle Regioni.

A difendere l’autonomia regionale non aiuta, a livello di opinione pubblica, l’atteggiamento delle stesse Regioni. Ad esempio, non aiuta la proposta di legge sarda per mettere a carico dell’erario regionale una pensione integrativa per i consiglieri regionali, dopo l’abolizione dei vitalizi. Si è formato subito un fronte bipartisan, da cui poi alcuni consiglieri si sono ritirati per paura delle reazioni popolari in prossimità delle elezioni regionali. Ciò che colpisce è la prontezza dell’iniziativa e delle adesioni, mentre si è sempre risposto picche alle istanze di modifica delle legge elettorale truffa regionale. Insomma, mentre il richiamo corporativo e personale è irresistibile, quello connesso alla salvaguardia d’interessi generali e della democrazia regionale non appassiona nessuno. Il particulare dei consiglieri conta di più della difesa della eguaglianza del voto dei sardi.

In effetti, viene meno l’apprezzamento popolare per l’opera di questi nostri legislatori regionali, che, sul piano sostanziale, non invoglia a riconoscere loro un trattamento speciale durante e dopo il mandato.

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