Deputati sardi a Strasburgo? Si, ma per far cosa?

18 Maggio 2009
2 Commenti


Andrea Raggio

I candidati sardi alle elezioni europee farebbero bene a dire con quali orientamenti programmatici intendono rappresentare la Sardegna nel Parlamento di Strasburgo. Le poche dichiarazioni fatte in proposito sono talmente generiche da far pensare che sia diffusa tra di essi l’opinione che il ruolo del deputato europeo sia quello di osservatore, più o meno vigile. I deputati sardi eletti negli anni dal 1979 al 1994, sono riusciti a tutelare in misura non trascurabile gli interessi della Sardegna perché erano protagonisti apprezzati in campi importanti della politica europea, da quella agricola a quella sociale a quella regionale. Per essere protagonisti occorre, innanzi tutto, avere buone idee e avere la forza di farle approvare, fidando non solo sul sostegno del gruppo di appartenenza ma su rapporti collaborativi intessuti con deputati anche di gruppi diversi, sensibili agli interessi specifici in campo. Così i deputati sardi sono stati proponenti e relatori d’importanti risoluzioni approvate dal Parlamento a larga maggioranza. Voglio dire, insomma, che il singolo deputato privo di idee e di collegamenti non conta proprio niente e che i candidati non possono pretendere un mandato in bianco.
L’importanza dell’Europa nella vita e nel futuro di ciascuno di noi e della collettività sarda nel suo insieme è largamente riconosciuta, così come diffusa è la consapevolezza che l’integrazione sin qui realizzata è insufficiente a dare risposte globali alla crisi globale. I programmi elettorali rispondono alla domanda di un’Europa più forte e più unita? A oggi sono noti quelli dello PSE e del PPE, ma non basta fare riferimento a essi anche perché mancano, purtroppo, arricchimenti e specificazioni nazionali, così come manca, per inerzia dei partiti sardi, un ancoraggio alla realtà della Sardegna. E’, invece, indispensabile partire dalla grave crisi economica e sociale che travaglia l’isola per fissare i punti di forza di una politica europea regionale che guidi l’azione sia dei deputati che verranno, mi auguro, eletti sia dell’Istituzione Regione.
Innanzi tutto è indispensabile rispondere alla crisi con una vera politica economica comune. Il semplice coordinamento delle politiche nazionali si dimostra sempre più insufficiente a promuovere una ripresa dello sviluppo su basi nuove, senza la quale si rischia di uscire dalla crisi con un pesante aggravamento degli squilibri territoriali e sociali. Obiettivo tra i principali dello sviluppo nuovo deve essere quello di “fare del Mediterraneo il più grande laboratorio al mondo del co-sviluppo”, procedendo speditamente sulla strada aperta dall’Unione per il Mediterraneo. Ciò comporta anche l’estensione all’intera area mediterranea della rete transeuropea delle infrastrutture dei trasporti, delle telecomunicazioni e dell’energia e l’adozione di nuovi indirizzi della politica di coesione economica e sociale basandola non più sui livelli del PIL ma sulle potenzialità di sviluppo delle singole regioni. Per rispondere all’emergenza, infine, occorre sostenere l’orientamento che sta emergendo in ambito UE volto a promuovere un sensibile alleggerimento dei costi extrasalariali e una riduzione dell’orario del lavoro, dedicando le ore non lavorate alla formazione professionale finanziata dal Fondo sociale europeo. In tal modo è possibile combattere la disoccupazione senza gravare sui lavoratori occupati e sulle imprese e realizzare una saldatura tra emergenza e sviluppo.

2 commenti

  • 1 M.P.
    18 Maggio 2009 - 08:43

    Da militante di vecchia data del PCI (preciso che ora sono PSDAZ) ho dato anch’io il mio voto per la tua elezione a deputato europeo, e la convinzione allora era di avere finalmente un vero RAPPRESENTANTE DEL POPOLO che avrebbe fatto gli interessi di tutti i sardi. E così è stato. Ricordo che scarpinavi anche nei paesini della Barbagia per portare idee, suggerimenti, informazione su quanto l’Europa poteva rappresentare per la Sardegna.
    NESSUN MANDATO IN BIANCO, tu dici. Aggiungo che questo è il minimo, che annualmente ogni deputato-eletto dovrebbe relazionare sul lavoro svolto e su quello da svolgere, sentiti gli elettori.
    Condivido pienamente l’individuazione, come obiettivo primario, del “Mediterraneo come più grande laboratorio al mondo del co-sviluppo”. In conclusione della campagna elettorale ultima D’Alema ne ha parlato dicendosi anch’egli convinto che per la Sardegna sia un’ occasione da non perdere.
    Piccolo consiglio terra terra:
    qui, in questo blog, data la tua esperienza, prova ad approfondire i temi come UNIONE per il Mediterraneo, POLITICA EUROPEA e Sardegna, CONIUGARE emergenza e sviluppo.
    Chissà che tanti giovani amministratori, di Regione e Comuni, non si interessino fattivamente a tali questioni, e possano far tesoro delle tue informazioni e dei tuoi CONCRETI SUGGERIMENTI.

  • 2 Francesco Ballero
    18 Maggio 2009 - 18:12

    Sono d’accordo con Raggio nel senso che bisogna essere chiari nel dire di queli gruppi europei si vuole fare parte.

    Il PD qui in Italia fa il leone con gli altri partiti della sinistra (ex Ulivo) nel senso che vorrebbe inglobare questi ultimi affermando che ormai anche l’Italia si deve muovere su due poli alternativi (sinistra e destra). Il problema è che i suoi dirigenti, non rinnovati, non ne hanno la capacità.

    Allo stesso tempo però In Europa il PD è provinciale, fa l’agnello in modo umiliante, in quanto dimenticando quanto dice in Italia per affermare di essere l’unico “nuovo” polo di politica riformista (di sinistra), crede che si possa costituire un piccolissimo gruppo autonomo del 3 o 4 % nel parlamento Europeo.

    In poche parole il PD segue una logica in Italia e quella contraria in Europa. Gli elettori però devono sapere che fare come sopra indicato significa non decidere nulla, non solo perchè cosi si è fuori dai gruppi decisionali, ma anche perchè, se si tiene conto che il 70% della legislazione italiana, come negli altri paesi europei, è di derivazione europea, si ottiene il risultato di non decidere niente neppure in Italia.

    Se vogliamo essere forti in Italia, ora bisogna essere forti anche in Europa. Qualcuno lo spieghi ai dirigenti del PD.

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