Reddito e Pnrr, se la destra scopre le carte

7 Agosto 2023
1 Commento


Massimo Villone

Le scelte che negli ultimi giorni da Palazzo Chigi hanno
colpito i percettori del reddito di cittadinanza e i
progetti di molte amministrazioni locali volti soprattutto a
riqualificare periferie degradate e difficili danno il segno di
qual è l’indirizzo di un governo di destra. È un segno
chiaro: gli ultimi rimangano tali.
A Napoli la tensione è rimasta alta. E bene si comprende,
visto il censurabile show del governo in parlamento. Per il
reddito di cittadinanza, in specie, è innegabile un grave
ritardo. Della necessità di un cambiamento radicale si
parla da mesi. È stato un tema centrale del confronto
politico. Ma, a quanto pare, nessuno nella maggioranza ha
pensato che fosse indispensabile assicurare una
transizione senza strappi. Secondo l’ineffabile ministra
Calderone va bene sospendere un sostegno all’inizio di
agosto mentre il nuovo regime parte il 1° settembre. In
fondo, cosa è mai, un mesetto appena. La ministra proprio
non capisce. Per chi nulla ha, e si alza ogni giorno
chiedendosi come arrivare a sera, un mese è un tempo
infinito.
E poi, parte davvero con il 1° settembre il nuovo regime? Si
segnalano carenze molteplici sul piano organizzativo, sulle
cose da fare, come e da parte di chi.
Abbiamo appreso persino che sarebbe al momento
impossibile identificare i “fragili” destinati a usufruire dei
vantaggi evocati per il nuovo regime. La macchina da
montare è complessa, e i pezzi sono in larga misura ancora
a terra. Cosa ci aspettiamo che accada il 1° settembre, se
verrà magari un altro sms, che chiede di avere pazienza e
forza d’animo? Diremo che qualche giorno di digiuno fa
bene alla salute?
Alla fine, si ha l’impressione che il governo abbia creduto
alla propria propaganda, partendo dall’idea che in fondo
tutti i percettori di reddito di cittadinanza fossero
“divanisti” fannulloni e succhiasoldi.
Certamente gli approfittatori ci sono stati e sempre ci
saranno laddove si elargiscono soldi pubblici. Vanno
colpiti. Ma con il reddito di cittadinanza tanti hanno avuto
la possibilità in tempi difficili di salire un gradino – magari
uno solo - al di sopra della disperazione. Di questi
bisognava tener conto.
Come anche bisognava considerare che gli interventi volti
a cambiare radicalmente il volto in periferie difficili –
come, ad esempio, a Napoli Scampia o Taverna del Ferro –
non sono un lifting estetico. Sono atti politicamente
significativi e di grande impegno, perché colpiscono
interessi che prosperano nel degrado e vogliono
mantenerlo. Non è un caso, come ricorda il sindaco
Manfredi, che i progetti siano stati elaborati con una ampia
partecipazione di base, e siano stati vissuti come una
vittoria e un recupero di speranza.
Le incertezze che il ministro Fitto non ha per niente
dissipato sui fondi sostitutivi dei 16 miliardi perduti – quali,
quando, con quali procedure – colpiscono quella speranza,
e non un’operazione burocratica di ordinaria
manutenzione urbana. Per non dire poi che, se le nuove
risorse venissero da fondi già destinati o destinabili alle
amministrazioni locali del Sud, l’esito ultimo sarebbe
comunque – e lo ricorda anche Manfredi – un taglio dei
finanziamenti in termini assoluti.
Quindi, fa bene il consiglio comunale di Napoli a votare –
come leggiamo su queste pagine - all’unanimità. Ma i
consiglieri dell’opposizione dovrebbero considerare che
da Palazzo Chigi vengono segnali negativi che non si
limitano a reddito di cittadinanza e 16 miliardi di progetti.
Si pensi ad esempio al tentativo in atto per l’autonomia
differenziata di ridurre il più possibile l’ambito di
applicazione dei livelli essenziali di prestazione (Lep)
attraverso l’elaborazione pseudo-tecnica del Comitato
istituito da Calderoli (Clep).
Cosa sono i livelli essenziali se non la garanzia che ne possa
usufruire anche chi non potrebbe permettersi di pagare le
prestazioni di tasca propria? Non sorprende che le carte
rimangano nascoste. Bene hanno fatto il parlamentare
Sarracino e altri a presentare un’interrogazione (Camera
3-00570) perché il ministro le renda disponibili.
Se poi guardiamo quel che il governo fa in altri campi
ancora, ad esempio con le blandizie agli evasori, un dubbio
viene. Il presidente Mattarella ha da ultimo detto,
ricevendo unanimi consensi, che bisogna «mettersi alla
stanga». Siamo d’accordo. Ma la destra al governo intende
quelle parole nel senso che bisogna mettere alla stanga gli
ultimi, perché tirino il carro dei primi.
Il commento

1 commento

Lascia un commento